giovedì 18 gennaio 2007

Libano, militare italiano confessa: nessuna protezione contro l'uranio

“Nessun equipaggiamento particolare da utilizzare in eventuali contatti con zone o veicoli contaminati dall'uranio impoverito”. E' la testimonianza di un caporale dell'Esercito della brigata “Pozzuolo del Friuli”, l'unità italiana che guida la missione Leonte in Libano, raccolta dall'inchiesta di GrNews.it.

“Abbiamo in dotazione la maschera anti-NBC, modello M90, da utilizzare in caso di presenza di sostanze chimiche. Tute ad hoc, occhiali, maschere particolari o altro non ne abbiamo mai utilizzate onestamente” ha poi precisato il militare che opera a Tibnin, sede del quartier generale italiano.

“Noi operiamo in un raggio di 35 chilometri dalla nostra base – ha spiegato a GrNews.it - sinceramente non sappiamo se esiste questo problema dell'uranio impoverito. Abbiamo, come immagino voi, appreso la notizia della possibile contaminazione della zona di Khiam qualche tempo fa. Ma di queste cose, per la verità, non se ne parla tanto.”

Sulla questione, già lo scorso 14 novembre, il Cocer, Consiglio Centrale di rappresentanza dell'Esercito, con una delibera approvata all'unanimità, chiedeva lumi allo Stato Maggiore sui reali rischi ai quali i nostri militari erano esposti dopo i primi campanelli d'allarme. A distanza di due mesi non è giunta ancora nessuna risposta ufficiale. >> La delibera del Cocer Esercito

“In tutti questi casi – ha commentato Falco Accame, ex presidente della Commissione Difesa della Camera – deve valere il principio di precauzione per i nostri militari. E' assurdo aspettare che la diplomazia israeliana ci dia le mappe delle bombe che ha disseminato in Libano per prendere provvedimenti. Intanto noi siamo sul posto e nessuno può escludere con certezza che non siamo esposti a rischi”.
“Fino a qualche mese fa - ha ricordato Accame - gli israeliani hanno negato di aver utilizzato armi non convenzionali, poi è saltata fuori la notizia delle tracce di radioattività riscontrate in due siti a sud del paese arabo.”
“E' necessario che il Ministero della Difesa faccia chiarezza sulla vicenda, per non ritrovarci tra qualche anno a dover fare la conta di malati e morti sospetti, come sta accadendo oggi con le missioni degli anni scorsi. Già abbiamo avuto l'esperienza dell'allora ministro Mattarella che negò, in un question time alla Camera, l'utilizzo dell'uranio impoverito in Bosnia, salvo poi dover ammettere che erano stati sparati oltre 10.000 proiettili all'uranio” ha concluso l'ex parlamentare.

Intanto Marco Saba, già fondatore dell'Osservatorio Etico Ambientale e ricercatore operativo sulla materia, conferma, citando la relazione di una Ong inglese, la “The Low Level Radiation Campaign” di cui fanno parte ex membri delle forze speciali britanniche, la presenza di uranio riscontrata nel filtro d'aria di un'ambulanza della Croce Rossa internazionale utilizzata nei mesi scorsi nella zona di Beirut. La notizia, ripresa oggi dall'inchiesta di Rainews24, è stata pubblicata sul portale della Ong circa 20 giorni fa.

>> IL SITO DELLA "THE LOW LEVEL RADIATION CAMPAIGN"

Francesco PALESE