giovedì 13 marzo 2008

COMMENTI ALLA RELAZIONE DELLA COMMISSIONE URANIO

La Commissione d’Inchiesta del Senato aveva, tra i suoi compiti, quello di “indagare sui casi di morte e malattia che hanno colpito personale italiano impiegato nelle missioni all’estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, nonchè le popolazioni civili nel teatro di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale”.

La relazione della Commissione non dà, però, sufficienti risposte a vari problemi, alcuni dei quali erano stati individuati nelle conclusioni della precedente Commissione Senatoriale di Inchiesta sull’uranio impoverito. In particolare, viene riportata la tesi formulata dal Ministro della Difesa nella sua audizione, secondo cui, in base a valutazioni statistiche non meglio precisate, risulterebbe che su 100.000 casi di infermità riscontrate, quelle relative all’ambito della società civile sarebbero 754, mentre quelle relative all’ambito dei militari impiegati sarebbero 380, dal che si dovrebbe dedurre che l’esposizione all’uranio non solo non è pericolosa, ma è salutare. Si tratta di una tesi che, peraltro, poi viene contraddetta nella stessa relazione, quando si afferma che l’uranio è “sicuramente genotossico”.

Nelle conclusioni della relazione non si muove alcuna critica rispetto a quanto accaduto in passato, né vi è alcun cenno alle responsabilità che vi sono state, anche se il Sen. Felice Casson, nella sua audizione del 9 ottobre 2007, ha affermato: “in ordine alle pesanti patologie tumorali anche letali che hanno colpito i cittadini militari italiani, esistono responsabilità molto pesanti dell’Amministrazione dello Stato”.

E neppure vi è alcuna parola di rincrescimento per quanto accaduto che poteva, in larghissima misura, essere evitato, se il nostro personale militare e civile, per almeno 6 anni, non fosse stato lasciato all’oscuro delle misure di protezione da adottare. Tali misure erano note all’Italia almeno dal 1984 e vennero applicate da parte degli USA durante l’operazione Restore Hope in Somalia (operazione a cui hanno partecipato anche reparti italiani) fin dal 14 ottobre 1993. La NATO emanò, nell’agosto 1996, le disposizioni di sicurezza per le basse radiazioni. Le istituzioni avrebbero dovuto chiedere scusa alle vittime, chiamate ad affrontare un pericolo che non conoscevano anche se conosciuto da altri.

Peraltro, una parola di solidarietà umana al personale colpito è stata espressa dalla Sen. Franca Rame. Per il resto le vittime sono state considerate solo nella veste di semplici cifre da utilizzare nei calcoli statistici.

Nella conclusione della relazione non vi sono critiche circa le inadempienze che si sono verificate. Vengono formulati, per il futuro, solo auspici e raccomandazioni. Purtroppo si sa che questi, in Parlamento, valgono poco più di lettere a Babbo Natale o alla Befana.

Alcune delle domande che non hanno trovato risposta circa le inadempienze, sono le seguenti.

1) Protezione del personale e principio di precauzione

Perchè per oltre sei anni, e precisamente dall’ottobre 1993 al novembre 1999, non sono state rese note, nè ai militari nè ai nostri civili, le norme di protezione, mandando quindi ad operare allo sbaraglio tutto il personale.

Anche in tempi recentissimi, nonostante si sia sviluppato un ampio dibattito sulle esigenze di adottare le misure di protezione, la domanda è: Perchè in Libano, che viene considerato una delle aree in cui vi è possibilità di esposizione a rischio, dato che il personale ivi inviato in missione viene incluso nell’ambito dei 56.000 militari inviati in zone esposte, non è stato dotato di misure di protezione. A suo tempo venne affermato che in Libano non esistevano rischi. Ma se così è il personale che vi si è recato non poteva essere incluso nel totale dei 56.000 in missione (dato che questi 56.000, come sopra indicato, ora vengono considerati a rischio). Delle due l’una: se il Libano è da considerarsi area a rischio, avrebbero dovuto essere state impartite misure di protezione prima dell’invio dei reparti; se invece il Libano non è considerato area a rischio, coloro che vi sono stati inviati non possono essere inclusi nei 56.000 considerati a rischio.

2) Localizzazione delle armi all’uranio in Bosnia

Perchè vennero impiegate in Bosnia apparecchiature di localizzazione affidate alle nostre squadre NBC, la cui portata esplorativa era di 10 centimetri, e cioè praticamente inesistente. Ciò che portò il Ministero Difesa (il titolare era allora l’On. Sergio Mattarella), ad affermare che non vi era stato impiego di armi all’uranio in Bosnia. Risultò che invece vi erano stati gettati più di 10.000 proiettili.

3) Effettuazione del monitoraggio

Perchè non è stato effettuato il monitoraggio, per almeno cinque anni sul personale che aveva operato in zone a rischio, e ciò nonostante che tale monitoraggio fosse stato richiesto specificamente nelle conclusioni della III Relazione della Commissione Mandelli. Infatti, era stato riconosciuto come assolutamente necessario, per poter acquisire una adeguata conoscenza del fenomeno, tenuto conto del variabile tempo di latenza dei tumori.

Non basta, infatti, considerare le malattie che si sono sviluppate fino al momento in cui viene effettuato il conteggio, bisogna tener presente la possibilità che le malattie si manifestino anche in tempi successivi. Non si può, dunque, basarsi su dati valutati come attendibili senza tener conto dei risultati del monitoraggio.

E perchè, inoltre, non sono state esaminate le cause del fallimento dell’accordo Stato-Regioni, ed individuare disposizioni da adottare per rendere efficace questo accordo.

4) Non attuazione di sperimentazioni

Perchè non è stata sentita l’esigenza di eseguire sperimentazioni sugli effetti delle armi all’uranio, dato che (dai tempi di Galileo), si conosce l’importanza che le sperimentazioni hanno nella ricerca. Tra l’altro, è stato segnalato dall’ANAVAFAF alla Commissione, che scienziati si sono offerti ad eseguire, anche gratuitamente, sperimentazioni in laboratorio circa gli effetti dei proiettili all’uranio. Da notare che le sperimentazioni possono essere particolarmente utili in una situazione come quella data in cui non ci si può fidare dei calcoli statistici, per via della enorme incertezza dei numeri su cui basarsi. Infatti, nel giro di cinque anni si è passati dai 44 casi di possibile contaminazione, presi in considerazione nella III Relazione della Commissione Mandelli ai 1.991 casi ipotizzati dal GOI, il Gruppo Operativo Interforze della Sanità Militare (vedi audizione presso la Commissione Uranio Impoverito del Senato in data 4 ottobre 2007).

5) Non attuazione dello studio SIGNUM

Perchè non sono stati appurati i motivi per cui lo studio SIGNUM, uno studio che aveva promesso risultati addirittura di importanza mondiale e per il quale il Parlamento ha stanziato una cifra elevatissima (di 1.175.000 euro per il 2004), non è stato reso disponibile alla Commissione e perchè non si sono accertate le responsabilità di questa mancata ultimazione dello studio nei tempi previsti.

6) Mancato confronto dei rischi relativi alle armi all’uranio con i rischi da nanoparticelle di armi convenzionali

Perchè, nel caso sia accetti l’ipotesi che le nanoparticelle di proiettili convenzionali vengano considerate (in base a quanto stabilito dal mandato senatoriale assegnato alla Commissione) come possibile causa di patologie, non precisando quale differenza di rischio vi è tra quello causato da queste stesse nanoparticelle e il rischio causato dalle nanoparticelle provocate dalle armi all’uranio. Se si accetta che si debba considerare lo stesso grado di rischio sia per le armi convenzionali, sia per le armi all’uranio, non dovrebbero esservi nemmeno differenze di pericolosità tra le nanoparticelle di materiale radioattivo (uranio impoverito) e le particelle di materiale convenzionale (tungsteno).

Ma se includiamo anche queste ultime tra il materiale da considerarsi a rischio, il campo da prendere in esame, come sopraccennato, si allarga enormemente.

In proposito, occorre chiarire che il numero dei casi di possibile contaminazione, se si accetta il fatto che anche le armi convenzionali (e le loro nanoparticelle), possano essere causa di contaminazione, che allora, ad esempio nei poligoni, e quindi “in Italia”, “in area”, dove c’è una enorme concentrazione di fuoco (determinato, ovviamente in grande preponderanza dalle armi convenzionali) deve essere attribuito un elevato pericolo. E invece tale pericolo finora è stato considerato addirittura nullo dalle autorità della Difesa, in base alla valutazione che nei poligoni non sarebbero state usate armi all’uranio. Aumenta così anche in modo rilevantissimo l’incidenza dei poligoni, quindi l’incidenza in Italia, cioè nelle operazioni “in area”, del numero dei casi di possibile contaminazione.

Tutto ciò, ovviamente, è in totale contrasto con quanto viene affermato e cioè che devono prendersi in considerazione solo le operazioni fuori area, cioè quelle effettuate all’estero.

Ne deriva, in sostanza, sempre nel caso si accetti il principio secondo cui il pericolo deriva anche dalle nanoparticelle delle armi convenzionali, la conclusione che i maggiori rischi da considerare dovrebbero essere quelli che si presentano in Italia legati alle nanoparticelle delle armi convenzionali (quindi legati alle operazioni in area), mentre finora la preoccupazione è stata solo per i pericoli inerenti alle 56.000 persone in missione fuori area, cioè all’estero.

Dunque, se si ammette che vi è rischio anche per le armi convenzionali, è tutto da rivedere quello che è stato affermato in precedenza. Occorrono, dunque, dei precisi chiarimenti preliminari su questa fondamentale questione riguardante chi deve considerarsi personale a rischio, stabilendo prima di tutto se si debbano prendere in considerazione solo le armi all’uranio impoverito, oppure anche le armi convenzionali.

7) Data di inizio dei conteggi

Perchè i conteggi relativi al personale possibilmente contaminato sono stati fatti iniziare dal 1996, dando luogo cioè ad un assoluto falso dato che, così, venivano tralasciati tutti i casi verificatisi: a) nel 1991 durante la guerra del Golfo (dove il quantitativo di armi all’uranio impiegato è stato 100 volte superiore a quello impiegato nei Balcani); b) nel 1991 durante la Operazione Restore Hope in Somalia; c) durante le operazioni in Bosnia nel 1995; d) nei poligoni di tiro e nei depositi e nel recupero di armi all’uranio gettate in mare dagli aerei prima del ritorno alla base (il primo caso sospetto, nei poligoni, è del 1977).

8) Esclusione dai conteggi dei civili italiani e stranieri

Perchè non si è conteggiato il personale civile che ha operato in zone contaminate (si è conteggiato, infatti, solo il personale militare). Occorre tener conto che all’estero è stato inviato personale, ad esempio dipendente dalla Presidenza del Consiglio, come pure personale alla dipendenza di vari Ministeri.

In proposito, occorre tener presente che nel mandato affidato dal Senato alla Commissione si cita esplicitamente la necessità di indagare anche sul personale civile, includendo tra il personale sia i civili italiani che si sono trovati in luoghi esposti a possibile contaminazione, sia i civili stranieri nelle zone che sono state bombardate.

9) Esclusione dai conteggi del personale militare in congedo

Perchè non è stato conteggiato il personale militare che si è ammalato (ed eventualmente anche deceduto) per possibile contaminazione da uranio impoverito, dopo aver lasciato il servizio. E non si è cercato di stabilire un canale di comunicazione con il personale in congedo (ad esempio attraverso le associazioni d’armi), al fine di venire a conoscenza di tali situazioni.

10) Equiparazione tra numero delle missioni e numero delle esposizioni

Perchè si conteggia il numero di 56.000 missioni, come equivalente al numero delle persone esposte, mentre tra le persone esposte c’è chi ha eseguito numerose missioni (ad esempio c’è chi ne ha eseguite 48 come il T. Colonnello della Croce Rossa E. Laccetti) commettendo così un enorme errore di valutazione dato che si considera il numero delle persone esposte uguale a quello delle persone in missione.

Inoltre non si può confondere neppure il numero delle persone esposte che hanno operato senza adottare misure di protezione, con il numero delle persone che hanno operato adottando misure di protezione.

E infine delle persone inviate in missione, solo una piccola parte si sono trovate in luoghi colpiti da armi all’uranio impoverito, mentre una larga parte è stata impiegata per incarichi in luoghi in cui non vi era pericolo di contaminazione (ad esempio, alti comandi, centrali di comunicazione, magazzini logistici, uffici di ragioneria, ecc.).

11) Conteggio dei casi di malattie e decessi relativi al personale civile presente in Italia in zone possibilmente contaminate da uranio (e anche da nanoparticelle)

Perchè non è stata fornita alcuna risposta alla questione dei casi verificatisi per il personale civile che si è trovato in Italia, in particolare nei poligoni o in vicinanza dei poligoni.

E ciò sia nei riguardi dei proiettili e munizionamento all’uranio, ma anche dei proiettili e munizionamento convenzionale, se si accetta ciò che è stato scritto nel mandato della Commissione, secondo cui i pericoli di malattia dipendono anche dalle nanoparticelle (le quali possono essere generate da armi convenzionali).

Va peraltro tenuto presente che, se la causa dei tumori e delle altre patologie può essere attribuita anche a nanoparticelle di metalli convenzionali, come il tungsteno, il quadro che finora è stato adottato (che ha preso in considerazione solo le armi all’uranio impoverito) è insufficiente. Ma su tale questione, di estrema rilevanza per le conseguenze che ha, devono essere interessati i maggiori organi italiani della ricerca, come il CNR.

12) Mancata acquisizione dei dati sui bombardamenti effettuati da aerei dislocati in basi italiane

Perchè non sono stati considerati, per stabilire quali sono le località da considerarsi a rischio, i dati ricavabili dai rapporti di operazione degli aerei che hanno eseguito i bombardamenti (ad esempio la ex Jugoslavia). Una larga parte di questi aerei è partito dalla base di Aviano e nei loro “rapporti di volo” sulle missioni effettuate hanno riferito quante armi (e dove) hanno gettato. Ciò, infatti, deve risultare dai suddetti rapporti. Dato che la base di Aviano è al comando di un Colonnello dell’Aeronautica Militare, e il comandante della base è certamente al corrente delle missioni effettuate dagli aerei dislocati nella base e delle armi che hanno utilizzato. Ed è possibile conoscere quanti proiettili sono stati lanciati e dove. Il discorso predetto vale, ovviamente, non solo per la base di Aviano.

13) Discordanza nei dati relativi al numero delle vittime

Perchè il Ministro della Difesa nelle sue due audizioni del 9 ottobre 2007 e del 6 dicembre 2007, ha indicato rispettivamente in 37 e 77 i casi di morte e in 255 e 312 i casi di malattia, dunque delle cifre sensibilmente discordanti tra loro, mentre la Sanità Militare (GOI, Gruppo Operativo Interforze della Sanità Militare) ha indicato in 158 i casi di morte e in 1833 i casi di malattia (vedi audizione del Senato del 4 ottobre 2007). Quindi, non solo vi è un disaccordo considerevole tra le cifre comunicate dal Ministro nelle due audizioni, ma esiste anche un disaccordo tra tali cifre e quelle comunicate dalla Sanità Militare.

Nè si forniscono spiegazioni su come è stato possibile che in pochi anni si è passati dai 44 casi di possibile esposizione, presi come base dalla III Relazione Mandelli, ai circa 2000 casi presi ora in considerazione dalla Sanità Militare.

14) Esclusione di gravi patologie nel conteggio delle vittime

Perchè sono stati presi in considerazione solo i casi di tumore e non quelli relativi ad altre gravissime patologie, che pure si sono verificate, come la sclerosi multipla e le patologie genetiche (che hanno portato alla nascita di figli malformati).

15) Controllo delle ditte operanti nei poligoni

Perchè non è stato effettuato, per decine di anni, alcun controllo sulle sperimentazioni eseguite dalle ditte (sia italiane che straniere) che hanno operato nei poligoni, ed è stata richiesta solo l’autocertificazione sulle attività eseguite. Per cui non si sa assolutamente quali armi sono state utilizzate da queste ditte nei poligoni. E perchè, si potrebbe aggiungere, non è stata richiesta l’emanazione di disposizioni per evitare che in futuro ciò si possa ripetere.

16) Applicazione delle leggi per l’indennizzo ai militari

Perchè non è stata correttamente applicata la legge 308/81 (e sue modifiche: legge 280/91) da parte del Ministero della Difesa. Si tratta della legge con cui è stata istituita la speciale elargizione di 50 milioni di vecchie lire (attualmente valutate in circa 25 mila euro). La speciale elargizione non prevede affatto che sia stata accertata la causa di servizio di cui, invece, si parla come di una precondizione per poter ottenere i risarcimenti. Per la legge 308/81 non importa, ai fini della concessione degli indennizzi, che vi sia stato nè un legame di certezza, né un legame probabilistico. Infatti, nella legge 308/81, non viene menzionata la causa di servizio. Ciò è tanto vero che, ad esempio, per questa legge, la speciale elargizione è stata concessa anche in caso di morte per suicidio (e, certamente, l’attività di “suicidarsi” non è compresa tra le attività di servizio!). Vedi il caso del militare Andrea Oggiano. Ed è stata concessa anche nel caso di morte per incidente automobilistico a militare che si trovava in franchigia, cioè non era impegnato in alcuna attività comandata. Vedi il caso dell’Alpino Roberto Garro.

Per la legge 308/81 la condizione necessaria per ottenere degli indennizzi è che sussista un “evento dannoso”. Dove con il termine “evento dannoso” si può intendere una malattia. In proposito, il Ministero della Difesa nella lettera della Direzione Gen. per il Personale Militare – VI Reparto in data 21 marzo 2003, a firma del Capo Reparto Dirigente Dott. Cesare Corsini, ha precisato che: “Il Consiglio medico legale della Difesa, interpellato sulla qualificazione di evento dannoso (termine usato nella legge 308/81 e nella legge 280/91) quale causa della morte, specifica: “che l’evento dannoso non deve necessariamente essere caratterizzato dalla natura violenta della causa, e pertanto anche una malattia insorta improvvisamente che causi la morte del militare si identifica con l’evento dannoso previsto dalla legge”.

17) Entità degli indennizzi

Premesso che la questione degli indennizzi dovuti alle vittime non riguarda certamente solo l’aspetto monetario, si pone il problema del perchè non si tiene conto di quanto finora accaduto realmente, e cioè che la vita di un militare è stata valutata in casi come i seguenti: a) 17.000 euro complessivi per i genitori del militare deceduto Valerio Campagna); b) 258 euro di pensione al mese per i genitori dei militari deceduti Valery Melis e Fabio Porru); c) 0 euro per i genitori dei militari deceduti Maurizio Serra e Gianni Faedda.

In relazione al problema degli indennizzi si pone, tra l’altro, la domanda se deve essere solo l’Italia a stanziare delle somme, visto che la contaminazione si è verificata in molte zone bombardate da Paesi dell’Alleanza Atlantica che sono quindi i più diretti responsabili dei casi di malattia e morte.

18) Indennizzi per il personale civile

Perchè non viene formulata alcuna indicazione circa le modalità da adottare per concedere gli indennizzi ai civili, tenuto conto che vengono prese in considerazione solo modalità per attribuire gli indennizzi ai militari.

E’ da tener presente che il mandato parlamentare alla Commissione di Inchiesta riguarda anche il personale contaminato nelle popolazioni all’estero, ad esempio nella ex Jugoslavia. Ma questa problematica sembra del tutto trascurata. Il prendere, invece, in considerazione il personale civile, prendendo invece in considerazione solo il personale contaminato militare, equivale (a parte gli aspetti di ordine etico e giuridico della questione) a prendere in considerazione solo “una componente” della intera problematica come se questa componente fosse “il tutto”, e quindi commettendo un grave errore di metodo.

19) Concessione di indennizzi per operazioni “in area”, cioè per attività svolta in Italia

Sempre in merito agli indennizzi, non sono state prese in considerazioni le operazioni eseguite in area, cioè in Italia (ad esempio nei poligoni e nei depositi, ma anche nel recupero dal mare di armi all’uranio). Sono state prese in considerazione solo le operazioni fuori area.

Tale errore è presente, ad esempio, nel Decreto della Presidenza della Repubblica 7 giugno 2006 n. 243, che estende i benefici della legge 3 agosto 2004 n. 206 in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo per il personale impiegato in operazioni fuori area, non vengono prese in considerazione le operazioni effettuate “in area”.

20) Mancati indennizzi per “infermità” (e non solo per “ferite o lesioni”)

Perchè, sempre in relazione agli indennizzi si fa menzione nella normativa solo a casi di ferite o lesioni e non anche ai casi di infermità.

In proposito, anche la legge 466/80, fa riferimento, per quanto concerne la concessione di indennizzi, a personale che ha riportato, a causa di ferite o lesioni, una invalidità permanente non inferiore all’80%. Vengono menzionate erroneamente come causa di invalidità solo ferite e lesioni, e vengono invece dimenticate le invalidità provocate da infermità come i tumori e altre patologie.

21) Definizione di ciò che si intende per “soggetto a rischio” (per la concessione di indennizzi)

Perchè non è stato chiarito come deve essere inteso il “soggetto a rischio”. Ciò tenuto conto che, a meno per quanto riguarda i tumori, non esistono certezze ma si può parlare solo di probabilità. Tra l’altro, occorre tener conto anche del fatto che le particelle di questi metalli pesanti possono giungere perfino a distanze di 2500 miglia (come evidenziato in uno studio effettuato in Gran Bretagna) e quindi la probabilità di rischio (sia pure infinitesimo) interessa, quanto meno, l’intera area europea. Ma tali probabilità, evidentemente, non possono essere considerate come una causale per la concessione di indennizzi.

Sempre in riferimento al problema degli indennizzi, occorre stabilire il “grado” di probabilità che si ritiene necessario perchè il legame probabilistico sia considerato di entità sufficiente a stabilire la concessione di un indennizzo. Affermare che un indennizzo debba essere concesso in base alla relazione di probabilità senza stabilire il grado di probabilità per il singolo individuo, è ovviamente del tutto insufficiente.

Occorre, infatti, stabilire se una data persona sia da considerarsi un “soggetto a rischio” o meno. Ma a questo fine è necessario anche stabilire se sia sufficiente basarsi su una probabilità, ad esempio del 10%, oppure se debba esserci un grado di probabilità, ad esempio, del 90%. Ma allora si pone il problema di chi è autorizzato a stabilire questo grado di probabilità, cioè, la “condizione necessaria”. Ma a questo fine, occorre precisare con quali mezzi e modalità deve essere eseguita questa valutazione. Ma per far ciò occorre definire quali dati debbano essere messi a disposizione di chi deve valutare e quale sia la attendibilità di questi dati.

Affinchè, dunque, l’affermazione secondo cui basta un legame di probabilità per la concessione degli indennizzi, implica che sia stato effettuato un rilevantissimo lavoro preliminare, altrimenti stanziare delle cifre in bilancio per gli indennizzi non ha alcun senso. E inoltre si potrebbero creare delle gravi ingiustizie e quindi dei ricorsi in sede giudiziaria, in relazione all’esistenza o meno di sufficienti cause giustificative per la concessione degli indennizzi.

A maggior precisazione di quanto sopra indicato, relativo allo di stabilire chi è da considerarsi “soggetto a rischio”, può essere utile stabilire ad esempio, che è da considerarsi “soggetto a rischio” chi si è trovato vicino ad un obiettivo colpito da proiettile all’uranio (o da nanoparticelle di proiettili convenzionali), implica in pratica la esigenza di stabilire cosa si intende trovarsi “vicino” ad un obiettivo colpito. Trovarsi vicino a un obiettivo significa il trovarsi a 5 metri dall’obiettivo, o a 50 o a 500 metri, o a 5 chilometri?

E allora bisogna conoscere, per questo, le “storie operative” di ciascuna persona.

E naturalmente, non è la stessa cosa se l’obiettivo (carroarmato, bunker, caseggiato) è stato colpito dai proiettili anticarro, i quali contengono qualche decina di grammi all’uranio impoverito, oppure è stato colpito da un missile da crociera che negli alettoni contiene delle barre da 300 Kg di uranio impoverito.

Inoltre occorre chiarire in quale momento il soggetto si è trovato nella suddetta vicinanza. Non è la stessa cosa se la persona si è trovata vicino all’obiettivo colpito al momento dell’esplosione oppure in un tempo successivo (ad esempio un’ora, un giorno, una settimana, un anno dopo). Sono da considerarsi in questione, dunque, sia coordinate spaziali che temporali, per definire chi è da considerarsi il soggetto a rischio.

Da aggiungere a quanto sopra che, nei riguardi della pericolosità delle nanoparticelle, occorre stabilire se deve essere preso in considerazione solo chi ha ingerito o ha aspirato particelle a distanza (da stabilire) da un obiettivo colpito, oppure anche chi ha toccato a mani nude proiettili e residui di proiettili (nelle disposizioni di sicurezza emanate fin dal 1984 si precisa che i rischi da considerare riguardano anche il maneggio di materiale bellico, a freddo).

In sostanza, parlare di legame probabilistico senza aver dato una risposta a quesiti come quelli sopra accennati, risulta del tutto vano, quanto meno al fine di stabilire a chi concedere dei risarcimenti.

22) Mancata revisione degli errori contenuti nelle relazioni della Commissione Mandelli

Perchè non è stato indagato sugli errori compiuti nelle relazioni della Commissione Mandelli, in modo da poter correggerne le conclusioni.

Per quanto riguarda il mandato ricevuto dalla Commissione Mandelli, va tenuto presente che il mandato stabiliva, erroneamente, che si dovesse indagare solo su forme tumorali e non anche sulle altre patologie che pure si sono manifestate. In particolare, per quanto riguarda patologie neurologiche e genetiche. Nessuna indagine, infatti, è stata fatta sui casi di nascita di bambini malformati e sui casi di sclerosi multipla. Mentre si tratta, ovviamente, di eventi grandemente dannosi per le vittime.

Inoltre, c’è da chiedersi perchè è stato chiesto di indagare solo sui casi emersi nel teatro balcanico e non in altri teatri all’estero e in Italia.

Per quanto poi concerne la attuazione del mandato da parte della Commissione, c’è da capire anche perchè, rispetto alla zona balcanica, sono state considerate solo le aree della Bosnia e del Kossovo, dimenticando altre aree come quelle confinanti con il Kossovo meridionale (Albania e Macedonia) dove pure abbiamo avuto del personale contaminato (vedi ad esempio i casi Melis e Grimaldi).

Inoltre, c’è da indagare sul perchè venne usata la distribuzione probabilistica di Gauss anzichè quella di Poisson. E inoltre perchè sono stati considerati ugualmente a rischio sia i militari che non hanno applicato alcuna misura di protezione (quelli che hanno operato nel periodo che giunge fino al 22 novembre 1999) e i militari che, invece, operando dopo quella data avrebbero dovuto adottare le misure di protezione. Ciò ha portato al fatto che, probabilmente, 12.000 militari che avrebbero dovuto essere esclusi dal conteggio dei militari a rischio, sono stati invece erroneamente inclusi.

23) Bonifica dei poligoni (e aree non più bonificabili)

Perchè non sono state effettuate indagini sulla problematica della bonifica dei poligoni stabilendo in primo luogo in che cosa consiste l’effettuare la bonifica e in che cosa consiste verificare i risultati della bonifica stessa e dopo stabilito quanto sopra, capire quali costi la bonifica comporterebbe. E stabilire, altresì, quali provvedimenti debbano prendersi nei riguardi di quelle zone che vengono ritenute ormai non più bonificabili (zone di questo tipo esistono ad esempio, nel poligono sardo di Teulada). Ed a proposito di queste zone, occorre stabilire se debbano essere formalizzate delle precisazioni in campo legislativo, come ad esempio è stato fatto negli Stati Uniti per zone di questo tipo che, dal punto di vista legale, vengono considerate come non più facenti parte del territorio nazionale.

24) Audizione delle vittime

Perchè non è stato preso in considerazione quanto avrebbero potuto dire le vittime, chiedendo (nella difficoltà di ascoltarle tutte), quanto meno un resoconto scritto dalle singole persone alla Commissione circa l’assistenza che hanno ricevuto e le difficoltà riscontrate nell’ottenere risarcimenti.

Quanto sopra tenendo conto anche, di quanto risulta da numerose testimonianze apparse in documenti ufficiali (alcune di queste testimonianze sono state riportate anche nella audizione del Presidente dell’ANAVAFAF nel corso della inchiesta senatoriale sull’uranio, effettuata nella precedente legislatura, sotto la presidenza del Sen. Paolo Franco).