giovedì 18 gennaio 2007

Libano, militare italiano confessa: nessuna protezione contro l'uranio

“Nessun equipaggiamento particolare da utilizzare in eventuali contatti con zone o veicoli contaminati dall'uranio impoverito”. E' la testimonianza di un caporale dell'Esercito della brigata “Pozzuolo del Friuli”, l'unità italiana che guida la missione Leonte in Libano, raccolta dall'inchiesta di GrNews.it.

“Abbiamo in dotazione la maschera anti-NBC, modello M90, da utilizzare in caso di presenza di sostanze chimiche. Tute ad hoc, occhiali, maschere particolari o altro non ne abbiamo mai utilizzate onestamente” ha poi precisato il militare che opera a Tibnin, sede del quartier generale italiano.

“Noi operiamo in un raggio di 35 chilometri dalla nostra base – ha spiegato a GrNews.it - sinceramente non sappiamo se esiste questo problema dell'uranio impoverito. Abbiamo, come immagino voi, appreso la notizia della possibile contaminazione della zona di Khiam qualche tempo fa. Ma di queste cose, per la verità, non se ne parla tanto.”

Sulla questione, già lo scorso 14 novembre, il Cocer, Consiglio Centrale di rappresentanza dell'Esercito, con una delibera approvata all'unanimità, chiedeva lumi allo Stato Maggiore sui reali rischi ai quali i nostri militari erano esposti dopo i primi campanelli d'allarme. A distanza di due mesi non è giunta ancora nessuna risposta ufficiale. >> La delibera del Cocer Esercito

“In tutti questi casi – ha commentato Falco Accame, ex presidente della Commissione Difesa della Camera – deve valere il principio di precauzione per i nostri militari. E' assurdo aspettare che la diplomazia israeliana ci dia le mappe delle bombe che ha disseminato in Libano per prendere provvedimenti. Intanto noi siamo sul posto e nessuno può escludere con certezza che non siamo esposti a rischi”.
“Fino a qualche mese fa - ha ricordato Accame - gli israeliani hanno negato di aver utilizzato armi non convenzionali, poi è saltata fuori la notizia delle tracce di radioattività riscontrate in due siti a sud del paese arabo.”
“E' necessario che il Ministero della Difesa faccia chiarezza sulla vicenda, per non ritrovarci tra qualche anno a dover fare la conta di malati e morti sospetti, come sta accadendo oggi con le missioni degli anni scorsi. Già abbiamo avuto l'esperienza dell'allora ministro Mattarella che negò, in un question time alla Camera, l'utilizzo dell'uranio impoverito in Bosnia, salvo poi dover ammettere che erano stati sparati oltre 10.000 proiettili all'uranio” ha concluso l'ex parlamentare.

Intanto Marco Saba, già fondatore dell'Osservatorio Etico Ambientale e ricercatore operativo sulla materia, conferma, citando la relazione di una Ong inglese, la “The Low Level Radiation Campaign” di cui fanno parte ex membri delle forze speciali britanniche, la presenza di uranio riscontrata nel filtro d'aria di un'ambulanza della Croce Rossa internazionale utilizzata nei mesi scorsi nella zona di Beirut. La notizia, ripresa oggi dall'inchiesta di Rainews24, è stata pubblicata sul portale della Ong circa 20 giorni fa.

>> IL SITO DELLA "THE LOW LEVEL RADIATION CAMPAIGN"

Francesco PALESE

domenica 14 gennaio 2007

A Roma protestano i familiari delle vittime

Proteste dei familiari dei caduti appartenenti alle forze armate questa mattina a Roma, presso la Stele del “Milite ignorato” a villa Glori. Grandissima delusione e amarezza per le tantissime persone "abbandonate" dallo Stato. Critiche per tutti, dal Ministero della Difesa, ai rappresentanti della maggioranza e del Governo, fino alle rappresentanze militari che nulla hanno fatto per sbloccare gli indennizzi non corrisposti ad oltre 10.000 infortunati e morti appartenenti alle forze armate. Vi proponiamo la lettera sfogo del presidente dell'Ana-Vafaf Falco Accame.


UN INCONTRO DI PROTESTA PRESSO LA STELE DEL “MILITE IGNORATO”
L’APPELLO AL CAPO DELLO STATO

Dopo tante riunioni davanti a Palazzo Chigi risoltesi senza alcun intervento del Governo, l’Ana-Vafaf ha deciso di riunirsi a debita distanza dai luoghi delle istituzioni, che non hanno saputo rispondere in alcun modo alle richieste di tanta povera gente, familiari di militari vittime di gravi infortuni o deceduti.

Da 15 anni, cioè dal 91 esiste una legge anti-costituzionale che impedisce il risarcimento al personale volontario per via di un errore di trascrizione effettuato presso la Camera dei Deputati che ha escluso gli aventi diritto volontari dai risarcimenti a partire dal 1° gennaio 69. L’Associazione si è rivolta al Presidente della Camera dei Deputati e al Presidente del Senato perché l’errore, che non esisteva nella Legge 308/81, venisse corretto reintroducendo la componente dei volontari che oggi è la sola componente delle Forze Armate (dopo che non esiste più la leva).

E quindi la Legge non ha più senso, è come la panchina di Tolstoi riverniciata e con un piantone di guardia, che decenni dopo la pitturazione, era ancor lì di guardia. Una grande incuria da parte delle istituzioni militari che da 15 anni avrebbero dovuto farsi parte dirigente per tutelare i militari volontari e le loro famiglie e nulla hanno fatto.

E gravissima è l’incuria del COCER delle Forze Armate. Questo vale naturalmente anche per i militari volontari gravemente infortunati e deceduti per l’uranio impoverito e quindi per le loro famiglie.

Proprio di ieri l’ennesima segnalazione di un caso di un militare con gravi disturbi di tipo neurologico a Martina Franca, in Puglia. L’Associazione ha rivolto un appello al Capo dello Stato, che è anche Capo delle Forze Armate, affinché intervenga per la correzione dell’errore nelle Leggi 280/91 e 308/81 con una sua richiesta al Parlamento, visto che tutti i tentativi finora fatti sono stati inutili e non si vogliono riconoscere i diritti che una legge aveva chiaramente stabilito per i cittadini nell’ambito militare e dei corpi militarmente ordinati (Guardia di Finanza, Polizia di Stato, Polizia Carceraria, Corpo Forestale, Corpo dei Vigili del Fuoco).

Nei casi che si sono verificati presso il poligono di Salto di Quirra in Sardegna il Governo ha posto il segreto sulle operazioni che vi sono state effettuate da ditte civili negli ultimi 20 anni in modo che non si possa sapere quali armi all’uranio vi sono state usate.

Per quanto riguarda l’uranio impoverito la vastità del fenomeno in Italia è dovuta al fatto che per 6 anni non sono state adottate le norme di precauzione e il personale è rimasto completamente esposto.

Gli Stati Uniti hanno adottato le norme il 14 ottobre 93, noi le abbiamo adottate il 22 novembre 99 e le responsabilità di questi ritardi non sono mai state accertate, nemmeno dalla Commissione d’Inchiesta Senatoriale. Anche molti civili sono stati colpiti nei Balcani, come ad esempio il prof. Giovanni Caselli inviato dalla stessa Presidenza del Consiglio nei Balcani e come lui tanti altri a cui l’Ana-Vafaf invia un riconoscente pensiero di solidarietà in questo giorno dedicato alla memoria mentre invita il Presidente del Consiglio, On. Prodi, che sostiene di preoccuparsi prioritariamente dei più deboli, di tener presente che esistono anche i “più debolissimi” completamente trascurati dallo Stato.

Per quanto ancora riguarda l’uranio impoverito, come hanno dimostrato i recenti casi in Puglia e in Basilicata in questi giorni, è indubitabile che esista un alto legame di probabilità tra l’uranio e gli effetti causati in simili condizioni, una sola cosa è certa ed è quella che, appunto, non è stata rispettata.

Che quando non esiste la certezza che NON vi siano dei pericoli debbano essere adottate LE MISURE DI PROTEZIONE e su questo anche il Governo non può continuare come gli struzzi a nascondere la testa sotto la sabbia.

La corona di fiori che oggi abbiamo deposto deve servire di monito in primo luogo al Ministro della Difesa agli altri ministeri interessati a cui fanno capo i corpi militarmente ordinati a non trascurare i loro dipendenti nella vita e nella morte.

Ma oggi non abbiamo nemmeno dimenticato le popolazioni civili colpite da uranio impoverito nei luoghi dove sono state impiegate armi all’uranio. Per queste popolazioni non possono essere adottate misure di protezione.

Il Governo italiano che sembra volersi battere per l’abolizione della pena di morte dovrebbe battersi per l’abolizione delle armi all’uranio che sono ARMI DI DISTRUZIONE DI MASSA per l’uomo, gli animali e l’ambiente! Ma l’indifferenza sembra essere totale!

giovedì 11 gennaio 2007

La nostra inchiesta su Nuova Spazio Radio

Gli ultimi casi di possibili contaminazioni da uranio impoverito, la nuova commissione parlamentare di inchiesta che stenta a partire, le testimonianze ed i particolari forniti da GrNews.it sono stati al centro del programma “Ho scelto la radio” ideato da Rita Marcucci e condotto in studio da Gianluca Fabi e Livia Ventimiglia sulle frequenze dell'emittente laziale Nuova Spazio Radio (88.150 FM) diretta da Ezio Luzzi, voce storica di Radio Rai.

>>> QUI PER ASCOLTARE LO SPECIALE

martedì 9 gennaio 2007

La nostra inchiesta sui media. E la Menapace si sfoga

Ha suscitato particolare attenzione sui media l'inchiesta in corso sugli ultimi casi di possibile contaminazione da uranio impoverito realizzata da GrNews.it con la preziosissima collaborazione di Falco Accame. Le notizie relative agli ultimi casi hanno trovato spazio oltre che su tutte le agenzie di stampa sui quotidiani nazionali come L’Avvenire, Il Manifesto, Liberazione, La Padania, Il Giorno- Il Resto del Carlino – La Nazione, Corriere.it, Repubblica.it, e su una miriade di siti web. Oltre al Tg regionale della Rai pugliese e all'emittente Tele Norba hanno seguito il caso i colleghi del Quotidiano di Lecce e delle emittenti televisive locali come L’ATV, ma la notizia è apparsa anche sull’edizione di Bari di Repubblica e sulla Gazzetta del Mezzogiorno.
>>> Le agenzie di stampa

Intanto pubblichiamo la "lettera sfogo" inviataci dalla parlamentare di Rifondazione e futura Presidente della Commissione di inchiesta sull'uranio impoverito Lidia Menapace.


"ALCUNE FORZE POLITICHE NON VOGLIONO LA COMMISSIONE D'INCHIESTA"

Con grande senso di impotenza e di vergogna Le dico che sono stata relatrice in Senato per l'istituzione della commissione parlamentare d'inchiesta sull' uranio impoverito e mi pare che siamo riusciti a fare un testo decente, che include anche ricerche sulle polveri sottili e i danni che hanno colpito oltre ai militari anche la popolazione civile nelle persone dei lavoratori nei poligoni di tiro o chi abita in vicinanza di installazioni o stoccaggio o uso ecc.

Ma nonostante le pressioni e le insistenze, la commissione d'inchiesta non è ancora in condizioni di partire, perchè alcune forze politiche non hanno ancora indicato i loro rappresentanti.

Sono molto sconcertata da un simile comportamento che configura ormai quasi una forma di sabotaggio o di ostruzionismo.Alla ripresa dei lavori presenterò una richiesta tesa a sbloccare finalmente la cosa.

Lidia Menapace

lunedì 8 gennaio 2007

Nuovo caso sospetto a Potenza. Sodano e Menapace: nuova commissione accerti responsabilità

“E' Carmine Pastore, 32 anni, di Potenza l'ultimo caso di possibile contaminazione da uranio impoverito in Italia. Pastore era nella Brigata Garibaldi, undicesimo reggimento artiglieri di Teramo, impegnata in Bosnia, a Sarajevo dove ha trascorso 4 mesi in missione. Al ritorno gli è stata diagnosticata una patologia neurologica demielinizzante con la quale sta combattendo e per la quale non riesce ad ottenere il riconoscimento della causa di servizio”.
A dare la notizia è l'ex presidente della Commissione Difesa della Camera Falco Accame attraverso il sito GrNews.it, che sta conducendo in questi giorni un'inchiesta sui casi emersi negli ultimi mesi. Dall'agente di Polizia di Roma, operante a Fiumicino, al quale è stato diagnosticato un linfoma di Hodkin ai due malati di leucemia della provincia di Lecce segnalati nei giorni scorsi, una crocerossina ed un tenente colonnello dell'Esercito impegnati nei Balcani.

Sempre sul sito GrNews.it un ex caporalmaggiore dell'Esercito denuncia “la totale assenza di protezione per i militari impegnati in Kosovo ben 11 mesi dopo l'emanazione delle norme di protezione da parte della Forza Multilaterale KFOR, un tempo troppo lungo da giustificarsi con l'assenza dei rifornimenti di maschere tute e occhiali necessari per proteggersi dalle polveri sottili sprigionate dai proiettili all'uranio impoverito”.

Falco Accame, intanto ha scritto ai presidenti di Camera e Senato, chiedendo che “venga corretto l'errore che blocca per tutti questi casi la speciale elargizione prevista dalla legge 280/91”, un risarcimento di circa 25mila euro a favore degli ammalati, diverse centinaia secondo l'Anavafaf, associazione da lui stesso presieduta, e dei familiari dei deceduti, che ammontano a 48 in tutta Italia.

Ma per Accame occorre anche che “la nuova Commissione parlamentare di inchiesta si occupi delle responsabilità sulla non tempestiva adozione delle misure di protezione, adottate dalle nostre forze armate, e non sempre correttamente, con oltre sei anni di ritardo rispetto agli americani”. “Tutto questo – conclude Accame - mentre dal Libano rimbalza la notizia sulla possibile contaminazione della zona meridionale dove sono impegnate le nostre truppe, vorremmo sapere dal Ministro Parisi se siano state adottate le opportune misure di sicurezza per i nostri ragazzi”.

“A questo punto la nuova commissione di inchiesta sull'uranio impoverito è urgente. Il presidente del Senato Marini ha garantito che dopo la pausa natalizia si sarebbe proceduto con la nomina del nuovo presidente che sarà Lidia Menapace, sul cui nome c'è l'accordo di tutta l'Unione.”

Lo ha detto Tommaso Sodano esponente di Rifondazione Comunista e presidente della Commissione Ambiente del Senato, ai nostri microfoni aggiungendo che “la nuova commissione dovrà avere anche gli strumenti necessari per l'accertamento delle responsabilità circa la mancata adozione delle misure di protezione per i nostri soldati impegnati all'estero. Eventuali paure dei vertici militari su questo aspetto sarebbero incomprensibili.”
Sulla vicenda interviene anche la deputata dei verdi, Tana de Zulueta, a sostegno dell’appello lanciato dall’Anavafaf che in una lettera aperta ai presidenti della Camera e del Senato chiede di rimediare all’errore di trascrizione della legge 280/91 che ha escluso i volontari tra gli aventi diritto agli indennizzi.

“La denuncia di Falco Accame di un nuovo caso di presunta contaminazione da uranio impoverito ai danni di un ex militare di 32 anni impiegato in Bosnia – spiega la parlamentare - e le testimonianze raccolte dall’inchiesta di GrNews.it ripropongono con urgenza la necessità che il Governo porti avanti gli impegni presi. Nonostante infatti il lavoro della Commissione di inchiesta sull’uranio impoverito della scorsa legislatura i nostri militari volontari non hanno ricevuto alcun risarcimento né è mai stato fatto un censimento per verificare quanti di loro si siano ammalati in seguito alle missioni”.

Reazioni anche dalla Basilicata, dove il consigliere e coordinatore regionale di Alleanza Nazionale Egidio Digilio dice che ''e' necessario garantire la massima assistenza sotto ogni forma e in ogni modo all'ex militare di Potenza e alla sua famiglia dopo che si e' ammalato a seguito della missione italiana in Bosnia - dice il coordinatore e consigliere regionale di Alleanza nazionale, - Al di la' di quanto deve fare il Governo italiano, che solleciteremo attraverso i nostri parlamentari anche la Regione ha il dovere di far sentire la solidarieta' al giovane lucano che ha svolto una funzione di servizio allo Stato pagandone le piu' gravi conseguenze di salute''.
''Seguiremo la vicenda con il massimo interesse e impegno - conclude l'esponente di An - perche' l'ex militare non puo' certamente essere abbandonato a se stesso e rappresenta per la Regione, al di la' di ogni formalismo e retorica, un'occasione concreta per onorare i valori della Patria e dei suoi servitori''.

Francesco PALESE

domenica 7 gennaio 2007

Quei militari italiani mandati in Kosovo allo sbaraglio

“L’uranio impoverito? Mai sentito parlare, né dai superiori, né se ne parlava tra di noi”. A dichiararlo a GrNews.it è un ex caporalmaggiore dell’Esercito, originario di Lecce, impegnato nella missione KFOR in Kosovo, precisamente a Pec, centro ad una quarantina di chilometri ad ovest di Pristina, dal maggio del 2000 all’ottobre dello stesso anno.

“Quando eravamo già sul posto – ricorda l’ex volontario in ferma breve – abbiamo effettuato dei briefing nei quali ci dicevano di non toccare le bombe semiesplose con le quali eventualmente ci saremmo trovati a contatto, ma nulla di più. Per quanto riguarda le protezioni avevamo solo l’obbligo di portare al seguito la maschera NBC (che non protegge dalle polveri sottili ndr) da indossare in caso di attacchi chimici.”

Date e luoghi sono importanti, perché, secondo dati forniti dalla Nato, in tutta la regione kosovara furono esplosi 31.000 proiettili all’uranio impoverito, ma questo, per i nostri militari, era un tabù.

Eppure, pochi mesi prima, il 22 novembre del 1999 il colonnello Osvaldo Bizzari dell’Esercito Italiano aveva firmato le norme emanate dalla Forza Multilaterale che prevedevano l’utilizzo di tute, maschere e occhiali per proteggersi dalle polveri sottili dell’uranio impoverito. Le stessa norme che gli americani avevano adottato in Somalia a partire dal 14 Ottobre del 1993. Nelle disposizioni si dichiarava inoltre che "inalazioni di polveri insolubili di uranio impoverito sono associate nel tempo con effetti negativi sulla salute quali il tumore e disfunzioni nei neonati".

Dopo quasi un anno di distanza quindi quelle norme restarono solo sulla carta. Un tempo troppo lungo da giustificarsi con l’assenza di rifornimenti. Perchè non furono adottate?


Francesco PALESE

Le responsabilità della politica...e lo sfogo di un familiare

Gli ultimi casi di possibili contaminazioni da uranio impoverito, segnalati da GrNews.it, che si riferiscono alla crocerossina e al tenente colonnello della provincia di Lecce, oltre alla testimonianza di un ex militare impegnato in Kosovo, hanno riaperto sul tema un dibattito destinato a proseguire a lungo, visto che sono in arrivo altre segnalazioni di casi analoghi che non esiteremo a denunciare nei prossimi giorni.

Questo testimonia che la politica e una parte del mondo militare hanno archiviato troppo presto il problema, sul quale non è stata fatta la dovuta chiarezza. Solo l'11 maggio del 2005 l'allora Ministro della Difesa Antonio Martino - sulla falsariga dei risultati della commissione parlamentare - aveva escluso senza mezzi termini ogni pericolosità della sostanza, smentendo di fatto la stessa Difesa che il 6 dicembre del 1999 inviava una circolare dello Stato Maggiore sui provvedimenti cautelativi da adottare in Kosovo.

Dal primo caso segnalato in Italia, quello relativo al maresciallo Marco Mandolini impegnato in Somalia sono passati 14 anni, oltre 350 interrogazioni, interpellanze, mozioni parlamentari. Sull'argomento sono stati scritti tre libri tra cui quello del nostro amico e insostituibile collaboratore Falco Accame, principale esperto della materia in Italia.("Uranio impoverito: la verità" edizioni Malatempora, Roma, 2006)

"Anche dell'amianto - scive Accame nel libro - si disse per anni che era assolutamente innocuo", poi si giunse tra innumerevoli difficoltà alla verità, la stessa che ancora manca sulla vicenda uranio in cui entrano in gioco troppi interessi e precise responsabilità sui circa 52 decessi e oltre 400 casi di malattia. Molti ritengono che la sede adatta per fare finalmente luce sarà la nuova Commissione parlamentare. Staremo a vedere, intanto i casi si susseguono e gli interrogativi aumentano.

Un coinvolgimento dell’opinione pubblica in queste dinamiche è essenziale, e per farlo occorre che i media prestino la necessaria attenzione e si dimostrino liberi di poter affrontare il problema senza condizionamenti esterni. Siamo di fronte ad un argomento che paradassalmente rischia di perdere notiziabilità proprio quando i casi e le segnalzioni aumentano.

La nostra ultima segnalazione ha trovato spazio oltre che su tutte le agenzie di stampa sui quotidiani nazionali come L’Avvenire, Il Manifesto, Liberazione, La Padania, Il Giorno- Il Resto del Carlino – La Nazione, Corriere.it, e sui media della Puglia, dove da alcuni giorni rimbalzano interventi e particolari sull’accaduto. Oltre al Tg regionale della Rai stanno seguendo il caso con particolare attenzione i colleghi del Quotidiano di Lecce e delle emittenti televisive locali come L’ATV, ma la notizia è apparsa anche sull’edizione di Bari di Repubblica e sulla Gazzetta del Mezzogiorno.

Francesco PALESE



Pubblichiamo una delle numerose mail giunte alla redazione in questi giorni. E' quella scritta da Massimiliano Garofalo, fratello di Alessandro, morto 14 anni fa a Mantova.

14 ANNI DI SILENZIO SULLA MORTE DI MIO FRATELLO

Volevo segnalarle la vicenda di mio fratello Alessandro, morto nel 1993, in seguito al possibile utilizzo di uranio impoverito.Su internet digitando "garofolo alessandro uranio" è possibile rintracciare le due interrogazioni parlamentari su mio fratello, una dell'onorevole Ballaman e una del senatore Malabarba.Sono passati sei anni dalla prima interrogazione e cinque anni da un servizio della RAI su mio fratello...da allora il buio, non ho più saputo nulla, un silenzio assordante non solo dai militari ma anche da chi mi dovrebbe tutelare (politica,giornalisti,...).Glielo segnalo...perchè a mio parere la vicenda di mio fratello è segnata da molte ingiustizie.
Garofolo Massimiliano
Mantova

giovedì 4 gennaio 2007

Due nuovi casi in Puglia. Il silenzio della Difesa

Una crocerossina e un tenente colonnello dell'Esercito residenti in provincia di Lecce sono ammalati per probabile contaminazione da uranio impoverito. Lo rende noto al sito GrNews.it Falco Accame, ex presidente della Commissione Difesa della Camera e attuale presidente dell'Anavafaf (associazione delle vittime appartenenti alle forze armate).

“Abbiamo appreso la notizia – dice Accame – di questi due nuovi casi, che confermano la Puglia insieme alla Sardegna tra le regioni più colpite, come sempre per pura casualità. Sempre in Puglia il 6 ottobre 2005 morì il militare Alberto Di Raimondo dopo i casi di malattia o morte di Calcagni, Pilloni, Di Giacobbe, Antonaci, Maramarco, D'Alicandro, La Monaca.”

“Ciò che ci preoccupa – polemizza l'ex parlamentare - è che di tutti questi casi, ovviamente noti al Ministero della Difesa attraverso i vari distretti e comandi, si è avuta notizia solo accidentalmente, pur essendo lo stesso ministero obbligato a fornire annualmente alle commissioni parlamentari competenti l'elenco degli infortunati indicandone le cause presunte o certe. Fino ad oggi nessun caso di contaminazione da uranio impoverito è stato segnalato, il timore è quindi che quanto si conosce del fenomeno sia solo la punta di un Iceberg.”

“Su tutta la vicenda dell'uranio impoverito – conclude Accame - speriamo che almeno l'esposto presentato nei mesi scorsi alla Procura della Repubblica di Bari da parte di un sindacato contribuisca a rompere il segreto che da troppi anni impedisce una valutazione realistica del fenomeno.”

Secondo le ultime indiscrezioni alle due vittime sarebbe stato diagnosticato un linfoma di Hodgkin in seguito ad una permanenza di alcuni mesi in Kosovo nel 1999. Le condizioni della giovane appartenente alla Croce Rossa sarebbero gravi.

Come sempre succede in questi casi si è assistito al silenzio da parte degli organi della Difesa che non hanno nè commentato nè smentito la denuncia, tutto mentre i ragazzi "reduci" dalle missioni all'Estero continuano ad ammalarsi e a morire nell'indifferenza generale. In molti casi addirittura sono stati negati gli indennizzi previsti dalle leggi dello Stato ai familiari dei caduti.

Non c'è dubbio che la questione "uranio impoverito" rappresenta un tema dal quale chi ha delle precise responsabilità, in relazione alla mancata adozione delle misure di sicurezza, preferisce sfuggire. Cosa dire poi dell'imbarazzante "cancellatura" dell'ultima ora delle vittime dell'uranio dai beneficiari di un fondo annuale di 5 milioni di euro nell'ultima legge finanziaria? Sarebbe stato come ammettere l'esistenza e la gravità del problema, di cui non si deve parlare.

Francesco PALESE