lunedì 29 dicembre 2008

Vittime del dovere: istituito tavolo tecnico

Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 dicembre 2008 è stato istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, un “Tavolo tecnico per il coordinamento tra le amministrazioni in materia di benefici e provvidenze stabiliti dalla legge a favore delle vittime del dovere a causa delle azioni criminose e della criminalità organizzata, nonché ai loro familiari superstiti”, presieduto dal Sottosegretario di Stato dott. Gianni Letta.

Il Tavolo tecnico costituisce una sede stabile di consultazione, coordinamento e raccordo tra i Ministeri degli Affari Esteri, dell’Interno, della Giustizia, della Difesa, dell’Economia e delle finanze, della Pubblica Amministrazione e dell’Innovazione, nonchè l’Agenzia delle entrate e gli Enti previdenziali, al fine di promuovere interventi sul piano normativo, amministrativo e organizzativo volti a risolvere le problematiche segnalate dalle Associazioni delle vittime.
Il Sottosegretario Letta rassicura le Associazioni circa la determinazione del Governo a valutare con la massima attenzione le loro legittime aspettative.

24 Dicembre 2008
Magg. Pilota Carlo CALCAGNI
Associazione Vittime del Dovere
Referente per il Ministero della Difesa

Parte dal Salento la voglia di giustizia

Il presente dossier è la seconda iniziativa intrapresa da SALENTO LIBERO REGIONE(1) per informare e sensibilizzare i cittadini e le autorità politiche, soprattutto Salentine, sui temi inerenti i diritti dei colpiti dalla SINDROME DEI BALCANI(2), la tutela della nostra salute e la salubrità dell’ ambiente in cui viviamo.
I problemi esposti qui di seguito sono supportati da fatti e documenti certi ed inoppugnabili e per la loro rilevanza meritano di essere affrontati con decisione e con la massima urgenza.
Ne và della coscienza di ciascuno e della salute di tutti.




L’ URANIO IMPOVERITO
Alcuni dati sull’ uranio impoverito (UI) noto pure come depleted uranium o uranio depleto:
1- L’ UI è lo scarto del processo produttivo di arricchimento dell’ uranio destinato al funzionamento dei reattori nucleari. In ambito militare l’ UI è impiegato soprattutto per “corazzare” i carri armati e per le munizioni anti carro.
2- Oltre ad essere tossico, radioattivo e piroforico, è fonte di inquinamento e contaminazione tanto che, a novembre 2007, la prima commissione Disarmo e Sicurezza Internazionale dell’ONU, ha approvato, a stragrande maggioranza, una risoluzione che considera le armi all’UI pericolose per le persone e per l’ambiente.
Anni prima, nel 2001, la dr.ssa Carla Del Ponte all’ epoca a capo del Tribunale Speciale Penale per l’ex Jugoslavia, dichiarò che l’uso da parte della Nato di armi all’UI poteva configurarsi come crimine di guerra.
3- Il proiettile all’UI quando colpisce il bersaglio sviluppa un’altissima temperatura (circa 3000°) che fonde tutto quel che si trova intorno al punto di esplosione, liberando nell’aria un aerosol di polveri finissime, cento volte più piccole delle PM 10, le c.d. polveri sottili che tanto giustificato allarme destano nelle nostre città.
Dette polveri, di dimensioni nanometriche possono entrare nel corpo per inalazione o ingestione alimentare o contatti con ferite aperte, superando barriere biologiche sino a poco tempo fa ritenute invalicabili (ad es: quelle polmonari e intestinali). Esse sono facilmente trasportabili lontano dal luogo di esplosione e, oltre alle leucemie e altre forme tumorali, possono generare infarti ed ictus, statisticamente tre volte più frequenti dei tumori.
4- La Dott.ssa Antonietta Gatti, coordinatrice dal 2002 al 2005 di un progetto di ricerca cofinanziato dall’Unione Europea, con un suo articolo, tra migliaia, ci aiuta a comprendere meglio l’intera materia, compreso ciò che succede ad una donna che viene contaminata. (all.1)
5- L’UI, dunque, è il principale (non l’ unico) imputato della Sindrome dei Balcani e, se non è il KILLER è certamente il MANDANTE di decessi, malattie, inquinamento e contaminazione di uomini, animali e territori.
Lo afferma la Dott.ssa Gatti, lo conferma la sen. Lidia Menapace. (all.2)

STATO INGRATO
Un esempio vivente di contaminazione bellica è il Salentino Carlo Calcagni, quarantenne maggiore dell’ E.I. che si “racconta” al CO.CE.R. nell’audizione del luglio del 2007 (all.3), oggi riconosciuto “Vittima del Dovere” con invalidità permanente del 100% per causa di servizio “per le particolari condizioni ambientali ed operative”.
Di mio aggiungo qualche considerazione. Le visite mediche ed i continui controlli ad un certo punto lo portano proprio dalla Dott.ssa Gatti che gli trova il fegato ed il midollo infarciti di metalli pesanti, detriti tossici sia dal punto di vista chimico che fisico ed altre simili “quisquilie”.
Il quadro clinico che precipita col passar del tempo costringe Carlo Calcagni ad indebitarsi, coinvolgendo familiari, parenti ed amici, per acquistare i costosissimi medicinali che gli servono SOLO PER CONTENERE le malattie da cui sa che è difficile, anzi impossibile, guarire completamente.
Se avesse aspettato lo Stato a quest’ora sarebbe morto!
Tant’è che, pur avendo lo status di Vittima del Dovere (all.4), della cui Associazione Nazionale è referente per Esercito, Marina ed Aeronautica (all.5), attende ancora il risarcimento cui ha diritto, come conferma la recente lettera inviata dai suoi avvocati al Ministero della Difesa. (all.6)
Se le lungaggini burocratiche sono sempre deprecabili, in casi del genere sono INAMMISSIBILI, VERGOGNOSE !!! DELITTUOSE!!!
Lo sa bene anche la Vedova di un altro Salentino, Alberto Di Raimondo, deceduto a soli 26 anni per un linfoma dopo una missione nei Balcani. All’ uopo, nel 2005 la Vedova Di Raimondo ha presentato regolare domanda corredata dai due quintali e mezzo di documenti ma siccome al Ministero risulta smarrita tutta la documentazione, ne ha dovuto presentare un’ altra!
Intanto il tempo passa…il disagio cresce…e non resta che sperare nella DIVINA PROVVIDENZA, atteso che nessun mortale muove un dito per abbattere i tempi biblici della burocrazia di uno Stato che ripaga con ingratitudine e indifferenza proprio Coloro che più di altri lo hanno servito fedelmente.
Mi chiedo a che serve la retorica patriottarda del 4 novembre, il Grazie Ragazzi, le solenni esequie e via dicendo! Quando si comporta in questo modo, lo STATO non merita più rispetto poiché è diventato il participio passato del verbo essere!!!
Casi simili a quelli testè citati, purtroppo ormai se ne contano a migliaia e perciò sottopongo alle Autorità politiche, nel caso specifico ai parlamentari Salentini, le seguenti, semplici proposte di SALENTO LIBERO REGIONE:
a- accellerare l’iter di equiparazione totale dello status di Vittime del Dovere a quello di vittime del terrorismo, prevista dalla legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006). Non sono tollerabili le disparità tra chi è deceduto, è stato ferito o si è ammalato per il diretto effetto del fuoco nemico o l’esplosione di una bomba ( vedasi le Vittime di Nassiria ) e chi ha subito la stessa sorte per gli effetti delle bombe, subendo una contaminazione letale.....da fuoco amico.
b- stabilire in 30 giorni, a partire dalla data di riconoscimento dell’ infermità per causa di servizio, il termine massimo entro cui erogare l’eventuale risarcimento ed altri benefici agli aventi diritto.
c- porre a totale carico dello Stato le costose spese di cura sostenute per rimanere in vita, per evitare a coloro che ne hanno bisogno di scegliere se morire per le malattie contratte o di fame !!!
d-fissare in due-tre mesi, a far tempo dalla data di presentazione della domanda, il termine massimo entro cui evadere almeno le domande di riconoscimento d’infermità per causa di servizio presentate dagli ammalati militari e civili e dai Familiari dei Caduti.
e- favorire un incontro tra il Ministro della Difesa ed una delegazione di soldati, civili e Familiari di Caduti per consentire a quest’ultimi di svicerare direttamente e senza intermediari i loro problemi, che spesso non sono noti a Chi deve sapere.
Signori Parlamentari, quelle succitate sono proposte che potete fare vostre e presentare alla Camera e al Senato. Non vi sarà difficile trovare una corsia preferenziale per farle approvare al più presto; Servono a rendere un tantino migliore la vita di chi, ricordatelo sempre, facendo il proprio dovere, ha difeso anche le Istituzioni di cui siete autorevoli membri.


IL PRINCIPIO di PRECAUZIONE
L’ ingratitudine e l’ indifferenza, tuttavia, sono sovrastate dalle sconcertanti omissioni dei vertici civili e militari del Ministero della Difesa. Quasi a giustificarne le gravissime responsabilità, in ogni vicenda inerente l’UI entra in ballo il cosiddetto nesso di causalità: vale a dire l’ assenza di prove scientifiche certe sul rapporto causa-effetto tra UI e la Sindrome dei Balcani.
E’ vero che il nesso di causalità non è accertato, però è altrettanto vero che non è escluso e, perciò, la logica e il buonsenso, se non il dovere, suggeriscono l’adozione di adeguate misure precauzionali sino a che non si dimostra che l’UI non provoca danni.
Nel caso in questione tanto più doverose se si pensa che la NATO, già nel 1996 aveva informato i vertici della difesa italiana sulla necessità di fornire adeguate attrezzature protettive ai soldati inviati nelle zone teatro dell’impiego di armi all’ UI, pena effetti nefasti per l’organismo.(all.7)
Per inciso, vorrei sapere chi ha stabilito scientificamente il nesso di causalità tra le PM10 (le c.d. polveri sottili) e danni alla nostra salute…. eppure scatta l’ allarme generale quando una qualsiasi centralina segnala lo sforamento del livello di guardia.
E’ evidente, quindi, che i nostri Soldati inviati in Bosnia e altrove dovevano essere informati sui pericoli cui andavano incontro e muniti di un equipaggiamento atto a proteggerli.
Invece, non ebbero né l’una né l’altra cosa, mentre tutti gli altri contigenti erano ben protetti e gli americani con le loro maschere, tute, guanti etc. sembravano addirittura dei marziani!!
Solo a novembre 1999 le autorità militari emanarono le direttive precauzionali che, peraltro, a dire di molti non sono mai state attuate. Roba da corte marziale!
I nostri ragazzi mandati allo sbaraglio da gente che, nella più benevola delle ipotesi, andrebbe processata per strage: ATTUATA! NON TENTATA!
Ecco perché, nel ravvisare l’opportunità di accertare le responsabilità dei ritardi nella emanazione delle norme di protezione e quelle, ancor più gravi, di chi eventualmente non le ha attuate, rinnovo ai Parlamentari Salentini l’invito a recarsi dal Procuratore delle Repubblica per chiedere l’apertura di una inchiesta in materia. La Procura di Bari lo ha già fatto!

RELAZIONE FINALE
Anche per avere certezza che almeno in Afghanistan e in Iraq i nostri Soldati abbiano in dotazione un adeguato equipaggiamento protettivo, atteso che in queste due aree belliche sono state impiegate quantità impressionanti di armi all’ UI.
Una raccomandazione in tal senso è contenuta anche nella relazione finale della CP, Commissione Parlamentare d’ inchiesta etc. etc... il titolo completo è più lungo dell’arco di tempo in cui ha funzionato. (all.8).
Dalla sua lettura traggo almeno due motivi d’ interesse:
- l’ introduzione del criterio di probabilità che sostituisce il nesso di causalità favorendo, almeno sulla carta, l’accesso dei malati e dei Familiari dei Caduti ai benefici previsti dalle vigenti leggi.
- la estensione dei controlli sanitari ed ambientali alle zone adiacenti i poligoni di tiro, sui quali la CP si esprime testualmente così:
“ La Commissione ribadisce la necessità di un attento controllo delle attività condotte e dei materiali impiegati nei poligoni di tiro in Italia, sia da parte delle Forze armate che di eventuali soggetti terzi, pubblici e privati, riservando una particolare attenzione ai controlli di tipo sanitario ed ambientale, all’ interno delle strutture e nelle zone ad esse adiacenti ”.
Dunque, a parte il noioso elenco delle difficoltà incontrate e l’ autocelebrazione delle attività svolte, tra le quali sono incluse persino le “ segnalazioni ” al Ministero della Difesa, attribuite dai soliti maligni al Salentino sen. Rosario Giorgio Costa, uno dei due V.Presidenti della CP, la relazione contiene seri elementi di riflessione.
Peccato che sia stata totalmente ignorata, o quasi, dagli organi d’ informazione; forse perché finisce col giustificare tutto e tutti, dai vertici civili e militari del Ministero ai vaccini iniettati ai soldati o, forse, per avallare indirettamente la convinzione tutta italiana che quando si vogliono insabbiare temi ed argomenti “scottanti”, la cosa migliore da fare è costituire una commissione parlamentare d’inchiesta.
Comunque sia una cosa è certa! La Puglia, insieme alla Sardegna ed al Friuli-Venezia-Giulia è la Regione italiana che “ vanta” il maggior numero di poligoni di tiro e di servitù militari in genere e perciò, non mi spiego i motivi per cui la CP ha inviato i suoi consulenti scientifici due volte in Sardegna, una volta addirittura in Libano e MAI in Puglia.

TORRE VENERI
In compenso, a Lecce su “ sollecitazione ” del sen. Costa (non poteva essere altrimenti) è venuta una delegazione politica della CP accompagnata solo da un esperto balistico. (all.9)
Sebbene i consulenti scientifici della CP non abbiano MAI messo piede a Torre Veneri e nessuno ha notizia di analisi effettuate su uomini, animali e territorio, i Salentini possono dormire sonni tranquilli, perché c’è sempre il sen. Costa a vegliare su di loro, a proteggerli, a risolvere qualunque problema. Infatti, l’amato senatore di Matino, intervistato da Telerama il 16 novembre 2008 li ha resi edotti di due sensazionali novità :
1- non è accertato il nesso di causalità tra l’UI e la Sindrome dei Balcani.
2- a Torre Veneri non è mai stato usato UI.
Santa Madonna! Non è stata proprio la CP a dire che tale nesso non è accertato ma non è neppure escluso? Ed ai fini dell’accesso dei benefici di legge non è stato addirittura “ cassato ”? Allora perché Costa ne parla ancora? Se nella relazione è scritto a chiare lettere che Ministri e vertici militari hanno sempre negato l’uso di armi all’UI nei poligoni di tiro italiani, a che pro il nostro senatore lo ribadisce? Che Torre Veneri e il Salento non facciano parte dell’Italia?
Siccome il senatore è tutt’altro che uno sprovveduto, mi riesce difficile credere che affermazioni così scontate non siano state “buttate” lì a bella posta per menare il can per l’aia e distogliere l’ attenzione dei Salentini dai problemi veri.
Perché, caro senatore, UI o no, un fatto è certo! Morti e malati ci sono davvero ed in particolare nelle zone vicine a Torre Veneri, come rimarcato dall’ on. Bellanova in una sua interrogazione del novembre 2007. (all.10)
Or dunque, illustri Autorità, muovetevi e almeno fateci sapere:
- se, da chi ed in quale periodo sono stati effettuati i controlli sollecitati dalla stessa CP;
- quali materiali, oltre a tric-trac, scattagnole, tronetti et similia, sono impiegati nelle esercitazioni a Torre Veneri;
- di quale tipo di equipaggiamento protettivo sono dotati i militari;
- chi provvede al recupero (e in che modo) dei “bossoli” e dove gli stessi vengono portati o stoccati o smaltiti;
- se nel poligono operano o hanno operato soggetti terzi, pubblici o privati, italiani o stranieri;
- se i carri armati presenti in loco sono “corazzati” con UI e chi effettua la manutenzione.
Mi fermo qui per carità di patria e alle Autorità, in questo caso soprattutto al Sindaco di Lecce, al Presidente della Provincia e ai rispettivi assessori al ramo, a nome di SALENTO LIBERO REGIONE propongo di:
1- organizzare una tavola rotonda o convegno o conferenza o altro con esperti in materia al fine di approfondire i problemi, conoscere e divulgare eventuali sistemi di prevenzione a tutela della nostra salute e della salubrità del territorio;
2- affidare a tecnici specializzati il compito di effettuare subito (e poi periodicamente) tutti i necessari controlli ambientali e sanitari a Torre Veneri e nelle zone adiacienti, in primis i borghi rurali e le marine leccesi. Le ASL e l’ ARPA non dispongono, purtroppo, degli strumenti scientifici all’ uopo necessari.
3- adottare il principio di precauzione per chiedere la sospensione delle esercitazioni nel poligono di tiro sino all’ esito degli accertamenti e delle analisi commissionate.
Illustri Autorità, queste proposte sono fattibilissime e, nell’ interesse di tutti, spero vivamente che vengano accolte, anche per evitare che la proposta Rotundo di dismettere il poligono militare ed i successivi interventi del Consigliere Regionale Buccoliero e del sen. Ruggeri portino fuori binario la discussione.(3)
Di riqualificazione della fascia costiera, sviluppo turistico, dismissioni e di quant’ altro se ne può discutere soltanto dopo aver acquisito precise garanzie e l’ assoluta certezza sull’ inesistenza di inquinamento e contaminazione di uomini, animali e territori.
Alle Autorità il compito di intraprendere ogni iniziativa atta a garantire la nostra salute e la salubrità dell’ ambiente, entrambe già pesantemente “attaccate” dai veleni dell’ Ilva, dai fumi di Cerano e altre realtà minori, ai Salentini quello di far sentire loro “il fiato sul collo” e di tenere alta la guardia chiedendo costantemente conto del loro operato.

Lecce, 10 dicembre 2008 Mario De Cristofaro



SVEGLIA SALENTINI
AIUTATECI A DIFENDERVI
UNITEVI A SALENTO LIBERO REGIONE


(1) La prima è stata la conferenza stampa tenuta il 14 novembre 2008 dal maggiore Calcagni e dal sottoscritto nell’ accogliente trattoria tipica leccese “Frati de Diu” sita in via D’ Annunzio.
Tra i presenti, poche (ma buone) testate giornalistiche, la Vedova DI RAIMONDO che ringrazio ora per allora di cuore, il prof. Franco Candido animatore del comitato Acqua Rossa di Melendugno ed i rappresentanti di vari altri gruppi e movimenti spontanei operanti nel Salento.
(2) Per Sindrome dei Balcani s’ intende l’ insieme delle patologie contratte dai soldati italiani inviati in missioni di pace internazionali e anche da militari mai andati all’estero o civili residenti in zone adiacenti i poligoni di tiro e basi militari in genere.
(3) Chiedo scusa anticipatamente per l’ eventuale, possibile, sebbene assolutamente involontaria, omissione di altri Salentini intervenuti sul tema.

domenica 28 dicembre 2008

Accame, ancora un militare morto e sei ammalati

Un maresciallo dell'Aeronautica militare, Paolo Cariello, di Taranto, in servizio a Gioia del Colle (Bari), ''morto due anni fa, ma di cui solo oggi si apprende il decesso'', due carabinieri malati in Sardegna, nelle province di Sassari e Nuoro, un maresciallo di Marina malato di linfoma a Venezia e due militari veronesi ammalatisi dopo aver recuperato armi nel mare di Chioggia: sono gli ultimi casi del 2008 attribuibili a malattie provocate dall'uranio impoverito, secondo il presidente dell'associazione nazionale di assistenza vittime delle Forze Armate (Anavafaf), Falco Accame.

Del tutto incerto - sostiene Accame in una nota - resta il numero dei morti, che oscilla tra 80 e 160, e dei malati che sarebbero tra i 300 e i 2.500. ''Finalmente - conclude - la polizia giudiziaria ha inviato all'Istituto superiore della sanita' a Roma i dati ricavati dalle indagini compiute nei distretti circa i possibili casi di contaminazione, ma nulla piu' si sa circa l'esito di queste informazioni''.

sabato 27 settembre 2008

Ancora due morti. Nel silenzio

Due militari sono morti negli ultimi giorni per malattie legate a presunte esposizioni all'uranio impoverito. I due decessi sono quelli di un giovane di 26 anni, A.O., avvenuto all'ospedale di Udine, e di un colonnello medico, A.L., di 53 anni, morto a Padova.

Il Pd chiede a La Russa di indennizzare le vittime

Riconoscere la causa di servizio e gli indennizzi ai militari colpiti da malattie legate all'esposizione all'uranio impoverito in tutti quei casi in cui l'amministrazione militare non sia in grado di escludere un nesso di causalita' tra gli agenti patogeni e la patologia. E' quanto chiedono al ministro della Difesa Ingazio La Russa i senatori del Pd Carlo Pegorer, Pier Luig Scanu, Mario Gasbarri, Felice Casson, Mauro Del Vecchio e Silvana Amati con un'interrogazione parlamentare.

"Continuano a verificarsi toccanti vicende umane legate a patologie contratte a causa di agenti patogeni anche legati all'esposizione all'
uranio impoverito alle quali occorre dare costante attenzione e assicurare una doverosa ricerca della verita'", scrivono i senatori nell'interrogazione: "Nella relazione finale dei lavori della Commissione d'inchiesta istituita al Senato nella passata legislatura su questi casi, viene rilevata l'impossibilita' a stabilire, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, un nesso diretto di causa-effetto tra le patologie oggetto dell'inchiesta e i singoli fattori di rischio individuati nel corso delle indagini, con particolare riferimento agli effetti dell' uranio impoverito".

La Commissione ha ritenuto tuttavia, "vista l'obiettiva sussistenza di fenomeni morbosi legati in tutto o in parte ai contesti fortemente degradati ed inquinati dei teatri operativi in cui ha operato il personale militare", che il verificarsi dell'evento costituisca di per se' elemento sufficiente (criterio di probabilita') a determinare il diritto per le vittime delle patologie e per i loro familiari al ricorso agli strumenti indennitari previsti dalla legislazione vigente, in tutti quei casi in cui l'amministrazione militare non sia in grado di escludere un nesso di causalita'.

La Commissione ha riscontrato, inoltre, difficolta' ad acquisire dati certi riguardo alle vaccinazioni e alle profilassi a cui sono stati sottoposti precedentemente i militari colpiti da tali patologie, difficolta' legate soprattutto ai percorsi clinici individuali. Alla luce di tutto questo, concludono i senatori del Pd, "chiediamo di sapere se siano emersi elementi di novita' dal lavoro del Comitato e quale sia il giudizio del Ministro riguardo il riconoscimento, per il personale che ha contratto malattie legate all'esposizione da
uranio impoverito, della causa di servizio e della speciale elargizione in tutti quei casi in cui l'amministrazione militare non sia in grado di escludere un nesso di causalita' e se intenda predisporre atti legislativi in merito".

martedì 29 luglio 2008

CASSON: RIPRISTINARE SUBITO COMMISSIONE D'INCHIESTA URANIO

Abbiamo un dovere nei confronti delle famiglie delle vittime

"Venga istituita anche in questa legislatura la Commissione d'inchiesta sui casi di morte e gravi malattie per uranio impoverito". A chiederlo è il senatore Felice Casson, capogruppo Pd in commissione Giustizia, che ha presentato un disegno di legge affinchè continui il lavoro iniziato dal Parlamento nel corso delle passate legislature. "

Credo che sia un dovere - spiega Casson - che come parlamentari abbiamo nei confronti delle vittime e dei loro familiari, di coloro che sono rimasti colpiti da diverse patologie dovute all'esposizione. Dalle conclusioni delle Commissioni che hanno lavorato nel corso della XV e XIV legislatura è infatti chiaramente emersa la necessità di approfondire le questioni legate all'utilizzo dell'uranio impoverito da parte di qualsiasi forza armata, nonché in ordine alla eventuale presenza di fattori concausali che abbiano a che fare con l'attività bellica in questione. Importanti e delicate indagini sia mediche, sia biologiche, sia epidemiologiche, devono ancora essere terminate e per questo è necessario che vi sia una commissione parlamentare che le possa acquisire e monitorare".

"Gli ulteriori casi di malattie e di morti - conclude il senatore del Pd - sia militari che civili, di ritorno dalle missioni non solo in Somalia e nei Balcani, ma anche negli altri scenari bellici che hanno interessato l'Italia fin dall'inizio degli anni novanta, impongono di procedere celermente. La malattia e le sofferenze che hanno colpito nostri incolpevoli concittadini e le loro pressanti richieste di verità e di giustizia non possono non essere accolte proprio dall'organismo istituzionale che maggiormente li rappresenta. E' un dovere che abbiamo nei confronti di tutte le vittime, sia militari che civili, e nei confronti dei loro familiari".

giovedì 10 luglio 2008

Ancora un morto sospetto in Calabria

Vi contatto per mettervi a conoscenza della morte di un altro militare italiano. Domenico Currao di Vibo Valentia, primo caporalmaggiore dell'esercito, paracadutista della Folgore, in servizio a Pistoia, è venuto a mancare ai suoi cari lunedi 7 luglio 2008 all'età di 24 anni. Causa della morte un male incurabile. Noi parenti sosteniamo che la malattia sia dovuta all'uranio impoverito.


La cugina Sabrina Garrì


"UNO SGUARDO AL CIELO E UN SORRISO PRIMA DI MORIRE"

'Le autorita' militari ci sono state vicine'. E' quanto ha detto Tonio Currao, padre di Domenico, il paracadutista della Folgore di Vibo Valentia morto il 7 luglio. 'Abbiamo chiesto - ha aggiunto - il riconoscimento della causa di servizio ed ora attendiamo che l'iter faccia il suo corso. In verita', pero', lo Stato ci e' sempre stato vicino fornendoci tutto il supporto necessario. I medici che avevano in cura mio figlio ci dissero che anche loro si meravigliavano dell'aggressivita' della malattia e che in passato non avevano mai visto nulla del genere'.

Gurrao ha poi ricordato gli ultimi momenti di vita di suo figlio dicendo che 'mezz'ora prima di morire Domenico mi ha chiesto di uscire dall'ospedale. L'ho accompagnato fuori dall'ospedale militare del Celio ed in quella occasione lui continuava a guardare il cielo ed a sorridere'.
'Poi siamo rientrati nell'ospedale - ha concluso - lui si e' appoggiato con il mento sulle mie mani e, mentre continuava a guardare il cielo attraverso la finestra, ha chiuso gli occhi ed e' morto'.

Il militare ha partecipato ad una missione in Kosovo nel 2003, nel Sudan (2005) ed il Libano (2007). Il giovane, secondo quanto si e' appreso dai suoi familiari, si e' ammalato nel giugno del 2007 mentre era in missione in Libano. Currao, che era affetto da un tumore alle ossa, dopo i primi sintomi fu trasferito nell'ospedale militare del Celio a Roma dove poi e' deceduto.

DOMENICO PRESENTE!

lunedì 23 giugno 2008

URANIO: LACCETTI (CRI), LA RUSSA SI OCCUPI DEI MILITARI MALATI

Emerico Maria Laccetti, ufficiale del Corpo Militare della Croce Rossa italiana, chiede al ministro della Difesa Ignazio La Russa, in un'intervista al Tg7 di 7 Gold, di occuparsi dei militari colpiti dall'uranio impoverito nel corso delle missioni nei Balcani e che ancora oggi lottano contro il cancro. 'Io credo -sottolinea- che al di la' delle responsabilita' servano provvedimenti per aiutare queste persone che vivono in gravi condizioni. Non parlo di me che grazie a Dio ho ripreso servizio (e insieme a me anche qualche altro collega) ma c'e' gente che sta veramente male, che sta soffrendo e che vive di stenti'.

'Persone e famiglie che oltre alla durezza della malattia per potere andare avanti devono fare le cose piu' umili. Penso anche -prosegue Laccetti- alle vedove che devono farcela con una pensione misera. Credo che il nuovo Ministro della Difesa debba prendere il coraggio a due mani, affrontare seriamente questa problematica al di la' delle responsabilita', che verranno accertate se sara' il caso di ricercarle'.

L'ufficiale, protagonista di importanti missioni umanitarie alla guida dei reparti della Croce Rossa, ha raccontato recentemente nel libro 'Due Guerre' edito da Memori la propria lotta contro il cancro da uranio impoverito. Laccetti si ammalo' al ritorno dalla missione nei Balcani nel 1999.

venerdì 20 giugno 2008

IRAQ: ALLARME PER AUMENTO TUMORI SENO TRA RAGAZZE BASSORA

Un allarme per un aumento dei casi di cancro al seno tra le adolescenti e le giovani donne di Bassora e' stato lanciato da una specialista dell'Ospedale di maternita' e infanzia, la dottoressa Jinan al Sabbagh, che ha chiesto indagini alle autorita' per accertare se sia collegato all'esposizione alle munizioni con uranio impoverito usate nelle guerre degli anni scorsi nell'area.

C'e' stato un improvviso incremento senza precedenti nei tumori al seno tra le donne giovani e di mezza eta', ha affermato la dottoressa Sabbagh, che ha sovvertito i dati del passato, quando venivano trattate quasi esclusivamente donne di eta' avanzata (55-80 anni), colpite dalla malattia a causa dei processi di invecchiamento dell'organismo, sia a Bassora che nel resto dell'Iraq. 'Di recente si sono avuti casi in donne di meno di 20 anni - ha riferito la specialista - spesso non sposate'.

Dal 2003 il numero di donne affette da cancro e' salito costantemente. Nel 2007 sono stati registrati 262 casi, 14 dei quali per ragazze al di sotto dei 14 anni. Una squadra di specialisti ha lavorato negli ultimi tre anni sull'argomento e adesso sta raccogliendo dati nell'intera regione di Bassora per individuare le cause dell'improvviso incremento del numero di tumori.

giovedì 12 giugno 2008

NUOVO POSSIBILE CASO DI MILITARE CONTAMINATO

Si chiama G. F. ed è un sottufficiale della Marina Militare in servizio da 19 anni in Italia e all’Estero, l’ultimo caso di possibile contaminazione da uranio impoverito.

Al militare quest'inverno, dopo aver fatto una tiroidectomia totale, hanno diagnosticato un linfoma di hodgkin a prevalenza linfocitaria. Adesso ha finito il secondo ciclo di chemioterapia ed attende l'esito della Pet per vedere se la terapia fà effetto.

L’uomo ha partecipato in passato a diverse operazioni nei Balcani dove può essere entrato in contatto con la sostanza in questione, ma sospetta anche che i “cocktail di vaccini”, fatti nelle varie missioni, abbiano indebolito il suo sistema immunitario. Adesso, a metà del suo decorso, in attesa di intraprendere le pratiche per il riconoscimento della causa di servizio, spera solo di poter guarire presto.

venerdì 30 maggio 2008

SINDROME BALCANI; UIL PUGLIA, NO AD ARCHIVIAZIONE INCHIESTA BARI

E' 'fortemente criticabile' l'atto suppletivo d'indagine svolto dalla procura di Bari, a seguito del quale, la pubblica accusa ha nuovamente chiesto al gip di archiviare l'inchiesta su militari italiani in missione in Bosnia e Kosovo durante la guerra nei Balcani (1993-1999), e che si sono ammalati e, in alcuni casi, morti dopo essere stati esposti alle radiazioni dell'uranio impoverito.

Lo sostengono la Uil Puglia e la Ital Uil opponendosi all'archiviazione. I sindacati criticano la 'richiesta di chiarimenti' che la procura ha ottenuto dal ministero della Difesa sulle misure di prevenzione che furono adottate per proteggere i militari italiani dalle radiazioni. Secondo i sindacati, chiedere l'archiviazione in base alla risposta fornita della Difesa e' come accogliere tesi che 'sarebbero facilmente respinte in qualunque altro procedimento relativo ad infortuni sul lavoro'.

Per questo la Uil e la Ital Uil chiedono al gip di respingere la richiesta di archiviazione e di ordinare al pm Ciro Angelillis di indagare i ministri della Difesa e i capi di stato maggiore della Difesa italiani in carica dal 1993 al 2001 per colpa nella morte dei militari Andrea Antonaci, Corrado Di Giacobbe e Alberto Di Raimondo.

giovedì 29 maggio 2008

ALTRI TRE CASI DI AMMALATI IN SARDEGNA. RICOSTITUIRE AL PIU’ PRESTO LA COMMISSIONE D'INCHIESTA

Altri tre casi di malati in Sardegna. Tre carabinieri, due in provincia di Sassari e uno in provincia di Nuoro. Ovviamente per motivi di privacy non si fanno i nomi che comunque si inviano in busta chiusa al Presidente del Consiglio affinchè possano essere svolte le azioni di verifica conseguenti. E’ motivo di preoccupazione che tutti i casi di cui si è venuti a conoscenza sono dovuti a un passa parola, mentre ovviamente la grande maggioranza di questi casi (almeno per quanto riguarda i militari) deve risultare ai Comandi militari (malati messi nella “forza assente”) alle infermerie e ospedali militari ai quali sono ricorsi per assistenza medica.

Una cappa di segreto copre l’intera vicenda. Ne deriva una enorme incertezza circa la entità dei malati. Infatti, in pochi anni si è passati dai 28 casi della Commissione Mandelli, a circa 2.000, trascurando peraltro i casi verificatisi nella Guerra del Golfo (1991), in Somalia (1993), nei poligoni e depositi in Italia. In simili condizioni qualsiasi valutazione statistica è priva di significato. E’ da segnalare che nella scorsa legislatura, la Commissione di Inchiesta del Senato ha chiesto alla Polizia Giudiziaria di indagare sui casi che risultano nei Distretti, una operazione comunque che richiede tempi lunghi, ma di cui, ad oggi, non sono stati resi noti neppure i risultati parziali.

E’ perciò necessario che al più presto venga ripresa questa verifica ricostituendo la Commissione Parlamentare, possibilmente in forma bi-laterale. Da notare in particolare che nulla è stato fatto finora per quanto riguarda i casi di malattia e morte di civili, quasi che la questione dell’uranio riguardi solo i militari, mentre all’opposto, riguarda principalmente i civili che hanno subito un impatto di gran lunga maggiore.

Falco Accame

Presidente ANAVAFAF

sabato 24 maggio 2008

Nuovo caso di possibile contaminazione a Napoli

E' un civile, assistente tecnico di 55 anni, operante nel "Polo di mantenimento pesante sud" di Nola, un' area industriale del Ministero della Difesa, in provincia di Napoli, l'ultimo caso di possibile contaminazione a causa dell'uranio impoverito.

L'uomo combatte contro la "Malattia di Basedow", una forma di ipertiroidismo, diagnosticata in seguito a tre missioni in Bosnia e Kosovo, dal 1999 al 2001. In questi teatri, l'uomo che è di Scisciano, in provincia di Napoli, ha operato in qualità di collaudatore di mezzi corazzati ed è ora in attesa del riconoscimento della causa di servizio per la malattia contratta.

Ma non solo, nello stabilimento dove tuttora l'uomo lavora vengono riparati veicoli corazzati provenienti dai diversi teatri di guerra, e alcune segnalazioni ci dicono che le polveri contenute nei filtridei motori e dei sistemi NBC (Nucleari, Batteriologici,Chimici) non vengono trattate e sono quindi a contatto con i lavoratori. Nelle stesse condizioni dell'uomo ci sono infatti altre persone. (Francesco Palese)

venerdì 16 maggio 2008

URANIO: 200.000 EURO DI SPECIALE ELARGIZIONE AI PARENTI DELLE VITTIME

Finalmente dopo anni di proteste un implicito riconoscimento per la mancata protezione dei nostri militari che per lunghi anni hanno sono stati impiegati all’estero e in Italia senza misure di protezione. La speciale elargizione è stata concepita già nel 1977 (Proposta di Legge 11 febbraio 77) allora fissata in 50 milioni di vecchie lire (attualmente 25.000) e in seguito sancita con la Legge 308/81. Ma mai adeguata in relazione al deprezzamento della moneta.

Solo nel caso delle vittime di Nassiriya colpite dalla esplosione di una autobomba, la speciale elargizione è stata portata con una speciale “leggina” a 200.000 euro. Ora finalmente la speciale elargizione viene portata per tutte le vittime del dovere a 200.000 euro, ad esempio nei casi della morte di Valery Melis e Fabio Porru, in Sardegna, era stato applicato, anziché la Legge 308/81, il Decreto Presidenziale 243/2007 per cui ai genitori di detti militari era stata concessa una pensione di 258 euro al mese (che aveva destato un forte risentimento).

Ora si tratta di conoscere gli elenchi delle vittime. Su tali elenchi regna però la massima incertezza. L’Anavafaf in un elenco di vittime, a partire dalla guerra del Golfo del 91, poi della Somalia, poi della Bosnia/Kossovo, dei poligoni e depositi, ha enumerato 50 casi di decesso e ha reso noti i nomi su Internet. Ma la cifra è certamente inferiore alla realtà. Recentemente il Ministro della Difesa ha parlato di 77 casi di morte ma secondo altre fonti sarebbero all’incirca 150, mentre il numero dei malati oscilla tra alcune centinaia e circa 2000.

Da tener presente però che la speciale elargizione prevista dalla Legge 308/81 deve valere per tutte le vittime del dovere, vuoi coloro che hann subito una contaminazione da uranio impoverito vuoi coloro che sono stati colpiti da un’autobomba, vuoi coloro che hanno subito uno scontro a fuoco con la criminalità vuoi coloro che sono stati vittime di un ribaltamento di un mezzo blindato o di un carro armato. Guai se introduciamo singole categorie più o meno privilegiate e vittime del dovere di serie A, B, C, o Z.

Assistenza legale vittime
STUDIO LEGALE
Bruno Ciarmoli
Per informazioni:
080/52.47.542

FORSE AL PM DI BARI NON E’ STATO DETTO TUTTO

Che non si possa provare per i tumori il nesso di CERTEZZA tra uranio e tumori, è cosa risaputa da sempre, ma è altrettanto noto, almeno da quando sono morti entrambi i coniugi Curie, che non si può escludere il nesso tra uranio e tumori. E se non lo si può escludere deve essere applicato il principio di precauzione.

Circa i pericoli dell’uranio impoverito e le norme da adottare, anche nel maneggio a freddo (come è stato il caso delle bombe gettate in Adriatico), ce lo ha comunicato la NATO fin dal 1984. Che il pericolo ci sia ce lo hanno confermato, subito dopo la Guerra del Golfo, i casi di tumore e malformazione alla nascita verificatisi tra i reduci USA della Guerra del Golfo, Ce lo ha ricordato anche un filmato del 1995 girato dal regista D’Onofrio tra i reduci degli Stati Uniti, un film presentato anche alla Mostra di Venezia e quindi ben noto.

Il fatto che la prima “direttiva tecnico-operativa” del Ministero risalga al 1999 non può certo costituire una giustificazione per la ritardata emanazione di norme, è anzi un fatto assai grave in quanto questa direttiva viene sei anni dopo da quando, icto oculi, il nostro personale in Somalia ha visto i militari USA, con cui cooperavano (dalla data del 14 ottobre 1993), operare con tuta, guanti, maschere, anche con 40°C all’ombra, mentre i nostri operavano in calzoncini corti e canottiera.

E’ sperabile che il PM abbia indagato sul perchè queste disposizioni siano state emanate con sei anni di ritardo rispetto a quanto avevano fatto gli USA. Ma anche con ritardo rispetto alle stesse norme emanate dalla KFOR, la Forza Multilaterale nei Balcani il 22 novembre 1999.

Infatti la KFOR il 22 novembre 1999 aveva emanato le norme di protezione a firma del Col. Osvaldo Bizzari. Nelle norme si precisava che l’uranio può produrre tumori e malformazioni alla nascita. Assai preoccupante il fatto che i comandanti in Somalia non abbiano ricevuto spiegazioni dal Comando USA e così non abbiano saputo nulla neppure i Servizi di Informazione massicciamente impiegati in Somalia. Tra l’altro, dei Servizi di Informazione fanno parte i SIOS (Servizio Informazioni, Operazioni e Situazioni) di Forza Armata, che hanno come compito prioritario quello di raccogliere informazioni sulle armi impiegate.

A parte la normativa del 1984, era in vigore la normativa italiana per la radioprotezione del 1995, la legge 230 di cui occorreva tenere il debito conto. Inoltre esisteva la normativa NATO del 1996 per le basse radiazioni (e quelle dell’uranio sono, appunto, basse radiazioni!). Inoltre, nel 1995 si era tenuta a Bagnoli (Napoli) presso il Comando del Sud Mediterraneo, una conferenza riportata da tutta la stampa italiana, in cui venivano illustrati i bombardamenti effettuati nei Balcani con aerei A10 capaci di impiegare proiettili all’uranio impoverito. E’ semplicemente incomprensibile, quindi, come solo nel 1999 possano essere state emanate direttive in merito all’uranio impoverito.
Sul fatto che si doveva applicare il principio di precauzione, si è espressa, in modo inequivocabile, la Commissione di Inchiesta sull’uranio impoverito del Senato, a firma della Sen. Lidia Menapace, nella relazione finale della Commissione stessa (reperibile su Internet).

Una grave inesattezza sembra, inoltre, almeno dagli atti che si conoscono, sia stata comunicata al PM con l’affermazione he i nostri Reparti NBC hanno effettuato ogni sorta di verifica in Bosnia e Kossovo sulla presenza di uranio impoverito e con la partecipazione del CISAM, impiegando tra l’altro, sofisticatissime metodiche di laboratorio e concludendo che non vi erano rischi.

Peccato che, probabilmente, non hanno tenuto conto di quanto ha riferito il rappresentante stesso del CISAM, Dott. Di Benedetti, nella sua audizione presso la Commissione di Inchiesta del Senato (reperibile su Internet). Infatti, il Dott. Di Benedetti, si è scusato con la Commissione per il fatto che per vari motivi interni, non fu rilevata la presenza di armi all’uranio impoverito nei Balcani e ciò nonostante che fossero stati, in quell’area, lanciati oltre 40.000 proiettili (10.000 in Bosnia e 30.000 in Kossovo) secondo la NATO (ma forse anche molti di più nella realtà) e non prendendo in considerazione i missili da crociera che contengono barre da uranio impoverito da 300 Kg. (i proiettili contengono solo qualche decina di grammi di uranio impoverito). Il Dott. Di Benedetti precisò che, purtroppo, lo strumento di misura utilizzato, RA141-B, poteva esplorare fasce praticamente inesistenti (di larghezza 10 cm).Questa fu certamente una delle ragioni per cui la Difesa ritenne, erratamente, che i nostri militari non correvano alcun rischio da uranio impoverito nei Balcani.

Così è accaduto, come hanno raccontato vari reduci, che, mentre i militari USA nei Balcani lavavano ogni sera le tute, i nostri semplicemente “le spazzolavano” risollevando così la polvere di uranio che vi si era depositata. La risposta alle domande fatte dai nostri militari è stata, in genere, del tipo “gli americani lo fanno perchè sono ‘fanatici’”.

Si afferma nella documentazione di cui si è a conoscenza, inviata al PM, che gli Stati Uniti nel maggio 1999 hanno fatto sapere di aver fatto uso di armi all’uranio impoverito. Tutto ciò a prescindere dal fatto che già nel 1993, evidentemente (icto oculi) avevano adottato le misure di protezione. Comunque dal maggio 1999 al dicembre 1999 sono passati oltre sette mesi. E per dotare i nostri reparti delle misure di protezione (guanti, maschere, tute, ecc.) credo sarebbero bastate poche settimane. Infatti, anche nella deprecata ipotesi che l’Italia non sia in grado di disporre sul mercato guanti, maschere e tute, bastava chiederle agli Stati Uniti che, sicuramente, ne hanno dotazioni rilevantissime nei grandi depositi in Italia, come ad esempio, Camp Darby presso Livorno. E probabilmente sarebbe bastato inviare alcuni camion a Livorno per avere, nel giro di qualche giorno, in Bosnia e Kossovo il materiale. C’è quindi da augurarsi che siano stati fatti accertamenti sul perchè sono occorsi oltre sette mesi.

Riassumendo alcune questioni di fondo, possiamo notare che:

1) la pericolosità dell’uranio impoverito, anche per quanto riguarda il maneggio a freddo delle armi (cioè armi non esplose, in quanto non hanno urtato contro una superficie rigida, così come le bombe cadute in Atlantico) era già nota dal 1984 nelle norme inviate all’Italia dalla NATO. Peraltro, una vastissima letteratura sulla pericolosità dell’uranio impoverito è già esistita almeno dai primi anni ’90. Va tenuto presente, in merito, che i primi esperimenti sulla pericolosità dell’uranio impoverito, furono fatti in Australia addirittura negli anni ’50;
2) la stessa Commissione Mandelli nella sua III e ultima relazione, ha messo in risalto i pericoli specie per i linfomi di Hodgkin e il Prof. Mandelli, in un articolo sulla rivista ‘Epidemiologia e Prevenzione’ del 2001, ha chiaramente affermato che non si poteva escludere che l’uranio impoverito ne fosse stato causa di tali linfomi;
3) sono state fornite false e superficiali risposte a militari italiani che hanno chiesto spiegazioni anche dopo la emanazione delle norme del novembre (KFOR) e del dicembre 1999, circa il fatto che non venivano adottate norme di protezione;
4) i pericoli dell’uranio riguardano, non solo zone colpite all’estero, dove hanno operato i nostri militari (ma non dimentichiamolo, vi hanno operato anche i civili, molti dei quali si sono ammalati), ma anche zone in Italia come ad esempio i depositi di materiali dove si è accumulato, appunto, materiale tornato dall’estero e non decontaminato, come invece prevedevano le norme USA del 1984 (si tratta di vestiario, automezzi, mezzi blindati, etc.);
5) non si sa se siano stati fatti eseguire accertamenti circa questo materiale che si è venuto a trovare nei depositi italiani;
6) quanto al fatto che si manifestino dubbi sulla pericolosità dell’uranio, questa pericolosità è stata assolutamente confermata (purtroppo molto tardivamente), ad esempio, dalle norme stesse emanate dallo Stato Maggiore (e in particolare dalle disposizioni emanate dall’allora Sottocapo di Stato Maggiore Gen. Ottogalli). Secondo queste disposizioni occorreva, addirittura, conservare proiettili che erano stati reperiti sul campo in appositi armadi metallici di sicurezza dai quali, comunque, era opportuno rimanere a debita distanza.

Vi sono dunque gravi responsabilità nel non aver tempestivamente informato il personale dei pericoli (almeno dal 1993, da quando cioè abbiamo collaborato con gli USA in Somalia), e non aver tempestivamente e rigorosamente applicato le misure di protezione.

Non sembra che vi possano essere prescrizioni in merito a queste responsabilità.


Falco Accame
Presidente ANAVAFAF

martedì 13 maggio 2008

URANIO: ACCAME, ANCHE NORME RIFERITE DA PM BARI NON FURONO APPLICATE

“Anche le stesse norme cui fa riferimento il Pm di Bari Ciro Angelillis furono inapplicate in molti casi". Lo afferma Falco Accame, ex Presidente della Commissione Difesa e presidente dell’Anavafaf, un’associazione di tutela delle vittime per presunta contaminazione da uranio impoverito, commentando gli sviluppi dell’inchiesta della Procura di Bari.

“Del resto l’ ultima Relazione Mandelli – secondo Accame - indicava la necessità di verifiche e lo stesso Mandelli scrisse sulla rivista “Epidemilogia e prevenzione” che non si poteva escludere che i linfomi di Hodgkin fossero stati causati dall’uranio e quando non si può escludere un pericolo occorre adottare le norme di protezione”.

“Il principio di precauzione - secondo l’ex parlamentare - andava adottato già in Somalia nel 1993, dove nostri reparti hanno operato fianco a fianco ai reparti USA che dal 14 ottobre 1993 avevano adottato le misure di protezione (tute, guanti, maschere) anche a 40 gradi all’ombra mentre i “nostri ragazzi” operavano in calzoncini corti e canottiere.

“E’ quindi impossibile - continua - che i nostri comandi non sapessero che vi erano rischi. Del resto già nel 1984 l’Italia era stata informata dalla Nato dei rischi dell’uranio impoverito. La Nato emanò misure di protezione per basse radiazioni (come quelle dell’uranio) dal 1996, in Italia esiste dal 1995 la legge per la radio-protezione”.

“Ma non basta, Accame ricorda che “molti reduci italiani hanno affermato che neppure dopo l’emanazione delle norme di protezione da parte della Kfor nei Balcani, il 22 novembre 1999, dove si evidenziavano i pericoli di tumori e malformazioni alla nascita, queste norme sono state messe in atto”.

“Su questo - insiste Accame -vi sono dichiarazioni inviate anche alla commissione di inchiesta sull’uranio. A parte tutto questo dal maggio 1999 (data di una comunicazione ufficiale degli Usa) al dicembre 1999 sono passati sette mesi e per dotare i nostri reparti allora operanti nei Balcani sarebbero bastate un paio di settimane essendo tutti materiali disponibili nei depositi Usa”.

URANIO:PM BARI,NESSUNA COLPA. FU SEGUITA DIRETTIVA PENTAGONO

BARI, 13 MAG - Dagli atti dell'indagine sui militari italiani che furono in missione in Bosnia e Kosovo durante la guerra nei Balcani (1993-1999), e che si sono ammalati e, in alcuni casi, morti dopo essere stati esposti alle radiazioni dell'uranio impoverito, emerge 'la insussistenza di fattispecie colpose sotto il profilo della omissione della comunicazione e della precauzione' da parte del ministero della Difesa italiano.

Lo scrive il pm del tribunale di Bari Ciro Angelillis, nella richiesta di archiviazione dell'inchiesta avviata per verificare il rispetto della normativa antinfortunistica del '91.Il magistrato basa la sua conclusione sul fatto che 'il primo avvertimento sulla pericolosita' dell'uranio da parte del Pentagono e' del luglio 1999' e 'la prima direttiva del governo italiano del dicembre 1999'.

Quindi, e' il ragionamento della pubblica accusa, il governo italiano si e' adeguato alla direttiva del ministero della Difesa statunitense. Inoltre - scrive Angelillis - se 'la prima direttiva tecnico-operativa del ministero risale al dicembre 1999 (...), e' evidente che le omissioni non potevano che essere di data precedente e che trattandosi di reati contravvenzionali prescrivibili al massimo in tre anni, nella migliore ipotesi accusatoria, il reato sarebbe prescritto a partire dal novembre/dicembre 2002'.

Nell'atto il pm cita anche la missiva inviata, su richiesta della procura di Bari, dal ministero della Difesa italiano il 30 novembre 2007. Nella lettera il capo di gabinetto del ministero, gen.Biagio Abrate, allega una relazione dalla quale emerge che, 'pur esistendo fin dagli anni precedenti il 1999 una copiosa e complessa documentazione di origine Nato sui rischi Nbcr (nuclerare, batteriologico, chimico e radiologico), essa era di natura dottrinale e generica, non riferita a particolari territori, mentre l'unica comunicazione di fonte alleata sull'impiego di munizionamento all'uranio impoverito, per il Kosovo, e' stata resa dagli Stati Uniti nel maggio 1999 (il pm scrive invece luglio '99, ndr), con conseguente adozione sia da parte Nato che dell'Italia delle misure necessarie a protezione del personale impiegato in missione'.

Per quanto riguarda la Bosnia - scrive Abrate - la notizia sull'uso dell'uranio impoverito 'pervenne in data 21 dicembre 2000'. Anche in base a questa relazione, Angelillis ha ritenuto che 'non vi sia davvero spazio per ulteriori attivita' di indagine'.Prima di indagare sulle misure antinfortunistiche, Angelillis aveva chiesto l'anno scorso al gip l'archiviazione dell'indagine, nella quale vengono ipotizzati i reati di lesioni e omicidi colposi.

Il pm ritenne mancante il nesso di causalita' tra l'utilizzazione di munizioni all'uranio impoverito (da parte di Usa e Gran Bretagna) e l'insorgenza delle malattie nei militari. Il gip, nell'aprile 2007, rigetto' la richiesta di archiviazione ordinando al pm di verificare se non fossero stati violati obblighi informativi e precauzionali da parte dei responsabili del ministero della Difesa.

lunedì 12 maggio 2008

URANIO: SINDROME BALCANI; PM BARI CHIEDE NUOVA ARCHIVIAZIONE

BARI, 12 MAG - La procura di Bari ha nuovamente chiesto l'archiviazione dell'indagine sui militari italiani in missione nei Balcani ammalatisi e, in alcuni casi, morti dopo essere stati esposti alle radiazioni dell'uranio impoverito.

La richiesta di archiviazione e' firmata dal pm inquirente, Ciro Angelillis, che aveva in corso un supplemento di indagine per verificare il rispetto della normativa antinfortunistica del '91 in relazione a casi di leucemie e tumori contratti da numerosi militari italiani che hanno operato in Bosnia e Kosovo durante la guerra nei Balcani (nel periodo 1993-1999).

Prima di procedere al supplemento di indagine, Angelillis aveva chiesto al gip l'archiviazione del fascicolo nel quale vengono ipotizzati i reati di lesioni e omicidi colposi. Il pm ritenne mancante il nesso di causalita' tra l'utilizzazione di munizioni all'uranio impoverito (da parte di Usa e Gran Bretagna) e l'insorgenza delle malattie nei militari.

Alla richiesta di archiviazione si opposero i sindacati Uil e Ital Uil Puglia. Nell'aprile 2007, il giudice Chiara Civitano respinse la richiesta ordinando al pm di compiere, entro 90 giorni, nuove indagini relativamente alla verifica delle misure antinfortunistiche. Le nuove indagini compiute hanno indotto Angelillis a sostenere che anche in questa vicenda non vi sono reati contestabili.

Nella prima richiesta di archiviazione il pm Angelillis motivava la sua decisione anche in base ai risultati a cui era giunta la commissione presieduta dal prof.Franco Mandelli (l'ematologo che ha coordinato un gruppo di ricerca istituito dal ministro della Difesa) che nel 2002 'assolse' i proiettili all'uranio impoverito.Quella parte dell'inchiesta riguardava anche la presunta presenza di proiettili e bombe all'uranio impoverito in terra di Bari e nel Basso Adriatico e le eventuali conseguenze sull'ambiente.

L'indagine fu avviata negli anni scorsi dopo il deposito di un esposto firmato dall'allora deputato dei Verdi Vito Leccese, all'epoca dei fatti vicepresidente della commissione esteri alla Camera.Leccese chiese ai magistrati penali e militari di Bari (anche questi ultimi avviarono un'inchiesta conoscitiva) di compiere accertamenti sul rilascio in mare, per motivi di sicurezza, di proiettili e bombe all'uranio impoverito dagli aerei che tornavano, dopo le missioni di guerra nei Balcani, nelle basi militari pugliesi.

Aveva chiesto, inoltre, di verificare se nei due aeroporti militari di Gioia del Colle (Bari) e Amendola (Foggia) fossero stati custoditi proiettili all'uranio impoverito.Nel corso delle indagini la magistratura avrebbe stabilito che effettivamente proiettili all'uranio impoverito sarebbero stati caricati sui 22 aerei A-10 americani, decollati dalla base di Gioia del Colle, durante il conflitto in Kosovo.

mercoledì 7 maggio 2008

URANIO: PRONTO IL RICORSO ALLA CORTE DI STRASBURGO

CASSATO IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE, I DATI VANNO CONTEGGIATI DAL 1991

Roma, 6 mag. - (Adnkronos) - "Le norme di protezione che al personale italiano sono state rese note solo nel 1999, testimoniano per la loro stessa esistenza che non si puo' escludere il rischio da contaminazione da uranio impoverito". Lo afferma Falco Accame, presidente dell'Associazione Nazionale di assistemza alle vittime delle Forze Armate, annunciando un ricorso alla Corte di Strasburgo."

Il principio di precauzione stabilisce che occorre adottare misure precauzionali in tutte le situazioni in cui non si puo' escludere che vi sia un rischio. Non e' appropriato quindi ritenere che vi debba essere la certezza di un pericolo. Del resto anche il prof. Mandelli, autore della ben nota relazione, ha scritto sulla rivista 'Epidemiologia e prevenzione' che non si puo' escludere che l'uranio impoverito sia la causa dei linfomi di Hodgkin. Le norme di protezione -aggiunge Accame- dovevano essere emanate fin da quando, dopo la guerra del Golfo, ci si e' resi conto in modo indubitabile del rischio".

Il presidente dell'Anavavaf ricorda inoltre che "l'Italia peraltro era in possesso delle norme di protezione fin dal 1984, data in cui vennero trasmesse all'Italia dalla Nato. Nell'elenco di casi di morte compilato dalla Anavavaf, e reso disponibile su Internet, si possono reperire i dati anteriori al 1996 a conoscenza della stessa Anavafaf che sono ovviamente solo una piccola parte dei casi verificatisi."

lunedì 5 maggio 2008

CASSAZIONE: MORTI URANIO, NIENTE PROCESSO ALLA DIFESA

ARCHIVIATE ACCUSE A MINISTERO, NON E' PROVATO IL NESSO LEUCEMIA-BOSNIA

- ROMA, 5 MAG - Non ci sara' - almeno per ora - alcun processo ai vertici del Ministero della Difesa in relazione alla morte, a seguito di tumori, di militari italiani impegnati in missioni di pace all'estero durante le quali sarebbero entrati in contatto con l'uranio impoverito. Lo ha stabilito la Cassazione che ha confermato l'archiviazione della denuncia dei familiari di Salvatore Vacca (23 anni) - il caporalmaggiore del 151/mo Reggimento della Brigata Sassari morto nel settembre 1999 per leucemia acuta, dopo 150 giorni dal rientro dalla Bosnia - presentata alla Procura di Cagliari. Il Gip, il 26 settembre 2005, aveva archiviato il fascicolo per omicidio colposo aperto contro ignoti. Nell'ordinanza che metteva fine all'inchiesta si escludeva che ci fossero gli estremi per sostenere la responsabilita' per ''condotta colposa omissiva impropria'' dei vertici dell'Amministrazione militare. In particolare, la Cassazione - con la sentenza 17693 della Quarta sezione penale - ha dichiarato ''inammissibile'' il ricorso presentato dai parenti del caporalmaggiore di Naxis (Cagliari) contro l'archiviazione. I supremi giudici hanno infatti ritenuto corretto il provvedimento del Gip che evidenziava come ''le incertezze emerse sia sul piano fattuale che sotto il profilo epidemiologico, in ordine alla possibilita' di individuare un nesso causale prevalente ed esclusivo tra la contaminazione da uranio impoverito ed il decesso di Salvatore Vacca, impediscono di sostenere che la condotta colposa omissiva impropria dei rappresentanti di vertice dell'Amministrazione militare e del Ministero della Difesa abbia potuto avere una efficacia condizionante nella produzione della morte del militare''. Senza successo, dunque, i familiari del giovane hanno sostenuto - davanti ai magistrati di Piazza Cavour - che l'archiviazione era ''abnorme'' perche' aveva ''un contenuto assolutorio adottato da un giudice, come il Gip, che non ha alcun potere in tal senso, dovendosi solo occupare della fondatezza della notizia di reato''. Ma la Cassazione ha risposto che l'operato del Gip e' corretto perche' ''non ha fatto altro che prendere atto della impossibilita' di accertare la sussistenza dell'elemento oggettivo del reato ipotizzato dai denuncianti, sulla base delle attivita' investigative, peraltro approfondite ed agevolate dalla collaborazione dell'amministrazione militare, e confortate dai risultati delle analisi sui reperti biologici''. Ad ogni modo le indagini per la morte dei militari (quattro solo in Sardegna) - sottolinea la Suprema Corte - si possono riaprire ''in qualsiasi momento su richiesta del Pm, sollecitato anche dai familiari delle vittime''.

''Era preciso dovere dei militari adottare misure di precauzione''. Lo afferma Falco Accame, presidente dell'Anavafaf, un'associazione che assiste i familiari delle vittime arruolate nelle Forze armate, sottolineando di ''non condividere'' la decisione della Cassazione che ha di fatto escluso di poter procedere contro il ministero della Difesa per omicidio colposo in relazione ai militari morti per presunta contaminazione da uranio impoverito. ''Il principio di precauzione accettato in ambito internazionale - sottolinea Accame - afferma che bisogna adottare misure di precauzione quando c'e' il 'rischio di pericolo' e non quando c'e' 'la certezza di pericolo'. Gli Stati Uniti hanno adottato il principio di precauzione in Somalia il 14 ottobre '93. I militari Usa operavano in tuta e maschere anche a 40 gradi all'ombra mentre i nostri militari operavano in canottiera e calzoncini corti''. ''Le misure di precauzione - prosegue Accame - sono state emanate per il nostro personale solo dopo il 22 novembre 1999 dalla Kfor in Bosnia. Dunque per sei anni - conclude - il personale e' stato in stato di ignoranza del pericolo dell'uranio impoverito ben conosciuto e visibile dagli Stati Uniti. Questa e', dunque, la responsabilita' che si ravvisa''.

venerdì 25 aprile 2008

Nuovo caso sospetto in Sardegna

Il Comitato sardo 'Gettiamo le basi' denuncia un nuovo caso di malattia sospetta, per presunta contaminazione da uranio impoverito, tra la popolazione che vive attorno al poligono militare del Salto di Quirra.

Si tratta di un muratore di 47 anni affetto da un tumore al sistema emolinfatico, residente a Ballao, 'comune - sottolinea l'associazione - dove finora non si erano mai verificati casi di linfoma'.
L'uomo, attualmente in ospedale dopo diversi cicli di chemioterapia risultati inefficaci, aveva prestato il servizio di leva a Capo Teulada - ricostruisce il Comitato -, mentre dal 1990 al 1996 aveva lavorato con un'impresa edile all'interno del poligono di Quirra.

'La triste conta dei lavoratori ammalati o morti di tumore attorno al poligono sale dunque a 17 - sottolinea Mariella Cao, portavoce di 'Gettiamo le basi' -. A questi si aggiungano i 20 civili tra morti e malati residenti a Quirra, una frazione di 150 abitanti, i 17 militari colpiti da linfoma che hanno prestato servizio nel poligono e i 14 bambini nati con gravi malformazioni a Escalaplano'.

In Sardegna uranio e piombo nei capelli dei bambini

Inquinamento da uranio e piombo, i bimbi di alcune zone della Sardegna ne soffrono più di altri. In particolare quelli dell'Ogliastra, vicino al poligono interforze di Perdasdefogu, e quelli che vivono vicino al polo industriale di Portovesme. Sono i risultati di una ricerca portata avanti dall'Istituto di scienze antropologiche della facoltà di Scienze biologiche dell'università di Cagliari. Il quotidiano 'L'Unione Sarda' racconta che la ricercatrice Elisabetta Vallascas ha esposto i risultati dello studio durante un convegno che si è svolto nel Centro di Sardegna Ricerche, a Pula, in provincia di Cagliari. "Ambiente e salute tra scienza e progresso" era il tema del convegno, organizzato in collaborazione con l'associazione Me.Di.Co..

I risultati sull'uranio, scrive il giornale, sono emersi ufficiosamente. Gli universitari hanno analizzato il sangue e i capelli di gruppi di bambini della zona sospetta di contaminazione in Ogliastra e di altri studenti di Jerzu. E' emerso che i valori nei primi bambini sono superiori rispetto agli altri. Superiori e basta, non significa cioè che sia stato superato un livello di guardia o che ci sia una situazione di pericolo imminente.

Appare invece sufficientemente chiara la situazione emersa nel Sulcis, dove è ben noto il diffuso inquinamento da piombo che ha effetti negativi sulla crescita dei bambini. Nel 1998 sono state eseguite analisi sul sangue e nei capelli di 413 ragazzini delle scuole medie (tra gli 11 e i 14 anni) di Portoscusu, Sant'Antioco e Sestu. Nel 2002 gli esami hanno riguardato solo i capelli di 250 ragazzini di Carbonia, Gonnesa, San Giovanni Suergiu e Sinnai. Nel 2007 la stessa indagine è stata eseguita anche a Perdasdefogu ed Escalaplano. I risultati sono che nel Sulcis il piombo avrebbe un effetto negativo sulla crescita in rapporto a diversi livelli di concentrazione rilevati. Tutto normale invece a Sinnai, Sestu, Perdasdefogu ed Escalaplano dove la piomboemia non esiste.

La ricerca ha dimostrato le conseguenze negative dell'impatto ambientale delle industrie metallifere del Sulcis e l'affidabilità dell'esame dei capelli dei bambini fatto con il consenso dei genitori.

giovedì 27 marzo 2008

URANIO: FAMILIARI VITTIME CELEBRANO FUNERALE GIUSTIZIA IN TV

Hanno scelto lo studio televisivo dell’emittente interregionale Retesole e il programma “L’Altra Inchiesta” per celebrare, davanti ad una bara avvolta nel tricolore, il “funerale della giustizia e della verità” a distanza di poche settimane dalla chiusura dei lavori della Commissione Parlamentare di inchiesta che non ha fornito “alcuna risposta concreta”. Protagonisti dell'estrema forma di protesta, Daniela Volpi, vedova del capitano dell’Esercito Antonino Caruso, uno dei 77 militari italiani morti per possibile contaminazione da uranio, e Falco Accame, presidente dell’associazione dei familiari delle vittime Anavafaf.

Nel corso della trasmissione le note del Silenzio Militare hanno accompagnato l’elenco dei militari caduti che - ha denunciato Accame - "non hanno avuto nessun funerale di Stato e in molti casi nessun risarcimento”.

La vedova Volpi ha chiesto di poter un giorno “raccontare al figlio di 11 anni perché è morto il padre” e ha inoltre denunciato che da ben “11 anni è in attesa della risposta sul riconoscimento della causa di servizio del marito.”

Accame ha infine lamentato il fatto che la Commissione di inchiesta ha dimenticato di ascoltare molti reduci dalle missioni di guerra. Un estratto della trasmissione, che andrà in onda Giovedi alle ore 20.35, è disponibile sul sito www.laltrainchiesta.com

venerdì 14 marzo 2008

MORTO MILITARE REDUCE DAI BALCANI

Un altro militare italiano morto per presunta contaminazione da uranio impoverito. Lo rende noto Falco Accame, presidente dell´Anavafaf, un´associazione che assiste i familiari delle vittime arruolate nelle Forze armate. Vittima della Sindrome dei Balcani, afferma Accame, è questa volta un maresciallo capo originario di Eboli (Salerno), che aveva svolto missioni in Kosovo e in Albania.
La morte non sarebbe recente, ma è stata resa nota solo in questi giorni dai parenti. "Causa del decesso - sottolinea Accame - un tumore polmonare a rapidissimo sviluppo. Un caso di tumore polmonare molto simile a quello manifestatosi in altri casi e con una evoluzione così rapida che non ha ancora trovato una plausibile spiegazione".

Secondo il presidente dell´Anavafaf, "alla vedova del maresciallo è stata concessa solo la pensione di reversibilità (600 euro) e non, invece, gli indennizzi previsti dalla legge 308/81".

giovedì 13 marzo 2008

In tv "L'Altra Inchiesta" sulla vergogna Uranio

La vergognosa e interminabile storia dell’uranio impoverito e delle sue presunte vittime. La grande delusione per i risultati della seconda commissione di inchiesta, che non è stata in grado di fornire nessuna risposta, non avendo ascoltato la testimonianza di un solo reduce di guerra. Lo sfogo dei familiari delle vittime, ancora una volta umiliati. L’indifferenza e la censura dei grandi media sull’argomento.

Se ne parlerà nel programma televisivo “L’Altra Inchiesta” curato e condotto da Francesco Palese, giovedì 27 Marzo a partire dalle ore 20.35, sull’emittente interregionale RETESOLE.

Tra gli ospiti in studio Falco Accame, ex presidente della Commissione Difesa della Camera e principale esperto della materia in Italia.


>>> VAI AL SITO DE "L'ALTRA INCHIESTA"


INFORMAZIONI

Potete inviare le vostre domande e segnalazioni all'indirizzo: f.palese@retesole.it

COMMENTI ALLA RELAZIONE DELLA COMMISSIONE URANIO

La Commissione d’Inchiesta del Senato aveva, tra i suoi compiti, quello di “indagare sui casi di morte e malattia che hanno colpito personale italiano impiegato nelle missioni all’estero, nei poligoni di tiro e nei siti in cui vengono stoccati munizionamenti, nonchè le popolazioni civili nel teatro di conflitto e nelle zone adiacenti le basi militari sul territorio nazionale”.

La relazione della Commissione non dà, però, sufficienti risposte a vari problemi, alcuni dei quali erano stati individuati nelle conclusioni della precedente Commissione Senatoriale di Inchiesta sull’uranio impoverito. In particolare, viene riportata la tesi formulata dal Ministro della Difesa nella sua audizione, secondo cui, in base a valutazioni statistiche non meglio precisate, risulterebbe che su 100.000 casi di infermità riscontrate, quelle relative all’ambito della società civile sarebbero 754, mentre quelle relative all’ambito dei militari impiegati sarebbero 380, dal che si dovrebbe dedurre che l’esposizione all’uranio non solo non è pericolosa, ma è salutare. Si tratta di una tesi che, peraltro, poi viene contraddetta nella stessa relazione, quando si afferma che l’uranio è “sicuramente genotossico”.

Nelle conclusioni della relazione non si muove alcuna critica rispetto a quanto accaduto in passato, né vi è alcun cenno alle responsabilità che vi sono state, anche se il Sen. Felice Casson, nella sua audizione del 9 ottobre 2007, ha affermato: “in ordine alle pesanti patologie tumorali anche letali che hanno colpito i cittadini militari italiani, esistono responsabilità molto pesanti dell’Amministrazione dello Stato”.

E neppure vi è alcuna parola di rincrescimento per quanto accaduto che poteva, in larghissima misura, essere evitato, se il nostro personale militare e civile, per almeno 6 anni, non fosse stato lasciato all’oscuro delle misure di protezione da adottare. Tali misure erano note all’Italia almeno dal 1984 e vennero applicate da parte degli USA durante l’operazione Restore Hope in Somalia (operazione a cui hanno partecipato anche reparti italiani) fin dal 14 ottobre 1993. La NATO emanò, nell’agosto 1996, le disposizioni di sicurezza per le basse radiazioni. Le istituzioni avrebbero dovuto chiedere scusa alle vittime, chiamate ad affrontare un pericolo che non conoscevano anche se conosciuto da altri.

Peraltro, una parola di solidarietà umana al personale colpito è stata espressa dalla Sen. Franca Rame. Per il resto le vittime sono state considerate solo nella veste di semplici cifre da utilizzare nei calcoli statistici.

Nella conclusione della relazione non vi sono critiche circa le inadempienze che si sono verificate. Vengono formulati, per il futuro, solo auspici e raccomandazioni. Purtroppo si sa che questi, in Parlamento, valgono poco più di lettere a Babbo Natale o alla Befana.

Alcune delle domande che non hanno trovato risposta circa le inadempienze, sono le seguenti.

1) Protezione del personale e principio di precauzione

Perchè per oltre sei anni, e precisamente dall’ottobre 1993 al novembre 1999, non sono state rese note, nè ai militari nè ai nostri civili, le norme di protezione, mandando quindi ad operare allo sbaraglio tutto il personale.

Anche in tempi recentissimi, nonostante si sia sviluppato un ampio dibattito sulle esigenze di adottare le misure di protezione, la domanda è: Perchè in Libano, che viene considerato una delle aree in cui vi è possibilità di esposizione a rischio, dato che il personale ivi inviato in missione viene incluso nell’ambito dei 56.000 militari inviati in zone esposte, non è stato dotato di misure di protezione. A suo tempo venne affermato che in Libano non esistevano rischi. Ma se così è il personale che vi si è recato non poteva essere incluso nel totale dei 56.000 in missione (dato che questi 56.000, come sopra indicato, ora vengono considerati a rischio). Delle due l’una: se il Libano è da considerarsi area a rischio, avrebbero dovuto essere state impartite misure di protezione prima dell’invio dei reparti; se invece il Libano non è considerato area a rischio, coloro che vi sono stati inviati non possono essere inclusi nei 56.000 considerati a rischio.

2) Localizzazione delle armi all’uranio in Bosnia

Perchè vennero impiegate in Bosnia apparecchiature di localizzazione affidate alle nostre squadre NBC, la cui portata esplorativa era di 10 centimetri, e cioè praticamente inesistente. Ciò che portò il Ministero Difesa (il titolare era allora l’On. Sergio Mattarella), ad affermare che non vi era stato impiego di armi all’uranio in Bosnia. Risultò che invece vi erano stati gettati più di 10.000 proiettili.

3) Effettuazione del monitoraggio

Perchè non è stato effettuato il monitoraggio, per almeno cinque anni sul personale che aveva operato in zone a rischio, e ciò nonostante che tale monitoraggio fosse stato richiesto specificamente nelle conclusioni della III Relazione della Commissione Mandelli. Infatti, era stato riconosciuto come assolutamente necessario, per poter acquisire una adeguata conoscenza del fenomeno, tenuto conto del variabile tempo di latenza dei tumori.

Non basta, infatti, considerare le malattie che si sono sviluppate fino al momento in cui viene effettuato il conteggio, bisogna tener presente la possibilità che le malattie si manifestino anche in tempi successivi. Non si può, dunque, basarsi su dati valutati come attendibili senza tener conto dei risultati del monitoraggio.

E perchè, inoltre, non sono state esaminate le cause del fallimento dell’accordo Stato-Regioni, ed individuare disposizioni da adottare per rendere efficace questo accordo.

4) Non attuazione di sperimentazioni

Perchè non è stata sentita l’esigenza di eseguire sperimentazioni sugli effetti delle armi all’uranio, dato che (dai tempi di Galileo), si conosce l’importanza che le sperimentazioni hanno nella ricerca. Tra l’altro, è stato segnalato dall’ANAVAFAF alla Commissione, che scienziati si sono offerti ad eseguire, anche gratuitamente, sperimentazioni in laboratorio circa gli effetti dei proiettili all’uranio. Da notare che le sperimentazioni possono essere particolarmente utili in una situazione come quella data in cui non ci si può fidare dei calcoli statistici, per via della enorme incertezza dei numeri su cui basarsi. Infatti, nel giro di cinque anni si è passati dai 44 casi di possibile contaminazione, presi in considerazione nella III Relazione della Commissione Mandelli ai 1.991 casi ipotizzati dal GOI, il Gruppo Operativo Interforze della Sanità Militare (vedi audizione presso la Commissione Uranio Impoverito del Senato in data 4 ottobre 2007).

5) Non attuazione dello studio SIGNUM

Perchè non sono stati appurati i motivi per cui lo studio SIGNUM, uno studio che aveva promesso risultati addirittura di importanza mondiale e per il quale il Parlamento ha stanziato una cifra elevatissima (di 1.175.000 euro per il 2004), non è stato reso disponibile alla Commissione e perchè non si sono accertate le responsabilità di questa mancata ultimazione dello studio nei tempi previsti.

6) Mancato confronto dei rischi relativi alle armi all’uranio con i rischi da nanoparticelle di armi convenzionali

Perchè, nel caso sia accetti l’ipotesi che le nanoparticelle di proiettili convenzionali vengano considerate (in base a quanto stabilito dal mandato senatoriale assegnato alla Commissione) come possibile causa di patologie, non precisando quale differenza di rischio vi è tra quello causato da queste stesse nanoparticelle e il rischio causato dalle nanoparticelle provocate dalle armi all’uranio. Se si accetta che si debba considerare lo stesso grado di rischio sia per le armi convenzionali, sia per le armi all’uranio, non dovrebbero esservi nemmeno differenze di pericolosità tra le nanoparticelle di materiale radioattivo (uranio impoverito) e le particelle di materiale convenzionale (tungsteno).

Ma se includiamo anche queste ultime tra il materiale da considerarsi a rischio, il campo da prendere in esame, come sopraccennato, si allarga enormemente.

In proposito, occorre chiarire che il numero dei casi di possibile contaminazione, se si accetta il fatto che anche le armi convenzionali (e le loro nanoparticelle), possano essere causa di contaminazione, che allora, ad esempio nei poligoni, e quindi “in Italia”, “in area”, dove c’è una enorme concentrazione di fuoco (determinato, ovviamente in grande preponderanza dalle armi convenzionali) deve essere attribuito un elevato pericolo. E invece tale pericolo finora è stato considerato addirittura nullo dalle autorità della Difesa, in base alla valutazione che nei poligoni non sarebbero state usate armi all’uranio. Aumenta così anche in modo rilevantissimo l’incidenza dei poligoni, quindi l’incidenza in Italia, cioè nelle operazioni “in area”, del numero dei casi di possibile contaminazione.

Tutto ciò, ovviamente, è in totale contrasto con quanto viene affermato e cioè che devono prendersi in considerazione solo le operazioni fuori area, cioè quelle effettuate all’estero.

Ne deriva, in sostanza, sempre nel caso si accetti il principio secondo cui il pericolo deriva anche dalle nanoparticelle delle armi convenzionali, la conclusione che i maggiori rischi da considerare dovrebbero essere quelli che si presentano in Italia legati alle nanoparticelle delle armi convenzionali (quindi legati alle operazioni in area), mentre finora la preoccupazione è stata solo per i pericoli inerenti alle 56.000 persone in missione fuori area, cioè all’estero.

Dunque, se si ammette che vi è rischio anche per le armi convenzionali, è tutto da rivedere quello che è stato affermato in precedenza. Occorrono, dunque, dei precisi chiarimenti preliminari su questa fondamentale questione riguardante chi deve considerarsi personale a rischio, stabilendo prima di tutto se si debbano prendere in considerazione solo le armi all’uranio impoverito, oppure anche le armi convenzionali.

7) Data di inizio dei conteggi

Perchè i conteggi relativi al personale possibilmente contaminato sono stati fatti iniziare dal 1996, dando luogo cioè ad un assoluto falso dato che, così, venivano tralasciati tutti i casi verificatisi: a) nel 1991 durante la guerra del Golfo (dove il quantitativo di armi all’uranio impiegato è stato 100 volte superiore a quello impiegato nei Balcani); b) nel 1991 durante la Operazione Restore Hope in Somalia; c) durante le operazioni in Bosnia nel 1995; d) nei poligoni di tiro e nei depositi e nel recupero di armi all’uranio gettate in mare dagli aerei prima del ritorno alla base (il primo caso sospetto, nei poligoni, è del 1977).

8) Esclusione dai conteggi dei civili italiani e stranieri

Perchè non si è conteggiato il personale civile che ha operato in zone contaminate (si è conteggiato, infatti, solo il personale militare). Occorre tener conto che all’estero è stato inviato personale, ad esempio dipendente dalla Presidenza del Consiglio, come pure personale alla dipendenza di vari Ministeri.

In proposito, occorre tener presente che nel mandato affidato dal Senato alla Commissione si cita esplicitamente la necessità di indagare anche sul personale civile, includendo tra il personale sia i civili italiani che si sono trovati in luoghi esposti a possibile contaminazione, sia i civili stranieri nelle zone che sono state bombardate.

9) Esclusione dai conteggi del personale militare in congedo

Perchè non è stato conteggiato il personale militare che si è ammalato (ed eventualmente anche deceduto) per possibile contaminazione da uranio impoverito, dopo aver lasciato il servizio. E non si è cercato di stabilire un canale di comunicazione con il personale in congedo (ad esempio attraverso le associazioni d’armi), al fine di venire a conoscenza di tali situazioni.

10) Equiparazione tra numero delle missioni e numero delle esposizioni

Perchè si conteggia il numero di 56.000 missioni, come equivalente al numero delle persone esposte, mentre tra le persone esposte c’è chi ha eseguito numerose missioni (ad esempio c’è chi ne ha eseguite 48 come il T. Colonnello della Croce Rossa E. Laccetti) commettendo così un enorme errore di valutazione dato che si considera il numero delle persone esposte uguale a quello delle persone in missione.

Inoltre non si può confondere neppure il numero delle persone esposte che hanno operato senza adottare misure di protezione, con il numero delle persone che hanno operato adottando misure di protezione.

E infine delle persone inviate in missione, solo una piccola parte si sono trovate in luoghi colpiti da armi all’uranio impoverito, mentre una larga parte è stata impiegata per incarichi in luoghi in cui non vi era pericolo di contaminazione (ad esempio, alti comandi, centrali di comunicazione, magazzini logistici, uffici di ragioneria, ecc.).

11) Conteggio dei casi di malattie e decessi relativi al personale civile presente in Italia in zone possibilmente contaminate da uranio (e anche da nanoparticelle)

Perchè non è stata fornita alcuna risposta alla questione dei casi verificatisi per il personale civile che si è trovato in Italia, in particolare nei poligoni o in vicinanza dei poligoni.

E ciò sia nei riguardi dei proiettili e munizionamento all’uranio, ma anche dei proiettili e munizionamento convenzionale, se si accetta ciò che è stato scritto nel mandato della Commissione, secondo cui i pericoli di malattia dipendono anche dalle nanoparticelle (le quali possono essere generate da armi convenzionali).

Va peraltro tenuto presente che, se la causa dei tumori e delle altre patologie può essere attribuita anche a nanoparticelle di metalli convenzionali, come il tungsteno, il quadro che finora è stato adottato (che ha preso in considerazione solo le armi all’uranio impoverito) è insufficiente. Ma su tale questione, di estrema rilevanza per le conseguenze che ha, devono essere interessati i maggiori organi italiani della ricerca, come il CNR.

12) Mancata acquisizione dei dati sui bombardamenti effettuati da aerei dislocati in basi italiane

Perchè non sono stati considerati, per stabilire quali sono le località da considerarsi a rischio, i dati ricavabili dai rapporti di operazione degli aerei che hanno eseguito i bombardamenti (ad esempio la ex Jugoslavia). Una larga parte di questi aerei è partito dalla base di Aviano e nei loro “rapporti di volo” sulle missioni effettuate hanno riferito quante armi (e dove) hanno gettato. Ciò, infatti, deve risultare dai suddetti rapporti. Dato che la base di Aviano è al comando di un Colonnello dell’Aeronautica Militare, e il comandante della base è certamente al corrente delle missioni effettuate dagli aerei dislocati nella base e delle armi che hanno utilizzato. Ed è possibile conoscere quanti proiettili sono stati lanciati e dove. Il discorso predetto vale, ovviamente, non solo per la base di Aviano.

13) Discordanza nei dati relativi al numero delle vittime

Perchè il Ministro della Difesa nelle sue due audizioni del 9 ottobre 2007 e del 6 dicembre 2007, ha indicato rispettivamente in 37 e 77 i casi di morte e in 255 e 312 i casi di malattia, dunque delle cifre sensibilmente discordanti tra loro, mentre la Sanità Militare (GOI, Gruppo Operativo Interforze della Sanità Militare) ha indicato in 158 i casi di morte e in 1833 i casi di malattia (vedi audizione del Senato del 4 ottobre 2007). Quindi, non solo vi è un disaccordo considerevole tra le cifre comunicate dal Ministro nelle due audizioni, ma esiste anche un disaccordo tra tali cifre e quelle comunicate dalla Sanità Militare.

Nè si forniscono spiegazioni su come è stato possibile che in pochi anni si è passati dai 44 casi di possibile esposizione, presi come base dalla III Relazione Mandelli, ai circa 2000 casi presi ora in considerazione dalla Sanità Militare.

14) Esclusione di gravi patologie nel conteggio delle vittime

Perchè sono stati presi in considerazione solo i casi di tumore e non quelli relativi ad altre gravissime patologie, che pure si sono verificate, come la sclerosi multipla e le patologie genetiche (che hanno portato alla nascita di figli malformati).

15) Controllo delle ditte operanti nei poligoni

Perchè non è stato effettuato, per decine di anni, alcun controllo sulle sperimentazioni eseguite dalle ditte (sia italiane che straniere) che hanno operato nei poligoni, ed è stata richiesta solo l’autocertificazione sulle attività eseguite. Per cui non si sa assolutamente quali armi sono state utilizzate da queste ditte nei poligoni. E perchè, si potrebbe aggiungere, non è stata richiesta l’emanazione di disposizioni per evitare che in futuro ciò si possa ripetere.

16) Applicazione delle leggi per l’indennizzo ai militari

Perchè non è stata correttamente applicata la legge 308/81 (e sue modifiche: legge 280/91) da parte del Ministero della Difesa. Si tratta della legge con cui è stata istituita la speciale elargizione di 50 milioni di vecchie lire (attualmente valutate in circa 25 mila euro). La speciale elargizione non prevede affatto che sia stata accertata la causa di servizio di cui, invece, si parla come di una precondizione per poter ottenere i risarcimenti. Per la legge 308/81 non importa, ai fini della concessione degli indennizzi, che vi sia stato nè un legame di certezza, né un legame probabilistico. Infatti, nella legge 308/81, non viene menzionata la causa di servizio. Ciò è tanto vero che, ad esempio, per questa legge, la speciale elargizione è stata concessa anche in caso di morte per suicidio (e, certamente, l’attività di “suicidarsi” non è compresa tra le attività di servizio!). Vedi il caso del militare Andrea Oggiano. Ed è stata concessa anche nel caso di morte per incidente automobilistico a militare che si trovava in franchigia, cioè non era impegnato in alcuna attività comandata. Vedi il caso dell’Alpino Roberto Garro.

Per la legge 308/81 la condizione necessaria per ottenere degli indennizzi è che sussista un “evento dannoso”. Dove con il termine “evento dannoso” si può intendere una malattia. In proposito, il Ministero della Difesa nella lettera della Direzione Gen. per il Personale Militare – VI Reparto in data 21 marzo 2003, a firma del Capo Reparto Dirigente Dott. Cesare Corsini, ha precisato che: “Il Consiglio medico legale della Difesa, interpellato sulla qualificazione di evento dannoso (termine usato nella legge 308/81 e nella legge 280/91) quale causa della morte, specifica: “che l’evento dannoso non deve necessariamente essere caratterizzato dalla natura violenta della causa, e pertanto anche una malattia insorta improvvisamente che causi la morte del militare si identifica con l’evento dannoso previsto dalla legge”.

17) Entità degli indennizzi

Premesso che la questione degli indennizzi dovuti alle vittime non riguarda certamente solo l’aspetto monetario, si pone il problema del perchè non si tiene conto di quanto finora accaduto realmente, e cioè che la vita di un militare è stata valutata in casi come i seguenti: a) 17.000 euro complessivi per i genitori del militare deceduto Valerio Campagna); b) 258 euro di pensione al mese per i genitori dei militari deceduti Valery Melis e Fabio Porru); c) 0 euro per i genitori dei militari deceduti Maurizio Serra e Gianni Faedda.

In relazione al problema degli indennizzi si pone, tra l’altro, la domanda se deve essere solo l’Italia a stanziare delle somme, visto che la contaminazione si è verificata in molte zone bombardate da Paesi dell’Alleanza Atlantica che sono quindi i più diretti responsabili dei casi di malattia e morte.

18) Indennizzi per il personale civile

Perchè non viene formulata alcuna indicazione circa le modalità da adottare per concedere gli indennizzi ai civili, tenuto conto che vengono prese in considerazione solo modalità per attribuire gli indennizzi ai militari.

E’ da tener presente che il mandato parlamentare alla Commissione di Inchiesta riguarda anche il personale contaminato nelle popolazioni all’estero, ad esempio nella ex Jugoslavia. Ma questa problematica sembra del tutto trascurata. Il prendere, invece, in considerazione il personale civile, prendendo invece in considerazione solo il personale contaminato militare, equivale (a parte gli aspetti di ordine etico e giuridico della questione) a prendere in considerazione solo “una componente” della intera problematica come se questa componente fosse “il tutto”, e quindi commettendo un grave errore di metodo.

19) Concessione di indennizzi per operazioni “in area”, cioè per attività svolta in Italia

Sempre in merito agli indennizzi, non sono state prese in considerazioni le operazioni eseguite in area, cioè in Italia (ad esempio nei poligoni e nei depositi, ma anche nel recupero dal mare di armi all’uranio). Sono state prese in considerazione solo le operazioni fuori area.

Tale errore è presente, ad esempio, nel Decreto della Presidenza della Repubblica 7 giugno 2006 n. 243, che estende i benefici della legge 3 agosto 2004 n. 206 in favore delle vittime della criminalità e del terrorismo per il personale impiegato in operazioni fuori area, non vengono prese in considerazione le operazioni effettuate “in area”.

20) Mancati indennizzi per “infermità” (e non solo per “ferite o lesioni”)

Perchè, sempre in relazione agli indennizzi si fa menzione nella normativa solo a casi di ferite o lesioni e non anche ai casi di infermità.

In proposito, anche la legge 466/80, fa riferimento, per quanto concerne la concessione di indennizzi, a personale che ha riportato, a causa di ferite o lesioni, una invalidità permanente non inferiore all’80%. Vengono menzionate erroneamente come causa di invalidità solo ferite e lesioni, e vengono invece dimenticate le invalidità provocate da infermità come i tumori e altre patologie.

21) Definizione di ciò che si intende per “soggetto a rischio” (per la concessione di indennizzi)

Perchè non è stato chiarito come deve essere inteso il “soggetto a rischio”. Ciò tenuto conto che, a meno per quanto riguarda i tumori, non esistono certezze ma si può parlare solo di probabilità. Tra l’altro, occorre tener conto anche del fatto che le particelle di questi metalli pesanti possono giungere perfino a distanze di 2500 miglia (come evidenziato in uno studio effettuato in Gran Bretagna) e quindi la probabilità di rischio (sia pure infinitesimo) interessa, quanto meno, l’intera area europea. Ma tali probabilità, evidentemente, non possono essere considerate come una causale per la concessione di indennizzi.

Sempre in riferimento al problema degli indennizzi, occorre stabilire il “grado” di probabilità che si ritiene necessario perchè il legame probabilistico sia considerato di entità sufficiente a stabilire la concessione di un indennizzo. Affermare che un indennizzo debba essere concesso in base alla relazione di probabilità senza stabilire il grado di probabilità per il singolo individuo, è ovviamente del tutto insufficiente.

Occorre, infatti, stabilire se una data persona sia da considerarsi un “soggetto a rischio” o meno. Ma a questo fine è necessario anche stabilire se sia sufficiente basarsi su una probabilità, ad esempio del 10%, oppure se debba esserci un grado di probabilità, ad esempio, del 90%. Ma allora si pone il problema di chi è autorizzato a stabilire questo grado di probabilità, cioè, la “condizione necessaria”. Ma a questo fine, occorre precisare con quali mezzi e modalità deve essere eseguita questa valutazione. Ma per far ciò occorre definire quali dati debbano essere messi a disposizione di chi deve valutare e quale sia la attendibilità di questi dati.

Affinchè, dunque, l’affermazione secondo cui basta un legame di probabilità per la concessione degli indennizzi, implica che sia stato effettuato un rilevantissimo lavoro preliminare, altrimenti stanziare delle cifre in bilancio per gli indennizzi non ha alcun senso. E inoltre si potrebbero creare delle gravi ingiustizie e quindi dei ricorsi in sede giudiziaria, in relazione all’esistenza o meno di sufficienti cause giustificative per la concessione degli indennizzi.

A maggior precisazione di quanto sopra indicato, relativo allo di stabilire chi è da considerarsi “soggetto a rischio”, può essere utile stabilire ad esempio, che è da considerarsi “soggetto a rischio” chi si è trovato vicino ad un obiettivo colpito da proiettile all’uranio (o da nanoparticelle di proiettili convenzionali), implica in pratica la esigenza di stabilire cosa si intende trovarsi “vicino” ad un obiettivo colpito. Trovarsi vicino a un obiettivo significa il trovarsi a 5 metri dall’obiettivo, o a 50 o a 500 metri, o a 5 chilometri?

E allora bisogna conoscere, per questo, le “storie operative” di ciascuna persona.

E naturalmente, non è la stessa cosa se l’obiettivo (carroarmato, bunker, caseggiato) è stato colpito dai proiettili anticarro, i quali contengono qualche decina di grammi all’uranio impoverito, oppure è stato colpito da un missile da crociera che negli alettoni contiene delle barre da 300 Kg di uranio impoverito.

Inoltre occorre chiarire in quale momento il soggetto si è trovato nella suddetta vicinanza. Non è la stessa cosa se la persona si è trovata vicino all’obiettivo colpito al momento dell’esplosione oppure in un tempo successivo (ad esempio un’ora, un giorno, una settimana, un anno dopo). Sono da considerarsi in questione, dunque, sia coordinate spaziali che temporali, per definire chi è da considerarsi il soggetto a rischio.

Da aggiungere a quanto sopra che, nei riguardi della pericolosità delle nanoparticelle, occorre stabilire se deve essere preso in considerazione solo chi ha ingerito o ha aspirato particelle a distanza (da stabilire) da un obiettivo colpito, oppure anche chi ha toccato a mani nude proiettili e residui di proiettili (nelle disposizioni di sicurezza emanate fin dal 1984 si precisa che i rischi da considerare riguardano anche il maneggio di materiale bellico, a freddo).

In sostanza, parlare di legame probabilistico senza aver dato una risposta a quesiti come quelli sopra accennati, risulta del tutto vano, quanto meno al fine di stabilire a chi concedere dei risarcimenti.

22) Mancata revisione degli errori contenuti nelle relazioni della Commissione Mandelli

Perchè non è stato indagato sugli errori compiuti nelle relazioni della Commissione Mandelli, in modo da poter correggerne le conclusioni.

Per quanto riguarda il mandato ricevuto dalla Commissione Mandelli, va tenuto presente che il mandato stabiliva, erroneamente, che si dovesse indagare solo su forme tumorali e non anche sulle altre patologie che pure si sono manifestate. In particolare, per quanto riguarda patologie neurologiche e genetiche. Nessuna indagine, infatti, è stata fatta sui casi di nascita di bambini malformati e sui casi di sclerosi multipla. Mentre si tratta, ovviamente, di eventi grandemente dannosi per le vittime.

Inoltre, c’è da chiedersi perchè è stato chiesto di indagare solo sui casi emersi nel teatro balcanico e non in altri teatri all’estero e in Italia.

Per quanto poi concerne la attuazione del mandato da parte della Commissione, c’è da capire anche perchè, rispetto alla zona balcanica, sono state considerate solo le aree della Bosnia e del Kossovo, dimenticando altre aree come quelle confinanti con il Kossovo meridionale (Albania e Macedonia) dove pure abbiamo avuto del personale contaminato (vedi ad esempio i casi Melis e Grimaldi).

Inoltre, c’è da indagare sul perchè venne usata la distribuzione probabilistica di Gauss anzichè quella di Poisson. E inoltre perchè sono stati considerati ugualmente a rischio sia i militari che non hanno applicato alcuna misura di protezione (quelli che hanno operato nel periodo che giunge fino al 22 novembre 1999) e i militari che, invece, operando dopo quella data avrebbero dovuto adottare le misure di protezione. Ciò ha portato al fatto che, probabilmente, 12.000 militari che avrebbero dovuto essere esclusi dal conteggio dei militari a rischio, sono stati invece erroneamente inclusi.

23) Bonifica dei poligoni (e aree non più bonificabili)

Perchè non sono state effettuate indagini sulla problematica della bonifica dei poligoni stabilendo in primo luogo in che cosa consiste l’effettuare la bonifica e in che cosa consiste verificare i risultati della bonifica stessa e dopo stabilito quanto sopra, capire quali costi la bonifica comporterebbe. E stabilire, altresì, quali provvedimenti debbano prendersi nei riguardi di quelle zone che vengono ritenute ormai non più bonificabili (zone di questo tipo esistono ad esempio, nel poligono sardo di Teulada). Ed a proposito di queste zone, occorre stabilire se debbano essere formalizzate delle precisazioni in campo legislativo, come ad esempio è stato fatto negli Stati Uniti per zone di questo tipo che, dal punto di vista legale, vengono considerate come non più facenti parte del territorio nazionale.

24) Audizione delle vittime

Perchè non è stato preso in considerazione quanto avrebbero potuto dire le vittime, chiedendo (nella difficoltà di ascoltarle tutte), quanto meno un resoconto scritto dalle singole persone alla Commissione circa l’assistenza che hanno ricevuto e le difficoltà riscontrate nell’ottenere risarcimenti.

Quanto sopra tenendo conto anche, di quanto risulta da numerose testimonianze apparse in documenti ufficiali (alcune di queste testimonianze sono state riportate anche nella audizione del Presidente dell’ANAVAFAF nel corso della inchiesta senatoriale sull’uranio, effettuata nella precedente legislatura, sotto la presidenza del Sen. Paolo Franco).