sabato 22 dicembre 2007

Auguri

A tutti vivissimi e sinceri auguri per un Natale che porti con se pace e armonia interiore, stringendosi ancora una volta attorno a chi non c'è più, ma resterà nei nostri cuori. Per sempre.

Francesco Palese

martedì 18 dicembre 2007

UN GRAVE ERRORE NELLA RELAZIONE DEL MINISTRO PARISI

ALLA COMMISSIONE URANIO IMPOVERITO DEL 6 DICEMBRE 2007

9 motivi per cui la cifra di 56.600 missioni all’estero nei cinque anni dal 2002 al 2007 con 216 malati di tumore costituisce una falsa indicazione per valutare la pericolosità dell’uranio impoverito

Nella sua audizione presso la Commissione Uranio Impoverito del Senato del 6 dicembre 2007, il Ministro della Difesa ha affermato che: “... con l’obiettivo di una valutazione intermedia, va rilevato che per quanto riguarda i militari inviati all’estero, per l’ultimo quinquennio 2002-2006, in riferimento a questi cinque anni è possibile fornire il numero preciso di militari inviati all’estero cioè a dire dei militari che hanno partecipato a missioni nei quattro teatri considerati. Essi sono pari a 56.600 persone. In riferimento a questo denominatore, per quello che riguarda il numeratore, cioè il numero dei militari che risultano ammalati di tumore nello stesso quinquennio è pari a 216. Da ciò deriva che l’incidenza corrisponde a 380 casi ogni 100.000. A titolo meramente indicativo e rinviando naturalmente agli studi che abbiamo avviato, per quello che riguarda il complesso dei tumori in Italia, uno studio effettuato dai dati AIRT per il quinquennio 1998-2002, indica nel totale della popolazione maschile italiana che in media vengono ogni anno diagnosticati nel nostro Paese, 754 casi ogni 100.000 abitanti”.
Le indicazioni fornite dal ministro portano a stabilire che la incidenza dei tumori per i militari (308 casi ogni 100.000) è inferiore a quella che riguarda i civili (754 casi ogni 100.000). Dunque, secondo questa stima, l’uranio non solo non presenta aspetti di pericolosità nei riguardi dei tumori, ma anzi riduce tale pericolosità ed ha dunque un aspetto “positivo” sulla salute.
A parte la siderale differenza con quanto stabilito dal GOI, il Gruppo Operativo Interforze della Sanità Militare, con i suoi 1.991 casi su un campione ben più limitato, la cifra di 56.600 missioni all’estero con 216 casi di ammalati di tumore (i casi di morte non vengono indicati) appare fortemente mistificatoria per almeno 9 motivi.

1) I 56.600 erano a rischio zero (o quasi zero)
La cifra di 56.600 missioni nell’ultimo quinquennio, a partire dal 2002, si riferisce a militari che, se i Comandi hanno attuato debitamente le norme di sicurezza emanate dalla Kfor il 22 novembre 1999, hanno operato applicando tutte le misure di protezione e quindi si tratta di missioni a rischio praticamente zero. Infatti, i militari da considerarsi a rischio sono quelli impiegati in zone colpite (all’estero, ma anche in Italia) prima del 22 novembre 1999. Dal 2000 in là il personale all’estero doveva, infatti, operare adottando le misure di precauzione. Se ciò, in qualche caso non è avvenuto, occorre accertare le responsabilità dei Comandi da cui il personale dipendeva. Per quanto invece riguarda il personale civile inviato all’estero da amministrazioni diverse da quelle della Difesa (personale che però non fa parte dei 56.600), a questo personale, almeno a quanto risulta all’ANAVAFAF, nemmeno dopo il 22 novembre 1999 sono state impartite disposizioni per la protezione e resi disponibili i mezzi adeguati. Ma le 56.600 missioni riguardano solo il personale militare. E questo personale dovrebbe non essere considerato affatto tra il personale esposto. La cifra di 56.600 dovrebbe, in effetti, ridursi a zero.

2) Mancano missioni ed impieghi anteriori al 2002 mentre si include il Libano come zona a rischio
L’analisi, per quanto riguarda le zone a rischio, si estende, oltre che al teatro balcanico, ai teatri dell’Afghanistan, dell’Iraq e anche del Libano, zona, questa, dove finora era stato detto che il personale impiegato non correva alcun rischio.
Da osservare, inoltre, che nel conteggio, dato che si riferisce agli ultimi cinque anni, mancano proprio quelle missioni antecedenti al 2002 in cui il personale ha operato senza protezione e quindi era a rischio e cioè il personale impiegato nella I Guerra del Golfo nel 1991, nella Somalia nel 1993 e nella Bosnia nel 1994 e anni successivi.
Togliendo dal conteggio proprio le missioni a rischio (e quindi il personale possibile contaminato ammalato e deceduto in queste missioni), si offre una visione falsificata dell’insieme dell’incidenza dei tumori (ma vanno considerati non solo i tumori, ma anche le altre gravi forme di malattia che sono emerse).

3) Militari italiani e civili nei poligoni, nei depositi e impiegati nel recupero di armi dal mare
La cifra dei 56.600 militari in missione all’estero omette di considerare quella parte di personale militare e civile che è stato esposto al rischio da uranio impoverito perchè ha operato senza protezione in Italia nei poligoni (specie per il recupero a mani nude di armi inesplose e residuati bellici), che ha operato prima del 22 novembre 1999 (ma spesso anche dopo per quanto riguarda i civili) nei depositi (di armi, di rotabili e di vestiario) e il personale che ha recupero dal mare (specie nelle acque dell’alto Adriatico e della Puglia) proiettili lanciati dagli aerei A10 prima del rientro nelle basi di Aviano e Gioia del Colle. Anche sotto questo aspetto il numero di 56.600 è erroneo.

4) Andare in missione non significa essere esposti
La cifra dei 56.600 militari inviati in missione all’estero non corrisponde affatto al numero del personale esposto e quindi non può essere preso di riferimento per il personale malato. Infatti, solo una piccola parte del personale in missione all’estero (forse 1/2 o 1/5) si trova ad essere esposto in luoghi colpiti da armi all’uranio e in luoghi dove il personale ha raccolto, per il brillamento, proiettili all’uranio. Infatti, una larga parte di personale inviato in missione all’estero è destinato ad incarichi logistici e amministrativi, lontani dalle aree colpite. C’è chi è stato inviato all’estero per operazioni di Intelligence (i Servizi Segreti) in località non esposte, altro personale utilizzato nel settore Comunicazioni (ponti radio, etc.), altro personale che ha operato in strutture sanitarie, altro ancora che ha operato in impieghi di ragioneria o simili.
Quindi, a parte il fatto sopracitato che il personale, dopo il 22 novembre 1999 doveva operare con protezioni adeguate, e quindi non era da considerare come esposto, una larga parte di esso ha comunque operato in zone non esposte.
Inoltre, quando si parla di missioni, bisogna tener presente che un gran numero di missioni riguarda, ad esempio, quelle effettuate dagli aerei di trasporto che si sono recati in aeroporti all’estero, magari per consegnare materiale o portare delle persone, il personale degli aerei poco tempo dopo l’atterraggio e ripartito per l’Italia, senza trovarsi quindi esposto in alcuna zona contaminata.

5) Dimenticati i civili all’estero
La cifra di 56.600 militari, lo dice la parola stessa, esclude di per sé i civili che hanno operato all’estero in zone colpite, ma anche i civili che hanno operato in Italia. I civili all’estero (a parte quelli facenti capo al Ministero del Difesa) erano dipendenti dalla Presidenza del Consiglio, dal Ministero degli Esteri (si include in questo personale anche il personale del volontariato, largamente impiegato all’estero), dal Ministero dell’Interno (ad esempio Polizia di Stato), dal Ministero della Protezione Civile (Vigili del Fuoco), dal Ministero della Sanità (strutture ospedaliere) e dal Ministero del Tesoro (Guardia di Finanza).
Come sopra accennato, il personale civile, nella grandissima maggioranza (almeno a quanto è dato conoscere all’ANAVAFAF), non è venuto a sapere neppure della esistenza di norme di precauzione da adottare e ancor meno è stato dotato del materiale per proteggersi (maschere, occhiali, tute, guanti, etc.).

6) Dimenticati i civili in Italia
La cifra di 56.600 non include i civili che sono stati esposti in Italia nelle zone dei poligoni (ad esempio i pastori che operano in quelle zone) e i cittadini presenti nell’abitato limitrofo ai poligoni.

7) Diversità nella fascia di età tra personale militare e personale civile
La cifra di 56.600 in quanto si riferisce a personale militare impiegato all’estero, riguarda persone in grande maggioranza nell’età tra 25 e 45 anni (con estremi da 18 a 60). Invece, per quanto riguarda i civili che vengono presi in considerazione nel paragone tra pericolosità dell’uranio per i militari e per i civili (tra l’altro, non vi è solo una popolazione maschile, ma anche femminile da considerare) la gamma di età relativa ai civili è diversa da quella dei militari, copre infatti l’intero arco della vita (da 1 a 100 anni).

8) Non considerare solo i tumori ma anche altre gravi malattie
La cifra di 56.600 viene presa in considerazione solo in rapporto ai tumori che si sono verificati, ma non anche in rapporto alle altre gravi malattie che pure si sono verificate, come le malattie neurologiche (ad esempio sclerosi multipla), le malattie genetiche (che hanno causato la nascita di bambini malformi), ed altre gravi patologie come disfunzioni epatiche (che hanno, addirittura, portato al massimo della invalidità per le persone colpite).

9) Stato di salute media dei militari e stato di salute media dei civili
La cifra dei 56.600 si riferisce a personale militare. Un confronto con quanto accade per i civili è improprio, perchè lo stato di salute medio dei militari è migliore di quello dei civili in quanto i militari, per essere ammessi in servizio, sono soggetti a visite psicofisiche attitudinali molto severe, visite che si effettuano, poi, anche in seguito durante il servizio.
Si tratta, quindi, di due classi di persone, i civili e i militari, che sotto questo aspetto specifico della salute non possono essere direttamente messe a confronto.


Falco Accame
Presidente ANAVAFAF



lunedì 17 dicembre 2007

URANIO: PARISI INSEDIA COMITATO PREVENZIONE E CONTROLLO MALATTIE

RESTERA' IN CARICA TRE ANNI

Il Ministro della Difesa, Arturo Parisi, come annunciato nell'ultima audizione della Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio, ha oggi Insediato il Comitato per la prevenzione e il controllo delle malattie, istituito con Decreto del Ministro della Difesa lo scorso 23 novembre, al quale sono attribuiti compiti di studio e ricerca attinenti alle gravi patologie, che colpiscono i militari italiani impiegati in Italia e all'estero.

Lo annuncia una nota del ministero della Difesa sottolineando che e' un'altra iniziativa assunta, dopo quelle realizzate nelle scorse settimane, per fare luce sulla tematica.'Quello che ci guida in ogni nostra azione - ha detto il Ministro Parisi - e quindi ci ha guidato nella costituzione di questo Comitato, e' la salvaguardia della salute del nostri militari.

La Difesa e le Forze Armate sono infatti le prime a considerare la salute dei militari come un bene prezioso da salvaguardare'. Riferendosi poi al clima di diffidenza che talvolta si e' ingenerato su tali problematiche e alle polemiche che da esso sono derivate, Parisi ha sottolineato 'la volonta', di approfondire ogni questione', precisando e confermando che 'su questo argomento il ministero e' fermamente intenzionato a predisporre il massimo della trasparenza e della chiarezza".

Il Comitato, che dura in carica tre anni, e' composto da autorevoli esperti indicati dal Ministero della Salute, della Ricerca e Universita', dalla Difesa e dalla Commissione di indagine parlamentare. Esso e' cosi' composto: Tenenente Genenerale Michele Donvito; professor Robin Foa'; dottoressa Antonietta Gatti; dottor Valerio Gennaro; professor Renato Lauro; professor Andrea Lenzi; Ammiraglio Ispettore Capo Vincenzo Martines; professoressa Paola Muti; professor Guido Rasi; dottoressa Stefania Salmaso e professor Massimo Zucchetti.

sabato 15 dicembre 2007

Giustizia per Emilio

Sono una cugina di Emilio Di Guida, ringrazio tutti coloro che lo hanno ricordato e sento, nel grande dolore, che giustizia deve essere fatta!

Emilio è l'eroe silenzioso, ucciso dalla disonestà e dall'indifferenza di chi aveva il dovere di tutelare la sua vita che metteva al servizio della patria. Dove sono i responsabili? Perchè tacciono? E' forse la coscienza, nera come la pece, che tiene chiusa la loro bocca?

Forse perchè non sono i loro figli chiusi nelle gelide bare coperte dalla bandiera di una patria che ormai non ha più uomini capaci di assumersi le colpe di errori così gravi? Perchè tacciono? Sono uomini?

No, non lo sono perchè hanno taciuto prima, durante e dopo. Perchè non hanno attrezzato questi militari, in maniera adeguata sapendo contro quale nemico (polveri di uranio) li stavano lanciando? Bastardi!

Pia Di Guida

venerdì 14 dicembre 2007

URANIO: GRILLO, OMICIDIO COLPOSO PLURIMO PER MINISTRI DIFESA

Potrebbero essere accusati per omicidio colposo plurimo i Ministri della Difesa e gli stati maggiori competenti per le morti di militari causate da possibile contaminazione da uranio impoverito?

“Certo, perché è chiaro che le responsabilità ci sono”. Questa la risposta di Beppe Grillo alla specifica domanda formulata dal sito Vittimeuranio.com all’uscita di Palazzo Madama questa mattina.

Per il comico che segue la vicenda “queste sono morti sul lavoro per le quali nessuno si assume la responsabilità”.

mercoledì 12 dicembre 2007

L'uranio e gli studi sul personale della Folgore

Secondo lo studio sul personale della Folgore Condotto dal Prof. Nobile, audito dalla commissione senatoriale sull'uranio, non risultano casi di contaminazione tra questi militari.

Peccato che nel luglio del 1999 sia deceduto presso l'ospedale militare del Celio il Cap. Antonino Caruso. Il Cap. Caruso ha comandato la seconda compagnia incursori paracadutisti del Col. Moschin durante la missione somala Restore Hope, dal dic. 92 fino al rientro in Italia del contingente italiano nell'aprile del 94.

Il Cap. Caruso era un ufficiale operativo impiegato in missioni ad alto rischio, sempre in prima linea, e durante la sua permaneza in Somalia non ha mai utilizzato protezioni contro l'inalazione o l'ingestione o qualsiasi altro tipo di contaminazione da sostanze tossiche, a parte ovviamente la maschera antigas normalmente in dotazione.

Il Cap. Caruso è deceduto per una gravissima forma di tumore cerebrale all'età di 42 anni, dopo una lunga e penosa agonia. Forse i dati presi in considerazione dall'esimio professore si riferiscono ad un periodo successivo all'8 maggio 2000, quando è stato disposto l'utilizzo di misure di protezione emanate dalla Folgore.

Daniela Volpi

10 domande al Ministro Parisi

1) Principio di precauzione
Perchè per almeno sei anni (dal 1993 al 1999), cioè da quando gli Stati Uniti emanarono le norme di protezione per i loro Reparti impiegati in Somalia, all’epoca delle operazioni in Kossovo (in un documento a firma del Col. Osvaldo Bizzari), queste non furono rese note anche ai Reparti italiani, cosicché il nostro personale, per oltre 6 anni, è rimasto nella ignoranza circa i pericoli presentati dall’uranio impoverito?

2) Luoghi di possibile contaminazione
Perchè non vengono considerati tutti i luoghi di possibile contaminazione dove è stato impiegato il nostro personale, sia militare che civile. E quindi non solo i teatri all’estero dei Balcani, dell’Iraq, dell’Afghanistan e del Libano (il quale ultimo viene, peraltro, nominato solo ora) e non di altri luoghi dove non si può escludere l’impiego di armi all’uranio all’estero, come i luoghi dove hanno operato i nostri militari (e civili) durante la Prima Guerra del Golfo (1991), la Somalia (1993) e, in Italia, nei poligoni. E perchè, in particolare, non sono stati presi in considerazione i civili che sono stati impiegati dal Governo italiano da parte di vari Ministeri e Corpi Armati, come la Guardia di Finanza, nonchè i militari in congedo?

3) Non solo tumori
Perchè si considerano solo i casi di tumore e non le altre gravi patologie che si sono manifestate (patologie neurologiche, genetiche, etc.)?

4) Gli indennizzi e la Legge 308/81

Perchè non si prende in considerazione, per gli indennizzi, la legge 308/81 che prevede, tra l’altro, la speciale elargizione di 25.000 euro e non richiede la concessione della causa di servizio. E perchè esistono enormi differenze di risarcimento che vanno tra Euro 0 e Euro 200.000 (per le vittime di Nassiriya)? E ciò anche tenendo presente che chi ha potuto fare ricorso ha ottenuto risarcimenti che vanno da Euro 500.000 a Euro 900.000.

5) Raccolta di informazioni
Perchè non è stata tempestivamente avanzata (fin dai primi casi del 1999-2000 che hanno avuto evidenza) a tutti gli Enti dipendenti dal Ministero della Difesa (Comandi operativi e Comandi terrestri), di inviare informazioni alla Direzione del Personale del Ministero Difesa, circa eventuali casi sospetti di contaminazione da uranio impoverito, in modo da evitare ciò che è successo in fatto di enorme incertezza nella raccolta dati (dai 44 casi della Relazione Mandelli ai 1.991 raccolti dal GOI)?

6) Sperimentazioni di ditte straniere
Perchè nei poligoni non sono state mai emanati dei “bandi internazionali” che ordinassero il divieto, anche a ditte straniere, di eseguire sperimentazioni nei poligoni con armi “non convenzionali”? Perchè non sono stati disposti controlli sulle sperimentazioni eseguite e perchè ci si è affidati a delle improbabili autocertificazioni? Perchè non sono mai state richieste (anche in sede contrattuale), alle ditte estere interessate, specifiche indicazioni circa le sperimentazioni da effettuare? Perchè nei poligoni, così come all’estero, si è lasciato che il nostro personale raccogliesse a mani nude i residuati bellici da far brillare?

7) Studio SIGNUM
Perchè non si è avuto, fino ad oggi, alcun risultato dello studio SIGNUM per cui il Parlamento ha stanziato una altissima cifra, studio che era stato annunciato come un evento di portata internazionale? Come è possibile dar vita ad una nuova Commissione di studi, quando ancora non si conoscono gli esiti dello studio sopracitato? E non si hanno che dati estremamente oscillanti tra i casi che si sono verificati, e quindi completamente inidonei ad un lavoro epidemiologico?

8) Confronto tra casi di tumore dei militari e casi dei civili
Perchè si continua a fare dei confronti tra casi di militari e casi di civili, non tenendo conto delle differenze “strutturali” tra queste classi di soggetti? Infatti, a parte ogni altra considerazione, mentre la classe dei militari opera in una età grossomodo compresa tra 20 e 40 anni, per quella dei civili non esistono questi limiti di età. Inoltre, il livello di “salute fisica dei militari” è diverso da quello dei civili, in quanto i militari vengono ammessi al servizio solo dopo una serie di visite attitudinali psicofisiche e di visite periodiche nel corso della carriera, mentre per i civili questi vincoli non esistono. Il confronto, dunque, è assolutamente improprio venendo fatto tra classi eterogenee.

9) Pericolosità o non pericolosità dell’uranio
Perchè si continua ad affermare che non c’è alcuna relazione tra uranio e tumori se poi le stesse norme di sicurezza emanate in Italia (ad esempio le summenzionate norme a firma del Col. Osvaldo Bizzari, della Kfor – e anche quelle a firma del Col. Fernando Guarnieri della Folgore, e così pure le disposizioni emanate dallo Stato Maggiore Difesa a firma del Gen. Ottogalli), mettono in evidenza la pericolosità dell’uranio e questa pericolosità è stata ampiamente riconosciuta anche dal Ministero dell’Ambiente e dal Ministero della Salute?

10) Misurazioni di radioattività
Perchè si è lasciato utilizzare lo strumento di rilevazione RA 141B per il compito di individuare le armi all’uranio impoverito, quando si sapeva che il raggio di esplorazione era di circa 10 cm? Così avvenne che in Bosnia, i nostri Reparti NBC non si accorsero della presenza di oltre 10.000 proiettili lanciati dagli aerei della NATO (oltrechè dei missili da crociera) e il Ministro della Difesa pro tempore dichiarò che non era stato usato uranio in Bosnia?


Falco Accame
Presidente ANAVAFAF

lunedì 10 dicembre 2007

L'addio a Emiliano

Amici, ho appena saputo da mia madre che domani (oggi n.d.r.) ci saranno i funerali di Massimiliano (leucemia) anche lui ha fatto la guerra in qualità di militare nel Kosovo ...Emiliano viveva a Senerchia provincia di Avellino anche se da alcuni mesi era ricoverato in ospedale a Napoli, io non lo vedevo da diversi anni ma vi assicuro che il ricordo di quando eravamo piccoli e si giocava insieme per le strade del paese è vivo.

Amici ho il sospetto che anche qui siamo davanti ad un caso di contaminazione per esposizione/contatto con l'Uranio Impoverito..No no non è giusto Emiliano ha 32 anni è un mio un nostro coetano... no non è giusto morire così...morire perchè nella vita un ragazzo ha scelto di servire lo stato facento l'ufficiale. Che tristezza...che schifo...

Un amico

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Si sono svolti alle ore 11.00, nel piccolo comune di Senerchia, i funerali di Emiliano Di Guida, l'ufficiale deceduto il 9 dicembre scorso all'Ospedale Pascale di Napoli a seguito di una leucemia fulminante che lo ha stroncato in soli 30 giorni. Il giovane era di stanza a Bolzano, presso il Reggimento Carabinieri Trentino Alto Adige, ed aveva partecipato a varie missioni, tra cui una in Kosovo. Alle cerimonie, celebrate mentre a Senerchia c'era il lutto cittadino, hanno preso parte alcuni esponenti dell'Arma dei Carabinieri.
vittimeuranio.com

sabato 8 dicembre 2007

MA IN LIBANO E' STATO USATO O NO L'URANIO? COME LA DIFESA SMENTISCE SE STESSA

Dall'ultima audizione del Ministro della Difesa Arturo Parisi in Commissione di Inchiesta emergono due importanti aspetti.

1- Nell'elenco dei teatri di guerra potenzialmente colpiti da munizioni all'uranio impoverito è stato inserito il LIBANO. Ma come? Non era stato sempre detto che in Libano non era stato utilizzato l'uranio? Questa sembra essere una gravissima contraddizione. Se veramente in Libano è stato utilizzato l'uranio, perchè viene ammesso solo adesso? Se, di contro, è vero che nel Libano non è stato utilizzato, qualcuno può pensare che sia stato inserito nell'elenco dei teatri per incrementare il campione di riferimento, togliendo significatività al dato dei morti. Un conto è un morto su dieci militari impegnati in missione, un altro conto è un morto su 20.

A questo punto occorre rileggersi quello che dichiarava lo Stato Maggiore dell'Esercito sulla questione solo lo scorso febbraio rispondendo al COCER.

Ed ecco invece come rispondeva il Ministero della Difesa ad una interrogazione parlamentare sull'argomento il 9 novembre del 2006.

Aspettiamo venga fatta chiarezza. Sarebbe anche il caso che il COCER dell'Esercito, risollevasse la questione davanti al proprio Stato Maggiore. Per questo invitiamo i delegati a darsi da fare. Forse è la volta buona che si riesce a "sapere" qualcosa.

Ricordo anche che in seguito all'intervista fatta dal sottoscritto al militare in Libano, ripresa da tutte le agenzie di stampa, da L'Unità e da altri quotidiani locali, esponenti della Difesa, di cui non ricordo il nome, precisamente al Quotidiano di Puglia affermarono che queste inchieste, erano prive di fondamento e che il sottoscritto si divertiva a "lanciare facili allarmismi".

Passarono pochi mesi e dal Libano tornò il primo militare affetto da tumore (il 2 giugno scorso). Passa ancora qualche mese e lo ammette - implicitamente - niente meno che il Ministro della Difesa in una formale audizione. Tutto passa inosservato, anche grazie a quel mucchio di "giornalistoni" dei grandi quotidiani che sulla vicenda uranio "non hanno capito mai un cazzo" come spesso ama ripetere un veterano ultra ottantenne.

La questione del Libano è importante. Perchè se non si interviene adesso passeremo i prossimi decenni a fare la conta dei morti e dei malati reduci da quell'area, come stiamo facendo adesso con i Balcani.

2 - Nel giro di alcune settimane, rispetto alla precedente audizione, i morti passano da 37 a 77. I Malati da 255 a 312. Lo stesso Parisi si è scagliato contro la "guerra di cifre" alla quale, sembrerebbe, stia partecipando attivamente anche lui.

Poi c'è la questione delle AUDIZIONI e quella delle RESPONSABILITA'. Quando la commissione si deciderà a far testimoniare i MILITARI reduci dalle varie missioni? Molti si sono resi disponibili a testimoniare sulla mancata adozione delle misure di protezione contro l'uranio. Nessuno è stato ancora ascoltato. A qualcuno l'audizione è stata promessa dalla stessa presidente della Commissione Menapace. Ancora silenzio.

Queste audizioni sono importanti perchè dalle stesse si potrebbe cominciare ad indagare sulle responsabilità di chi quelle norme, facilmente rintracciabili su questo sito, non le ha fatte rispettare, esponendo i militari a rischi di possibile contaminazione. Ma la parola responsabilità, continua a rimanere un tabù. Comunque bisogna ammettere che il ministro Arturo Parisi, rispetto ai suoi predecessori, ci stia mettendo un impegno maggiore per far emergere piccoli spazi di verità.


Francesco PALESE
posta@vittimeuranio.com

URANIO: ACCAME, DATI PARISI COMPLETAMENTE INSUFFICIENTI

Sono 'completamente insufficienti' i dati forniti oggi al Senato dal ministro della Difesa, Arturo Parisi, sui militari italiani ammalatisi o morti di tumore. E' il parere di Falco Accame, presidente dell'Anavafaf, un'associazione che assiste i familiari delle vittime arruolate nelle Forze armate.
Secondo Accame, infatti, i dati 'non tengono conto dei casi di morte e malattia nella guerra del Golfo del '91, in Somalia nel 1993, nei poligoni di tiro a partire dal 1977, dei civili e del personale in congedo. Inoltre, si riferiscono solo ai tumori e non alle altre gravi malattie e, quindi, non possono costituire la base per alcuna valutazione statistica'.

Ad avviso del presidente dell'Anavafaf, inoltre, 'e' inaccettabile che alla luce dei circa 2.000 casi venuti fuori dopo che la polizia giudiziaria si e' recata nei distretti, venga ancora considerata valida la relazione Mandelli che si basa su 44 casi'.

URANIO: PARISI;AMMALATI 312 MILITARI MISSIONI, 77 MORTI

1.703 TOTALE SOLDATI CON TUMORE IN 11 ANNI

Sono 312 i militari italiani che si sono ammalati di tumore maligno negli ultimi 11 anni (1996-2006) nei Balcani, in Iraq, Afghanistan e Libano; 77 di questi sono morti. Il numero complessivo dei militari malati di tumore, tra impiegati in missione e non, e' invece di 1.703. Sono questi gli ultimi dati in possesso della Difesa: il ministro Parisi li ha comunicati oggi al Senato, davanti alla Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito. Ma c'e' gia' chi parla di dati 'al ribasso'.

Che i numeri siano ancora parziali, in realta', lo ammette la stessa Difesa, che ha incontrato 'estrema difficolta'' a raccogliere in poco tempo dati 'sparsi in varie articolazioni, di cui alcune soppresse, con gli archivi sigillati e trasferiti ad altri enti'. Il risultato di questo lavoro (in attesa di creare una 'organizzazione centralizzata e informatizzata') e' un bilancio di soldati morti o ammalati piu' pesante di quello fornito in precedenza dallo stesso Parisi, che davanti alla Commissione aveva parlato di 255 casi, con 37 morti, tra i militari in missione - contro i 312 e 77 di oggi - e di 1.682 malati in totale (1.703).

'Difformita' - ha spiegato il ministro, con particolare riferimento alle missioni - dovuta soprattutto al fatto che alcune decine di malati o morti per tumore allora indicati nell'elenco dei militari che non avevano preso parte alle missioni, invece vi avevano partecipato'.
Ma perche' solo Balcani, Iraq, Afghanistan e Libano? 'Per ragioni di studio' e perche' e' li' che 'si pensa sia stato fatto uso di armamento all'uranio impoverito', ha spiegato Parisi. Che comunque ha rassicurato: 'questo e' solo il primo e principale campo su cui indagare, ma non significa che si intende trascurare anni o situazioni che non risultino in questi limiti'. Perche', ha ripetuto il ministro, 'la Difesa non ha nulla da nascondere, ne' ha interesse a nascondere nulla'.

E comunque - ha aggiunto Parisi, facendo per la prima volta questo raffronto - la percentuale dei militari che si e' ammalata di tumore dopo aver partecipato a missioni e' inferiore a quella della popolazione maschile italiana. Si tratta di 'dati e comparazioni molto grezzi', ha premesso il ministro, ma e' un dato di fatto che nel quinquennio 2002-2006 sono stati 216 su 56.600 i militari italiani impiegati all'estero che si sono ammalati, 'con una incidenza di 380 casi ogni 100.000'.

Uno studio effettuato in base ai dati dell'Airt (Associazione italiana registri tumori) sul totale della popolazione maschile italiana per il quinquennio 1998-2002, indica invece che 'in media vengono ogni anno diagnosticati nel nostro Paese 754 casi ogni 100.000 abitanti'.

I dati forniti da Parisi sono 'molto preoccupanti, ma ancora incompleti', ha detto Felice Casson (Pd), componente della Commissione d'inchiesta, che ha chiesto di sentire i direttori del Sismi che si sono succeduti dal '96 al 2006 soprattutto per capire dove sono state usate munizioni all'uranio. Un tipo di 'armamento che non e' mai stato utilizzato dalle Forze armate italiane', ha ribadito Parisi. Ma proprio oggi un militare malato sentito da Sky ha detto: 'nel '99 anche noi lo impiegammo in Kosovo'.

L'informativa di Parisi non ha soddisfatto Falco Accame, presidente di una delle associazioni piu' attive su questo fronte, secondo cui 'non si tiene conto dei casi di morte e malattia nella guerra del Golfo del '91, in Somalia nel 1993, nei poligoni di tiro a partire dal 1977, dei civili e del personale in congedo e delle altre gravi malattie diverse dai tumori'.

URANIO: CASSON, ASCOLTARE TUTTI I CAPI DEL SISMI DAL '96 AL 2006

Il senatore Felice Casson, capogruppo Pd nella commissione uranio impoverito, ha chiesto che vengano ascoltati tutti i capi del Sismi succedutisi dal '96 al 2006, per accertare in primo luogo dove sia stato fatto uso di munizionamenti all'uranio.

"Nel corso dell'audizione odierna del ministro Parisi presso la Commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito - sottolinea Casson - ho richiesto che vengano ascoltati tutti i capi del servizio segreto militare per il periodo che va dal 1996 al 2006, che costituisce il campo d'indagine e che riguarda gli scenari dei Balcani, dell'Iraq, dell'Afghanistan e del Libano. La richiesta scaturisce dalla risposta interlocutoria che il comandante operativo interforze, gen. Castagnetti, ha dato di fronte alla Commissione nel mese di maggio. Si era infatti riservato di fornire i dati richiesti in un secondo momento e ora che sono pervenuti alla Commissione appaiono ancora insoddiscafenti e comunque incompleti. Da qui la richiesta di audire tutti i responsabili del Sismi, al fine di chiarire dove sia stato fatto uso di uranio impoverito, sia in Italia che all'estero, da parte di forze armate alleate o avversarie".

Nel corso dell'audizione - sottolinea ancora Casson - il ministro Parisi ha reso noto il numero degli ammalati e dei morti da uranio impoverito, aumentando la quantità di quest'ultimi a 77 unità. "I dati sono molto preoccupanti, ma ancora incompleti.
Vanno, quindi, utilizzate tutte le strutture mediche e scientifiche per acquisire, sia presso le strutture militari che presso le associazioni private che si interessano della questione, i dati relativi a tutti gli scenari di guerra che abbiano visto coinvolto personale italiano a partire dalla guerra del Golfo che risale al 1991".

giovedì 6 dicembre 2007

URANIO: PARISI, PER CAUSA SERVIZIO NON SERVE NESSO CAUSALE

Mentre proseguono gli accertamenti sulle cause che hanno provocato i tumori ai militari italiani impiegati all'estero, sul versante 'risarcitorio e assistenziale' un passo avanti e' stato fatto con la legge n.222 del 29 novembre scorso che fornisce 'un adeguato supporto a quanti si fossero ammalati nei difficili scenari operativi fuori area'.

Lo ha sottolineato il ministro della Difesa, Arturo Parisi, nel corso della sua audizione davanti alla Commissione parlamentare d'inchiesta del Senato sull'uranio impoverito.Con la nuova normativa, ha spiegato infatti Parisi, 'il riconoscimento della causa di servizio e' gia' possibile senza che vi sia la dimostrazione scientifica del nesso di causalita'' tra patologia e uranio impoverito.

Il militare malato puo' essere infatti inserito nella categoria delle 'vittime del dovere', con i benefici che ne derivano e che sono stati 'quasi interamente' parificati a quelli delle vittime del terrorismo. Il provvedimento ha una copertura finanziaria di 173 milioni di euro.

mercoledì 5 dicembre 2007

Militare malato dopo ritorno dall'Iraq

Un militare campano, D.L.A., di 26 anni, attualmente destinato ad Udine, è tornato dall’Iraq ammalato di un tumore ed è stato operato a Napoli.
E’ in attesa di una forma di indennizzo. Avrebbe potuto usufruire, per quanto concerne l’indennizzo, della Legge 308/81 per la quale per ottenere un indennizzo non occorre la “causa di servizio” ma è sufficiente dimostrare che si è vittime di un grave infortunio, cioè un infortunio compreso nell’elenco delle infermità e lesioni gravi previsto dalla legislazione sulle pensioni di guerra. Il tumore rientra in tale elenco.
Viene invece richiesta la causa di servizio, causa di servizio che peraltro non viene concessa perché non si può provare con certezza che il tumore dipenda da contaminazione per uranio impoverito. La questione non è risolta neppure dalle recenti disposizioni del ministero della Difesa preannunciate dal Ministro nella sua audizione presso la Commissione di Inchiesta del Senato del 9 ottobre 2007.
Tali disposizioni, (che riguardano comunque solo i militari e non i civili mentre molti sono i civili che sono stati contaminati del tutto dimenticati in queste disposizioni), prevedono la possibilità di un indennizzo concesso per “stress da sentinella” (una attività che certamente i civili non svolgono).
Ma accettare la causale dello “stress” significa riconoscere per il militare la sua insufficiente idoneità psico/fisica, dote essenziale richiesta a tutti gli appartenenti ai corpi armati e che viene accertata attraverso apposite visite mediche.
A parte ciò gli indennizzi, che pare siano compresi tra i 7.000 e i 17.000 euro, non rispondono certo alla gravità dei danni biologici ed esistenziali subiti dalle vittime. Visto che molti civili dipendono dalla Presidenza del Consiglio e da altri Ministeri dovrebbe essere la Presidenza del Consiglio a emanate disposizioni valide per tutti le vittime civili e militari.

Falco Accame

martedì 4 dicembre 2007

RELAZIONE A PARLAMENTO,195 NEOPLASIE MILITARI BALCANI

Dal 1996 al 30 aprile 2007 risultano 195 casi di neoplasie maligne tra i militari italiani che sono stati impegnati in missioni in Bosnia e Kosovo. Il dato e' indicato nella decima relazione quadrimestrale sullo 'stato di salute del personale impiegato nei territori della ex Jugoslavia', consegnata in questi giorni al Parlamento.

Le neoplasie piu' frequenti sono il tumore alla tiroide e al testicolo (29 casi per ogni patologia), il linfoma di Hodgkin (21), il linfoma non Hodgkin (20) e il melanoma (17). Secondo la relazione - predisposta dal Comitato scientifico costituito nel 2003 con decreto interministeriale Difesa-Salute - nei primi quattro mesi di quest'anno risulta diagnosticato un solo caso di neoplasia maligna (carcinoma al testicolo).

I casi di neoplasie diagnosticati nel 2006 erano stati 18, cosi' come nel 2005; 43 nel 2004; 22 nel 2003; 30 nel 2002; 18 nel 2001; 25 nel 2000; 9 nel 1999; 8 nel 1998; nessuno nel 1997 e 2 nel 1996 (di un altro caso non viene indicato l'anno di diagnosi). I dati sono stati forniti dai rappresentanti del Ministero della Difesa all'interno del Comitato scientifico.

domenica 2 dicembre 2007

I TUMORI E IL RISARCIMENTO PER “PAURA"

Dopo lo stanziamento di fondi qualche malato ha ricevuto notizia che potrà avere un indennizzo per stress, cioè per “paura” da sentinella, per “stress” da ipervigilanza, insomma l’uranio non c’entra. Nelle missioni di pace il militare risulterebbe soggetto ad altissima tensione emotiva che a sua volta genera una riduzione della difesa immunitaria a cui sarebbe legata l’insorgenza di tumori. Insomma il militare si sarebbe ammalato, in linguaggio casermistico, da “strizza per servizio”, una tesi poco accettabile se si tiene conto delle visite mediche psico-fisiche a cui è soggetto il volontario nell’arruolamento, e periodicamente, nei periodi di attività.

Inoltre una tesi che non si applica alle migliaia di civili abitanti in Irak, Bosnia, Kossovo, ecc. che si sono ammalati in condizioni analoghe a quelle dei nostri militari. Ed è anche inapplicabile ai militari che hanno svolto servizio nei poligoni in normale tempo di pace e dove sicuramente non c’è stress da vigilanza.

Se si pensa poi che questi casi di malattia, ormai si parla più di un migliaio (1991, secondo il GOI, il Gruppo Operativo Interforze della Sanità Militare) si sono verificati in tempo di pace c’è da chiedersi a cosa potrebbe accadere in tempo di guerra. Inoltre si tratta di una tesi che getta un’ombra sulla professionalità dei nostri militari e sulle fattibilità delle operazioni di pace all’estero. E’ comunque più probabile che i tumori causino stress piuttosto che lo stress causi i tumori (anche se nel campo dei tumori nessuna ipotesi in assoluta può essere esclusa).


Falco Accame

Presidente Anavafaf

sabato 1 dicembre 2007

"AI RISARCIMENTI CONTRIBUISCANO ANCHE ALTRI PAESI"

"In relazione allo stanziamento di 170 milioni di euro per chi si e' ammalato in Bosnia e Kossovo c'e' da chiedersi se questa cifra debba essere versata dal contribuente italiano visto che i bombardamenti in Bosnia e Kossovo (a cui e' da aggiungersi l'impiego di missili da crociera) sono stati eseguiti da paesi della Nato, soprattutto dagli Usa. All'Italia e' da addebitare solo la responsabilita' di una non idonea applicazione delle norme di sicurezza, ma la causa del danno e' da chi ha impiegato le armi all'uranio in Bosnia e Kossovo". Lo afferma Falco Accame, presidente dell'Associazione Nazionale per le vittime delle Forze Armate.

"Si sta purtroppo ripetendo cio' che e' accaduto per il Cermis dove i danni causati da un aereo Usa sono stati pagati con uno stanziamento di 76 miliardi di lire (circa 2 milioni di euro per vittima) dall'Italia. L'Anavafaf chiede -continua Accame- che siano chiamati in causa i paesi che hanno causato i danni per pagare i risarcimenti e non i cittadini italiani con la somma di 170 milioni di euro proposta in finanziaria".

giovedì 15 novembre 2007

Ancora un caso di possibile contaminazione

Sempre nuovi casi vengono segnalati e sempre in forma non ufficiale. Ancora una denuncia di Falco Accame, presidente dell'Anavafaf, associazione in prima linea nella lotta e l'assistenza per le vittime dell'uranio.

L'ultimo e' quello di un militare di Sparanise, in provincia di Caserta, operante nel Reggimento di stanza a Vercelli. Il giovane, S. D. , "che puo' essere stato contaminato nel periodo di servizio che ha prestato al poligono di Teulada".

A questo proposito, Accame spiega che nei poligoni "il pericolo di contaminazione e' dovuto soprattutto alle sperimentazioni, volte a verificare la capacita' di resistenza delle corazze".Ovviamente, spiega lo stesso presidente dell'Anavafaf, "devono essere usati non proiettili da esercizio, come avviene nelle esercitazioni, ma proiettili con 'testata in guerra'". E segnala che puo' accadere "che proiettili restino inesplosi nel terreno, specie se il terreno e' morbido e il loro maneggio presenta pericoli. Inoltre, possono esservi residuati i proiettili che hanno colpito dei bersagli".

E' ovvio che i test sulla resistenza delle corazze, "devono essere eseguiti mettendo le corazze a fronte dei proiettili piu' pericolosi all'impatto dei quali possono essere soggette in condizioni operative.

E questi proiettili piu' pericolosi sono quelli all'uranio". Ed e' doveroso, secondo Accame che i test avvengano nelle condizioni piu' critiche "perche' si tratta di un problema che riguarda la sicurezza del personale che opera all'interno dei carri armati".

mercoledì 14 novembre 2007

122 PAESI CHIEDONO VERIFICHE SUL PERICOLO DELL’URANIO (E 6 VOTANO CONTRO)

Nel silenzio dei mass media italiani il 1° novembre 2007 è passata una deliberazione dell’ONU a grandissima maggioranza (122 a favore, 6 contro, 35 astenuti) per chiedere verifiche circa la pericolosità dell’uranio impoverito. Dunque c’è una grande apprensione nei riguardi dell’uso di queste armi. Hanno votato contro paesi dotati di arsenali con armi all’uranio, come gli USA, Inghilterra, Francia, Israele e inoltre la Repubblica Ceka e i Paesi Bassi.

La risoluzione è stata predisposta dal movimento degli Stati non allineati e presentata dall’Indonesia e promossa dalla coalizione internazionale per la messa al bando dell’uranio con sede a Manchester. E’ doveroso ricordare che il Belgio è stato il primo paese che ha bandito l’uso delle armi all’uranio. Il Parlamento Europeo il 22 novembre 2006 si è espresso con una risoluzione per il bando delle armi all’uranio. In Italia l’Associazione “AUI - Aboliamo le armi all’uranio impoverito” opera dal 2000.

Falco Accame

lunedì 12 novembre 2007

DISCORDANZA DI DATI TRA MINISTERO DIFESA E SANITA’ MILITARE

Il Ministro della Difesa ha dichiarato (audizione 9 ottobre 2007) che: “I militari che hanno contratto malattie tumorali e che risultano essere stati impiegati all’estero nei Balcani, Afghanistan, Irak e Libano, nel periodo 1996-2006 risultano essere in totale 255. Di questi malati la Direzione di Sanità dichiara un esito letale della malattia per 37 soggetti.

A fronte di questi dati che si riferiscono agli impieghi nei teatri operativi sono quelli relativi ai militari che si sono ammalati nello stesso periodo 1996-2006 pur non avendo partecipato a missioni internazionali: si tratta di 1.427 militari”.

Tali dati differiscono da quelli dichiarati dalla Sanità Militare (vedi audizione 4 ottobre 2007, pag. 9-10, di cui è appena uscito il testo stenografico) in cui secondo il GOI il gruppo operativo Interforze della sopraccitata direzione della Sanità Militare risulta che: “Su 9.700 soggetti su cui abbiamo informazioni dal punto di vista sanitario il tumore maligno è presente in 1.991 casi (1.883 non deceduti e 158 deceduti)”.

Se si pensa che la Terza Relazione Mandelli (2.002) prese in considerazione 44 casi in tutto (16 deceduti) si notano diversità assai rilevanti e non facilmente spiegabili. A parte quanto sopra occorre precisare che per una analisi epidemiologica del fenomeno vanno presi in considerazione non solo le malattie tumorali ma anche quelle genetiche e neurologiche (molti i casi di malformazione alla nascita).

Inoltre vanno presi in considerazione non solo i militari italiani, ma anche i civili italiani impiegati non solo all’estero ma anche in Italia in luoghi dove è stata possibile la contaminazione all’uranio impoverito. All’estero questi luoghi riguardano il Kuwait durante la guerra del golfo del 91 (si sono avuti morti e malati), la operazione Restore Hope in Somalia (93) dove pure si sono avuti morti e malati.

In Italia questi luoghi dove è stata possibile la contaminazione riguardano i poligoni nei quali è stata fatta una sperimentazione sulla capacità di penetrazione dei proiettili e sulla resistenza delle corazzature, riguardano i depositi di mezzi blindati, automezzi, vestiario, in cui sono stati raccolti materiali provenienti dalle zone possibilmente contaminate. Per quanto riguarda i poligoni la data di decorrenza deve estendersi a prima dell’inizi degli anni 80.

E’ sconfortante constatare che ancora oggi non si disponga di una base attendibile necessaria per effettuare uno studio epidemiologico serio.

Falco Accame
Presidente Anafafaf

domenica 11 novembre 2007

BELLANOVA: NEL SALENTO SI USA URANIO IMPOVERITO?

LECCE - L'on.Teresa Bellanova (DS) ha rivolto un'interrogazione al ministro della Difesa, Arturo Parisi, per sapere 'se non ritenga di dover indagare se e da quando nel Poligono di Torre Veneri si faccia uso di uranio impoverito, durante le esercitazioni militari'.

Secondo la parlamentare salentina, 'vi e' diffusa e forte preoccupazione tra gli abitanti di Frigole, localita' costiera di Lecce, per l'alta incidenza di patologie neoplastiche verificatesi soprattutto negli ultimi anni; da piu' parti si affaccia l'ipotesi di un possibile rapporto tra tale incidenza e l'utilizzo di uranio impoverito nelle esercitazioni militari tenutesi nell'adiacente Poligono di tiro di Torre Veneri;

la recente visita della Commissione d'inchiesta uranio impoverito del Senato ha legittimamente suscitato speranza ed attesa nella cittadinanza, per cio' che concerne possibili risposte a questa problematica'.

sabato 10 novembre 2007

FINANZIARIA: 30 MILIONI PER VITTIME URANIO IMPOVERITO

Il Senato da' il via libera alla costituzione di un fondo da 30 milioni di euro per i danni "di coloro che abbiano contratto infermita' o patologie tumorali connesse all'esposizione e all'utilizzo di proiettili all'uranio impoverito e all'esposizione di nanoparticelle di materiali pesanti prodotte da esplosione di materiale bellico".

Il fondo e' dotato di 10 milioni per ogni anno dal 2008 al 2010. Il Senato ha varato anche altri 230 milioni di stanziamenti per la trasformazione progressiva dell'esercito in professionale (30 milioni), il fondo per la tenuta in efficienza (140 milioni) il fondo per la ristrutturazione degli arsenali (20 milioni) e altri 40 milioni sono previsti per le esigenze di funzionamento dell'Arma dei carabinieri. (

giovedì 8 novembre 2007

La Commissione di inchiesta si allunga il mandato

La Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito potrebbe chiedere una proroga per completare il suo lavoro d'indagine. Lo ha detto la presidente Lidia Menapace a margine di una tavola rotonda organizzata a Napoli. I lavori della Commissione dovrebbero terminare il prossimo 31 dicembre, ma molto probabilmente la conclusione della sua attività sarà rimandata di sei mesi.

"Sono quasi certa che ci sarà la richiesta della messa fuorilegge dell'uranio impoverito. Visto l'orientamento del gruppo di lavoro, credo che sarà così, ma qualora così non fosse - ha detto ai giornalisti Menapace - sarà io a presentare una proposta di legge in questo senso". Secondo la senatrice la prima cosa da garantire a tutti i militari e alle famiglie dei militari morti in seguito alle missioni all'estero per malattie è dare un risarcimento. La proposta di legge prevederà che tutti coloro che hanno "sviluppato entro 10 anni da una missione in un teatro di guerra una patologia, abbiano automaticamente diritto al risarcimento. Il diritto sarà esteso anche alla popolazione civile che risiede intorno ai poligoni di tiro".

Per Menapace, una volta che la proposta di legge andrà in Parlamento, il lavoro della Commissione potrebbe essere concluso dal momento che il suo compito non era svolgere nè analisi scientifiche nè dibattiti politici, ma unicamente indagini. "Non possiamo aspettare i tempi della scienza che al momento afferma che non è possibile stabilire un rapporto di causa-effetto tra patologie e uranio impoverito. Gli scienziati sono possibilisti. Noi lavoriamo sulla probabilità - ha concluso Menapace - e non sulle certezze e a noi basta che il rapporto malattie-uranio impoverito non possa essere escluso".

Contrario alla proroga della Comissione d'inchiesta il senatore di Alleanza nazionale e componente della Comissione, Marcello De Angelis, che ha sottolineato come esistano già leggi sull'argomento. "La Commissione è utile solo per andare incontro ai ritardi dell'amministrazione militare sulla carenza dei dati che abbiamo in materia di malati e di defunti. L'unica cosa che serve - ha dichiarato De Angelis - è applicare quegli strumenti che già erano stati stabiliti nella legge Finanziaria 2006, i 10 milioni di euro stanziati sono rimasti inutilizzati. Basta una mozione finale e una raccomandazione al Parlamento".

NOME MORTO LINFOMA IN MONUMENTO CADUTI COMUNE SARDO

Il Comune di Assemini, nel cagliaritano, ha inserito sul monumento ai caduti il nome di un militare stroncato da un linfoma dopo aver partecipato a tre missioni in Bosnia e Kosovo. E' la prima volta che un'amministrazione comunale italiana decide di onorare alla stessa stregua dei caduti in guerra un soldato morto per una malattia contratta in servizio.

Il caporalmaggiore Fabio Porru, effettivo al 152/o Reggimento della Brigata Sassari, si era ammalato di un linfoma al rientro dall'ultima missione nei Balcani. Porru era stato prima in Bosnia e poi per due volte, nel 1999 e nel 2000, in Kosovo. Dopo la scoperta della malattia Porru aveva lottato contro il male fino al 2003.

La decisione di inserire il nome di Porru sulla lapide che onora i caduti di Assemini (tra i quali il caporalmaggiore Giuseppe Pintus, medaglia d' oro al valor militare per i fatti d' arme della battaglia di Monte Zebio, il 10 giugno 1917), e' stata presa dal sindaco Luciano Casula dopo un confronto con il consiglio comunale del quale fa parte anche il col. Gianfranco Scalas, storico portavoce dell'Esercito.

giovedì 1 novembre 2007

2 Novembre: un fiore per chi non c'è più

Un giorno per ricordare chi ci ha lasciato. Ognuno di noi ha nella mente e nel cuore una ferita di quelle che fanno parte della vita, che vede la morte come un passaggio naturale. Tra tutti i defunti ci sono anche loro: i soldati dimenticati, di cui si ignorano le cause della morte (o si vogliono ignorare). Ci sono poi i familiari, che in molti casi hanno visto i propri cari morire due volte. La seconda quando è stata loro negata la giustizia. Abbiamo questo elenco delle persone che vogliamo ricordare. Sono i nomi di 50 ragazzi contenuti nel LIBRO NERO

martedì 30 ottobre 2007

OLANDA: CHIESTI CONTROLLI PER CANCRO PER MILITARI IN IRAQ ED AFGHANISTAN

LA RICHIESTA DEL SINDACATO DEL MINISTERO DELLA DIFESA

Il sindacato dei dipendenti del ministero della Difesa olandese ha chiesto che vengano effettuati controlli medici su tutti i militari che sono stati in Iraq ed in Afghanistan per scongiurare il rischio che l'esposizione all'uranio impoverito abbia provocato casi di cancro. In una lettera inviata al vice ministro della Difesa Cees van der Knaap, in cui si fa riferimento ai casi di malattie tumorali riscontrate tra i militari italiani inviati in missioni all'estero ed ai risarcimenti stabiliti per le famiglie delle vittime, si parla di un "gruppo limitato" di militari olandesi che possono essere stati esposti all'uranio impoverito nei Balcani. E si esprime preoccupazione per i contingenti inviati in Iraq ed in Afghanistan.

"Sappiamo per certo che le armi usate in Afghanistan ed in Iraq contengono in alcuni casi una certa quantita' di uranio impoverito - si legge nella lettera - quantita' maggiori di quelle utilizzate nei Balcani". Il sindacato chiede inoltre che si pubblichino i risultati di uno studio realizzato dal Istituto reale per la salute nazionel ed l'ambiente sui certi tipi di tumori riscontrati sui militari che hanno servito nei Balcani. E che si allarghi lo studio anche a quelli che hanno operato sui nuovi fronti in Iraq ed in Afghanistan.

MASSIDDA (FI), GRAVE VICENDA DIANA IN ELENCO MORTI

CAGLIARI - 'Invece di essere sentito dalla Commissione sull'uranio e' finito nell'elenco dei militari deceduti. E' un fatto di inaudita gravita' che ha messo a rischio le cure e l'assistenza nei confronti di un militare che si e' contraddistinto in missioni di pace all'estero e in Italia'.

Lo ha dichiarato il coordinatore regionale e senatore di Forza Italia, Piergiorgio Massidda, in merito alla notizia, pubblicata oggi dal quotidiano 'Libero', della presenza del nome di Marco Diana, maresciallo dei Granatieri affetto da una particolare forma tumorale contratta in servizio, nell'elenco dei militari deceduti.

'La denuncia del militare sardo, sulle condizioni in cui operano i nostri soldati - spiega Massidda - impone al Ministero della Difesa di attivarsi in modo serio per garantire alle forze armate italiane misure di prevenzione e cure sanitarie adeguate.

L'errore in cui sono incorsi i funzionari del Ministero ha dell'incredibile, soprattutto perche' si tratta di una persona che ha una patologia molto grave e sulla quale queste notizie possono avere ripercussioni devastanti'.

'Sto preparando un'interrogazione - conclude Massidda - perche' il maresciallo Diana venga sentito in Commissione e perche' a tutti i militari che hanno contratto patologie sotto le armi venga riconosciuta la causa di servizio e vengano garantite dallo Stato cure specifiche'.

mercoledì 24 ottobre 2007

Ancora cinque casi di malattia. Accame: alla Commissione di inchiesta mancano i dati ufficiali

Ancora cinque casi di gravissime malattie dovute alla possibile contaminazione da uranio impoverito. A denunciarli è il sito Vittimeuranio.com che ha ricevuto le segnalazioni negli ultimi giorni.

I casi riguardano quattro militari ed un civile, F.C. della provincia di Caserta, alle prese con un linfoma di Hodkgin dopo una missione nei Balcani nel 1999, come volontario per la Protezione Civile, entrando in contatto con carri armati e carcasse di veicoli squarciati da proiettili”.

Sono tutti della Provincia di Roma invece gli altri, si tratta di S.S.A., ex militare di 28 anni di Zagarolo, colpito da una forma di tumore all’apparato respiratorio dopo aver effettuato nel 2000 diverse esercitazioni a Vivaro in provincia di Pordenone e aver svolto servizio di guardia presso la Polveriera del 31° Reggimento Carri di Altamura in provincia di Bari.

A Fiumicino inoltre un reduce dai Balcani di 37 anni, appartenente all’Esercito, sta lottando con un tumore allo stomaco. Chiudono la lista altri due reduci dai Balcani e da diverse altre missioni, sempre della provincia di Roma. Si tratta di un comandante di stazione dell’Arma dei Carabinieri di 50 anni, e un suo collega della stazione di un comune limitrofo di 45 anni, alle prese rispettivamente con un tumore al sistema linfatico e uno alla tiroide.

Dall’audizione del ministro Parisi in commissione di inchiesta ad oggi salgono così a 10 i nuovi casi di presunta contaminazione segnalati dal sito e da Falco Accame, presidente dell’Anavafaf.

Per Accame “dopo che la stampa e le televisioni finalmente hanno richiamato l’attenzione sulla questione, molte sono le persone che si sono rese conto del problema e stanno trovando la forza di parlare”.

L’ex parlamentare infine denuncia che “pur essendo quasi al termine del suo mandato la commissione di inchiesta sull’uranio del Senato sta ancora aspettando i dati ufficiali del ministero della Difesa di quello dell’Interno e della Presidenza del Consiglio. Su quali basi la commissione formulerà le sue conclusioni?”

martedì 23 ottobre 2007

URANIO: IDEATO TEST URINE PER SCOVARE ESPOSIZIONE 20 ANNI FA

La contaminazione da uranio impoverito e' rintracciabile nelle urine anche a 20 anni di distanza o oltre grazie a un nuovo test che potrebbe risolvere casi legali relativi a malattie sospettate di essere il risultato della contaminazione.

Il test e' stato messo a punto all'Universita' di Leicester in Gran Bretagna dal docente di geologia Randall Parrish: e' un esame ipersensibile basato su spettrometria di massa e altre complesse metodiche.

I primi risultati dell'uso del test su gruppi di individui esposti in passato a uranio impoverito e su reduci della guerra del Golfo nel 1991 saranno presentati al 119/imo meeting annuale della Geological Society of America che si terra' a Philadelphia.

'Il nostro metodo - dichiara Parrish - e' stato usato per mostrare la sua capacita' di risolvere casi legali basati su dichiarazioni di presunta esposizione all'uranio impoverito' da parte di soggetti ammalatisi negli anni di presunte patologie da uranio. 'Inoltre il test mostra - aggiunge Parrish - che i casi di esposizione a uranio impoverito di veterani della Guerra del Golfo nel 1991 potrebbero essere stati infrequenti o addirittura rari; se una significativa esposizione e' avvenuta, allora questa puo' essere rintracciata nelle urine anche decadi dopo'.

Si continuano a rincorrere le voci di chi, sulla base di studi, denuncia la correlazione tra malattie quali i tumori ed esposizione all'uranio impoverito, piu' volte smentite e poi riaffermate da successivi studi. Difficile trovare una verita' conclusiva, anche perche' pazienti oncologici, magari ex-soldati, o parenti di soldati deceduti per tumori che sostengono che la malattia sia il frutto di contaminazione da uranio sono stati presumibilmente a contatto con l'elemento anni e anni prima e trovare traccia di questa contaminazione a distanza di anni finora era impossibile.Ma il test di Parrish e' uno strumento per indagini certe.

Il geologo l'ha utilizzato su volontari che con certezza potevano dimostrare di essere stati esposti a uranio impoverito decenni prima e su soldati reduci dalla guerra del Golfo. Il test ha dato esito positivo su quegli individui con certezza esposti in passato (anche 20 anni prima), cosa di cui nessun altro esame oggi disponibile sarebbe capace.'Il test offre dunque un modo per risolvere dibattiti su uranio impoverito e salute. Sarebbe utile usarlo - conclude - su popolazioni in aree contaminate in Iraq, o su coloro che vivono vicino a industrie di armi'.

"Mio marito con un Linfoma dopo una missione in Albania con la Protezione Civile"

Cari amici vorrei raccontare la nostra storia che per fortuna fino ad oggi non si è conclusa tragicamente come quelle dei nostri compagni che purtroppo non ci sono più.

Premetto che riguarda non un militare ma un civile che è stato vittima dell'uranio impoverito. Nel 1999 il mio compagno F.C. in qualità di responsabile operativo della PROTEZIONE CIVILE del gruppo di PARETE (CE) è partito insieme ai suoi compagni per l'ALBANIA nell'ambito della missione nazionale ARCOBALENO;

la missione prevedeva tre spedizioni per una permanenza effettiva di circa due mesi durante le quali i VOLONTARI hanno portato aiuto alla popolazione locale provvedendo a montare ospedali e cucine da campo, rifornire di acqua potabile e provviste alimentari e, medicine e generi di prima necessità allestendo un campo che riforniva fino a 3000 pasti al giorno.

Durante la permanenza in Albania gli operatori della Protezione Civile hanno dovuto bonificare intere zone teatri di guerra lavorando a contatto con residuati bellici, in particolare carri armati e carcasse di veicoli squarciati da proiettili, F. era ed è un uomo sano, alto 1,75 cm per un peso di 95 kg e nel 1999 aveva tre figli di cui una bambina appena nata.

Dopo circa sei mesi dal suo ritorno ha cominciato a dimagrire ed accusare una immotivata stanchezza fisica; molto tardivamente quando ormai pesava solo 65 kg gli è stato diagnosticato un LINFOMA di HODKGIN.

Dopo un anno di chemioterapia la sua vita ha cominciato a tornare normale.

Grazie per averci ascoltato, preghiamo per tutti i malati, poer le loro famiglie e per tutti quelli che ci hanno lasciato

lunedì 22 ottobre 2007

URANIO: PG BARI NON AVOCHERA' INDAGINE

BARI, 22 OTT - Non vi e' alcuna inerzia del pubblico ministero inquirente: per questo motivo la procura generale presso la Corte d'appello di Bari quasi certamente non avochera' l'indagine della procura su casi di leucemie e tumori (anche mortali) contratti da numerosi militari italiani che hanno operato in Bosnia e Kosovo durante la guerra nei Balcani (nel periodo 1993-1999).

Lo si e' appreso da fonti giudiziarie.Nella richiesta di avocazione, avanzata nei giorni scorsi dalla Uil Puglia, si ipotizzava l'inerzia della procura a chiudere il supplemento di indagine per verificare il rispetto della normativa antinfortunistica del '91 da parte del ministero della Difesa.

L'istanza di avocazione ai sensi dell'art.412 del codice di procedura penale (quando il pm non esercita l'azione penale o non chiede l'archiviazione nei termini previsti) era gia' stata bollata nei giorni scorsi come 'non pertinente' dal procuratore della Repubblica, Emilio Marzano, perche' - aveva spiegato il magistrato - sulla vicenda 'sono in corso indagini e il termine fissato dal giudice (di 90 giorni, ndr) non e' ancora decorso e, comunque, non e' perentorio'.

Per l'indagine, dopo una serie di accertamenti, il pm inquirente Ciro Angelillis chiese al giudice l'archiviazione ma nell'aprile scorso il gip Chiara Civitano respinse la richiesta e ordino' al pm di compiere, entro 90 giorni, nuove indagini relativamente alla verifica delle misure antinfortunistiche. Il magistrato ha chiesto gli atti al ministero della Difesa, che finora non ha fornito risposte.

domenica 21 ottobre 2007

Nasce il forum di Vittimeuranio.com

Da oggi avete a disposizione uno spazio in più per discutere in maniera più veloce sulle tematiche affrontate da questo blog: il nuovo FORUM raggiungibile dal menu a destra. E' sufficiente registrarsi in pochi secondi.

I commenti relativi ad ogni notizia del blog inoltre non sono più moderati e verranno quindi visualizzati nel momento in cui vengono postati.

Infine, l'indirizzo al quale segnalare nuovi casi o richiedere informazioni è sempre lo stesso: posta@vittimeuranio.com

Buona navigazione

Ancora un caso di malattia in Sardegna

Si chiama Paolo Floris, ragazzo di 29 anni di Guspini, in provincia di Cagliari, l’ultimo militare italiano vittima da possibile contaminazione da uranio impoverito. A renderlo noto è il sito Vittimeuranio.com, al quale il giovane si è rivolto per denunciare la sua vicenda.


Paolo ha effettuato il servizio di leva nel 1999 nel Poligono nazionale di Teulada dove era addetto al magazzino del Reggimento con compiti di guardia nella Polveriera. A Settembre del 2006 gli è stato diagnosticato un “linfoma di hodgkin 4° stadio b” che sta curando con dei cicli chemioterapici in un ospedale civile di Cagliari.


Paolo è stato anche licenziato lo scorso 11 settembre dall’impresa per cui lavorava dopo un anno di malattia e si ritrova adesso senza nessun aiuto e senza lavoro a combattere con una malattia all’ultimo stadio. Bisognerebbe sapere se i casi come il suo compaiono nelle liste ufficiali di cui si parla in questi giorni. I familiari del ragazzo chiedono il riconoscimento della causa di servizio.



Adesso anche per Fini la questione è urgente

"La questione dell'uranio impoverito va affrontata con la massima serieta' e con urgenza. I militari ammalati e le famiglie di coloro che hanno perso la vita per la pace meritano una piu' attenta considerazione che, a prescindere dall'accertamento di eventuali responsabilita', deve concretizzarsi con un sostegno reale ed immediato". Lo ha affermato il presidente di Alleanza nazionale, Gianfranco Fini.

"Auspichiamo - ha concluso il leader di An - che si realizzi in tempi brevi la promessa del ministro, di istituire un'autorita' specifica che prenda in esame tutte le richieste di risarcimento ed assistenza".

lunedì 15 ottobre 2007

Due nuovi casi di contaminazione

'Dopo l'apparizione degli elenchi inviati alla Commissione di inchiesta senatoriale sull'uranio impoverito e la raccolta dei dati nei distretti militari da parte della Polizia Giudiziaria sta delineandosi una ben diversa estensione del fenomeno dell'uranio impoverito rispetto a quella finora ipotizzata'.

Lo sottolinea Falco Accame, presidente dell'Ana-Vafaf, Associazione Nazionale Assistenza Vittime Arruolate Nelle Forze Armate. 'Oltre ai casi emersi in questi giorni relativi all'appuntato dei Carabinieri in congedo Giuseppe Bongiovanni e a quello del carrista di Lecce, Luca Giovanni Cimino, ammalato di un tumore, si aggiungono quelli di altri militari ammalati: uno -rileva Accame- a Carloforte (Sardegna) e un altro (D.L.A.) di 26 anni della provincia di Salerno, attualmente assegnato a una caserma del nord est ammalatosi dopo il ritorno dall'Iraq'.

'Si tratta di casi che hanno in comune la mancata applicazione delle norme di protezione. Nessuna notizia -conclude Accame- e' piu' giunta invece sullo stato di salute del militare tornato dal Libano il 2 giugno scorso e ricoverato al Celio'.

giovedì 11 ottobre 2007

"Mio figlio con un Linfoma dopo la Leva"

Con la presente vorrei segnalare e nel contempo chiedere consiglio sul da farsi;
mio figlio, XXXXX, nato a Roma XXXXX, ha prestato servizio di leva presso il 4° reggimento carri di Bellinzago Novarese, nel periodo 22 dicembre 1999 - 10 ottobre 2000.

In tale contesto aveva l'incarico di carrista addetto al munizionamento (o al pezzo) partecipando a servizi, esercitazioni e manutenzioni dei mezzi corazzati.

Ora all'inizio del 2007 le sono comparsi dei linfonodi ai lati del collo e, da approfonditi accertamenti medici, è emerso trattarsi di linfoma di Hodking.

Il linfoma interessa anche l'intero apparato respiratorio, con gravi complicazioni respiratorie, e tenento conto che mio figlio non ha prestato, in questi ultimi anni, attività lavorative a rischio, o meglio è rimasto disoccupato, ritengo che possa aver inalato dei vapori di uranio impoverito nei dieci mesi del servizio di leva.

Attualmente è a metà della cura chemioterapica con tutte le conseguenze annesse; le è stato riconosciuto, nel contempo, lo stato di invalido civile, totale e permanente al 100%.

Apprendo dai mas media che il Ministero della Difesa tende a sminuire il problema o meglio a non riconoscere la loro responsabilità in seno ai vari casi, anche eclatanti; ora, tenendo conto che sono trascorsi sette anni dal servizio di leva, cosa posso fare per il riconoscimento della causa di servizio per mio figlio?

Ringrazio e porgo distinti saluti

XXXX

"PARISI RETTIFICHI I SUOI DATI"

1) Inizio molto prima del 96

Non è vero che le problematiche dell’uranio impoverito inizino dal 1996, occorre prendere in considerazione dati molto antecedenti che invece nella relazione del Ministro sono stati omessi. Per quanto riguarda le operazioni all’estero in presenza di armi all’uranio impoverito, queste sono iniziate con la guerra del Golfo del 1991, poi in Somalia nel 1993, poi in Bosnia nel 1994. In tutte queste aree operative abbiamo avuto morti e malati. Per quanto riguarda l’attività in Italia dove vi sono stati pericoli per l’uranio per il personale che ha operato nei poligoni e nei depositi, si può risalire indietro nella data a metà degli anni 80 e probabilmente a metà degli anni 70, epoche in cui sono iniziate in tutto il mondo le sperimentazioni sull’uranio impoverito.

Quindi il dato di 255 malati non tiene in conto i casi di contaminazione in Italia. Comunque questo dato è due volte superiore a quello fornito due anni fa alla precedente Commissione di inchiesta dal rappresentante del Ministero della Salute, dott. Donato Greco, e non vengono fornite spiegazioni per questa rilevante differenza.

2) Non occorre la causa di servizio per i risarcimenti

Non è assolutamente vero che occorra la causa di servizio per ottenere i risarcimenti, causa di servizio che non viene concessa perché non si può provare con certezza il nesso di causalità tra uranio impoverito e tumori. Chi afferma quanto sopra denota una enorme carenza di professionalità in quanto non conosce evidentemente la Legge 308/81, la quale fu espressamente fatta per evitare l’ostacolo della causa di servizio. La Legge 308/81 prevede per la concessione dei risarcimenti due sole condizioni: l’essere in servizio e il fatto che l’infortunio, che può essere mortale o meno, sia grave, dove grave significa che sia incluso nell’elenco delle infermità e lesioni stabilite dalle tabelle A e B della legge sulle pensioni di guerra. Quindi è da cancellare tutto ciò che è stato detto circa la causa di servizio e la non concessione in mancanza del legame di certezza tra uranio e tumori, legame che interessa altre leggi diverse dalla 308/81 che è pienamente in vigore con le modifiche della 280/91.

3) Non solo tumori, ma anche altri casi omessi di malattia


Non è vero che la problematica dell’uranio impoverito interessi solo i casi di tumore, come è stato specificato nella relazione del Ministro (i soli casi conteggiati). Vi sono casi gravissimi di patologie neurologiche e di nascite di bambini malformi che sono stati completamente omessi.

4) Uso in Italia di uranio impoverito

Non è vero che in Italia non sia stato impiegato uranio impoverito. Le corazze e le blindature dei nostri mezzi sono state testate con armi all’uranio. Uno stock di armi all’uranio, acquistati da Israele nell’85, venne depositato nel deposito di Bibbona presso Cecina.

5) Non 37 morti ma almeno 50 (e forse 160)

Non è vero che i morti siano 37. L’Ana-Vafaf ne ha registrati nel suo Libro Nero 50 e si ritrovano tutti i loro nomi su Internet. Nessuna contestazione, ad oggi, vi è stata. Comunque rispetto ai dati contenuti negli elenchi pervenuti dopo l’invio della Polizia Giudiziaria nelle sedi periferiche il numero anche il numero di 50 risulta probabilmente assai in difetto.

6) I 1400 malati in impieghi non all’estero

Non è vero che l’ingentissimo numero di 1.427 malati che si aggiungono ai 255 sopra citati (e che secondo gli elenchi pervenuti dopo l’impiego della Polizia Giudiziaria potrebbero raggiungere e superare i 2.000 non riguardino casi di malattia legati all’uranio impoverito e ciò in quanto, come sopra detto, l’uranio impoverito non è stato impiegato solo all’estero e quindi non riguarda solo le missioni all’estero. Ma riguarda anche aree operative in Italia come poligoni e depositi.

7) Dimenticato il personale in congedo

Non è vero che i numeri citati nella relazione del Ministro rappresentino il totale perché manca il personale in congedo e si tratta ad esempio di migliaia di soldati di leva. Questo personale, attraverso annunci ufficiali sui mass media, doveva essere informato che una eventuale malattia che lo avesse colpito poteva derivare da contaminazione da uranio impoverito così poteva essere sollecitato a recarsi presso una struttura ospedaliera militare. Questa opera poteva essere svolta in larga misura anche attraverso i distretti. Più volte e invano negli anni passati l’Ana-Vafaf l’ha richiesta ed è intervenuta in alcuni casi di cui era a conoscenza. Ne citiamo due: i militari della Aeronautica qualificati VAM Maurizio Serra e Giovanni Faedda, due militari sardi morti mentre erano in congedo per un tumore al cervello, a un anno di distanza l’uno dall’altro. Entrambi avevano prestato servizio a un anno circa di distanza nel poligono di Capo Frasca in Sardegna. Entrambi erano stati impiegati in un compito NON di loro competenza: lo sgombro bossoli e residuati bellici, compito che è di competenza del genio guastatori. Inoltre sono stati impiegati senza alcuna misura di protezione, nemmeno i guanti. E il maneggio di residuati bellici, anche non dell’uranio impoverito, è comunque assai pericoloso perché con l’esplosione si generano comunque particelle di metalli pesanti la cui pericolosità è stata accertata (vedi su questo le dichiarazioni del Prof. Stefano Montanari sul periodico Vita del 27 febbraio 2004): “UNA ESPLOSIONE SVILUPPA COMUNQUE NANOPARTICELLE, TANTO CHE IL RISCHIO DI CONTAMINAZIONE E’ ALTISSIMO ANCHE PER LA POPOLAZIONE CHE QUI IN ITALIA VIVE VICINO AI POLIGONI DI TIRO”. Con l’occasione potremmo ricordare che ai genitori di questi ragazzi , certamente VITTIME DEL DOVERE, non è stata concessa una lira.

8) Legame causa/effetto

Non è vero che non esiste alcun legame tra uranio impoverito e tumori. Anche se non esiste un legame di certezza esiste però un legame di elevata probabilità e ciò che stupisce è che mentre la relazione del Ministero lo nega, lo affermano altissime autorità della Difesa e alti Comandi operativi che hanno emanato le norme di protezione per gli uomini alle loro dipendenze. Anche il Ministero dell’Ambiente, direttamente interessato alla questione, si è pronunciato in merito. Il Sotto Capo di Stato Maggiore della Difesa pro tempore, Gen. Ottogalli, in data 6 dicembre 89, facendo riferimento alla Legge sulla protezione dalle radiazioni, la Legge 130/1995, da applicarsi anche in campo militare precisava che: “I proiettili, sia i dardi, sia i residui di contenitori debbono essere disposti in un contenitore metallico munito di coperchio da disporre in una zona custodita ed appartata (possibilmente al chiuso) IN MANIERA CHE IL PERSONALE NON POSSA AVVICINARSI A MENO DI 7 METRI”. Dunque secondo il Gen. Ottogalli QUALCHE PERICOLO C’E, in fatti il generale chiedeva che “vengano poste in atto tutte le misure cautelative per la protezione del personale”.

Il Ministro dell’Ambiente in un documento dal titolo “Precauzioni da adottare in caso di ritrovamento di proiettili contenenti uranio impoverito o di frammenti di essi” ha scritto: “L’UD (uranio depleto) è radioattivo e chimicamente tossico e quindi pericoloso soprattutto per inalazione e ingestione di articolato”.

Quanto ai Comandi operativi ecco cosa si legge nelle Norme di Protezione emanate dalla KFOR il 22 novembre 99, a firma del colonnello Osvaldo Bizzarri: “Rimani lontano da carri bruciati e da edifici colpiti, da missili da crociera, se lavori entro 500 metri di raggio da un veicolo o costruzione distrutta indossa protezioni per le vie respiratorie. Inalazioni di polvere insolubile di uranio impoverito sono associate nel tempo con effetti negativi sulla salute quali il tumore e disfunzioni nei neonati.

Questi potrebbero non verificarsi fino a qualche anno dopo l’esposizione”. Lo stesso si dice nelle norme di protezione della Divisione Folgore dell’8 maggio 2000 a firma del colonnello Fernando Gualitieri. Ma il capo della Sanità USA aveva già dichiarato (agosto 1993): “When soldiers inhals or ingest DU dust they occur a potential encrease in cancer risk”. I PERICOLI ERANO DUNQUE BEN NOTI DAL 1993.

9) Mancanza di assistenza a militari e famiglie

Non è vero che sia stata prestata la massima assistenza al personale ammalato e ai suoi familiari. Ecco ad esempio che cosa hanno dichiarato alcune vittime:

- Valere Melis, in proposito si legge su L’Unione Sarda del 6.02.2000: “L’esercito non lo ha aiutato nemmeno quando bussava alle porte, calvo, pallido, indebolito dalla chemioterapia, gliele chiusero in faccia. Nessun militare in 4 anni è andato a trovarlo in ospedale, nemmeno a Natale”.

- Salvatore Carbonaro, si legge su La Repubblica del 31.01.2001 a proposito di Salvatore Carbonaro, morto a Pavia il 5 novembre 2000: “Aveva avviato una causa di servizio per sapere se era stata questa la causa del suo male. Nessuno li ha mai risposto. Quando si è ammalato l’hanno congedato e basta senza occuparsi di lui, lasciato solo a lottare con la morte” . . . “non l’hanno aiutato neppure per i funerali”.

- Armando Paolo: si legge sul periodico “Il Caffè” di Latina del 4.03.2004 la dichiarazione seguente: “L’Esercito Italiano mi ha lasciato solo, malato e senza lavoro. Mi hanno abbandonato”.

- Fabio Cappellano, narra la sua vicenda a L’Unione Sarda (11.03.2004): “Dopo un anno di convalescenza sono stato riformato e nessuno si è degnato di chiedermi come stavo. Le autorità militari hanno inviato un telegramma di condoglianze ai miei genitori. Si rammaricavano PER LA MIA MORTE”. evidentemente i Comandi da cui dipendeva il Cappellano non seguivano con grandissima attenzione le vicende del loro dipendente, tanto che non sapevano seppure se era vivo o morto!

- Fabio Porru e un maresciallo (rimasto anonimo) di Oristano. In una intervista a L’Unione Sarda il padre del Caporal Maggiore Fabio Porru afferma: “Dopo o funerali di Stato ci hanno abbandonato”. Un Maresciallo rimasto anonimo di Oristano in una intervista a L’Unione Sarda del 12 marzo 2004 afferma: “L’Esercito si è dimenticato di me”.

Falco Accame
Presidente Ana-Vafaf

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mercoledì 10 ottobre 2007

"SARCOIDOSI POLMONARE DOPO DUE MISSIONI IN SOMALIA E BOSNIA"

Il sottoscritto 1° Maresciallo Vincenzo ESPOSITO nato il 19 Novembre 1958 a NAPOLI e residente a VERDELLINO (BG), in servizio presso il Quartier Generale Italiano del Corpo d’Armata di Reazione Rapida (Esercito),faccio presente quanto segue:

Dal mese di giugno 2006 a seguito di tosse persistente, che non regrediva con terapia, sudorazione eccessiva, specialmente nelle ore notturne, forte prurito agli arti superiori, perdita di peso e astenia (tutti sintomi riconducibili alla Sindrome dei Balcani) mi sottoponevo a visita ambulatoriale presso l’Infermeria della caserma “UGO MARA” dove mi veniva consigliato di recarmi presso l’Ospedale Militare di Milano per effettuare una Radiografia al Torace.
Dopo aver effettuato l’esame radiologico, in data 28.06.2006, mi veniva diagnosticato la seguente infermità:

· Modesto rinforzo della trama vascolare, in assenza di focolai parenchimali in atto.
· Ili bilateralmente aumentati volumetricamente, in assenza di sicure adenopatie.
· Assenza di versamenti pleurici attuali.
· Ombra cardiomediastinica nei limiti per età e costituzione fisica.

Di seguito, presso lo stesso Ospedale Militare, effettuavo un Elettrocardiogramma, una Visita Cardiologica, Spirometria, Visita specialistica presso l’Ambulatorio di Allergologia.
Per approfondire l’iter diagnostico mi si consigliava una TAC TORACE che effettuavo in data 03.07.2006, e mi veniva diagnosticato la seguente infermità:

· Esame condotto in condizioni basali con tecnica volumetrica mono slice.
· Modularità parenchimale del diametro di circa 1 cm. si riconosce nel segmento medio-basale del lobo inferiore di sx.
· Numerosi linfonodi del diametro compreso fra 1 e 2,5 cm. si riconoscono nel mediastino anteriore, a livello della finestra aorto-polmonare, in sede retro-cavale, paretracheale con estensione sino alla carena, peri-esofagea e ilare bilaterale.
· Necessario approfondimento diagnostico mediante TC TOTAL BODY con m.d.c.
In data 19.07.2006 effettuavo TC TOTAL BODY con m.d.c. presso il Centro AKTIS di Marano (NA)

In data 08.08.2006 effettuavo una visita specialistica preso l’Ospedale MONALDI di Napoli - Dip. Pneumologia Oncologica. L’approfondimento diagnostico richiesto comprendeva un esame PET TOTAL BODY ed ulteriori esami del sangue, che effettuavo, entrambi, in data 01.09.2006.
L’esame della PET evidenziava la seguente patologia con conseguente prenotazione di ricovero:
Linfoadenopatie del mediastino anteriore.

Vista l’urgenza e la gravità della patologia effettuavo una ulteriore visita specialistica, in data 18.09.2006 presso l’Ospedale PASCALE di Napoli ove venivo ricoverato in data 20.09.2006 e dimesso in data 02.10.2006 con la seguente diagnosi:
Linfoadenopatia mediastinica e sopraclaveare di ndd. (Linfoadenopatia granulomatosa non necrotizzante sarcoideo-like)

Per completare l’iter diagnostico ed avere la relativa terapia venivo indirizzato presso un Centro di riferimento per la Sarcoidosi ubicato presso l’Università degli Studi “FEDERICO II° - II° Divisione di Pneumotisiologia dell’Ospedale MONALDI di Napoli ove venivo ricoverato in data 27.10.2006 e dimesso in data 03.11.2006 con la seguente diagnosi:

Sarcoidosi polmonare.

Tale infermità è da ritenersi in rapporto di causalità con il servizio effettuato dal momento che ho prestato servizio dal 29.06.1998 al 02.10.1998 in BOSNIA , Operazione CONSTANT FORGE, presso il Btg. L. “FRIULI” di stanza in Sarajevo.

Pertanto, il sottoscritto, dalla data del 3.11.2006 ha effettuato 2 cicli di quattro mesi ciascuno di cortisone (Deltacortene 25 mg, 2 compresse al giorno) , Nexium 40 mg (1 compressa al giorno )ed il diuretico Lasitone (2 compresse a settimana). In aggiunta a tutti questi farmaci il LOBIVON 5 mg in quanto ho avuto, ed ho tuttora, anche problemi di pressione. Al termine di ogni ciclo ho effettuato TAC ad alta risoluzione, esami del sangue, Spirometria,DLCO ed Emogasanalisi. Naturalmente tutto ciò a spese mie.

Fortunatamente gli ultimi esami di controllo (TAC al torace ad alta risoluzione, Spirometria, DLCO ed Emogasanalisi) hanno riscontrato valori nella norma e l’Ospedale “MONALDI” di Napoli ha ribadito che la mia patologia è da ritenersi Stabilizzata.

Il giorno 25.09.2007 al termine di un anno di convalescenza sono stato inviato, dal mio Comando, presso l’Ospedale Militare di Milano ,alla C.M.O.1, e dopo aver effettuato una visita pneumologica mi hanno comunicato quanto segue: E’ NON IDONEO in forma parziale al servizio d’Istituto ai sensi della Legge 738/81 e 68/99 (qualora l’inf. di cui al punto 2, SARCOIDOSI POLMONARE) del giudizio diagnostico sia success. SI dip. causa di servizio). SI idoneo nella Riserva.

Controindicati tutti i servizi esterni ed ergonomicamente gravosi.
E’ SI idoneo ad essere impiegato nelle corrispondenti aree del personale civile del Ministero della Difesa, qualora l’interessato ne faccia richiesta art. 14 L.266/199. Medesime le controindicazioni.

Naturalmente tale giudizio mi penalizza ed infatti, in data odierna, ho presentato ricorso avverso la decisione dell’Ospedale Militare di Milano, ma, ancor di più mi colloca in una situazione di aspettativa e, tenendo conto che ho avuto quasi 1 anno di convalescenza , dal 13° mese in poi e per 6 mesi mi verrà ridotto lo stipendio del 50% per essere poi, dal 18° mese , azzerato totalmente.

Il giorno 20.07.2007 il mio Comando ha inoltrato presso il Ministero della Difesa –Direzione Generale delle pensioni militari del collocamento al lavoro dei volontari congedati e della leva – 3° Reparto – 7^ Divisione, Roma, la mia domanda di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio. Se tale Direzione non si esprime in tempi rapidi io non potrò mai conoscere il mio futuro.

Non è mia intenzione fare sceneggiate o piangermi addosso però devo aggiungere che la mia situazione familiare è un po complessa: divorziato, con 3 figli a cui elargisco mensilmente un assegno di mantenimento di € 573,53 , pago un mutuo per la casa di € 336,64, spese condominiali di € 37,00 ed in più le varie spese acqua, luce, gas e quant’altro. Riducendomi lo stipendio del 50% mi vedrei costretto a fare quasi il mendicante, e solo perché la lentezza burocratica delle Istituzioni non si esprime in tempi rapidi.

E cosa farò quando lo stipendio mi verrà azzerato totalmente? Andrò a chiedere soldi a qualche Generale?

Ecco, mi scuso per lo sfogo ma di sicuro questa non sarà l’unica strada che percorrerò per ottenere giustizia e con la speranza che Lei possa sensibilizzare “qualcuno” Le auguro Buona giornata e Buon lavoro.

Mar. Vincenzo ESPOSITO

LA COMMISSIONE ASCOLTI LE VITTIME

La Commissione di inchiesta, oltre a fare scena muta davanti al Ministro della Difesa Arturo Parisi, dovrebbe decidersi ad ascoltare le vittime. Sarebbe dovuta essere una delle prime cose da fare.

L’ex militare Gianluca Anniballi, aspetta dal 2 Maggio scorso di poter testimoniare sulla mancata adozione delle misure di protezione in Kosovo nel 2000, cioè un anno dopo l’emanazione delle norme del 22 Novembre 1999.

Se la commissione lo avesse ascoltato avrebbe potuto far presente la sua testimonianza, e quella di tanti altri, al ministro, secondo il quale invece “tutte le precauzioni sono state prese”.

Gianluca Anniballi è uno dei pochi che ha avuto la forza e il coraggio di denunciare il suo caso pubblicamente mettendoci la faccia. Esponendosi in prima persona. Chi avrebbe dovuto tutelarlo lo ha solo preso in giro e scaricato come un sacco di spazzatura. Questo è il modo con cui la commissione porta avanti la sua “inchiesta”.

Francesco Palese

TUTTE LE DOMANDE CHE LA COMMISSIONE DI INCHIESTA NON HA FATTO A PARISI

L' ELENCO DELLE QUESTIONI APERTE

1) Risarcimento alle vittime e ai loro familiari: quanto vale la vita di un soldato?

Recentemente, in relazione alla morte dell’alpino Valerio Campagna, è stato riconosciuto un indennizzo globale di circa 17.000 euro, un risarcimento irrisorio, ad esempio se messo in rapporto ai 200.000 euro concessi ai familiari delle vittime di Nassiryia, pur trattandosi in entrambe le situazioni “vittime del dovere” . In altri casi (vedi ad esempio quello di Valery Melis e Fabio Porru) l’indennizzo globale alle famiglie è stato di 258 euro di pensione al mese.
A parte la differenza nelle modalità risarcitive, non spiegata, resta il fatto di un trattamento veramente disdicevole nei riguardi dei cosiddetti (in altre occorrenze) “nostri ragazzi”.

2) Norme di protezione

Per quali motivi, mentre in Somalia i reparti USA (con i quali i nostri militari hanno operato fianco a fianco in varie situazioni) hanno adottato le norme di protezione il 14 ottobre 93, mentre ai nostri reparti ne è stata data notizia 6 anni dopo e precisamente il 22 novembre 99. E ciò nonostante che anche la stessa NATO il 2 agosto 1996 avesse emanato le norme di protezione per le radiazioni a bassa intensità. C’è anche da sapere se dopo il 22 novembre 99 le norme emanate sono state applicate perché vari reduci hanno affermato di non averle adottate, anche dopo la predetta data. Infine resta il dubbio se siano state impartite direttive al personale per non mettere al mondo figli per 3 anni dopo il rientro dalla zona operativa.

3) Qualità delle apparecchiature di protezione

C’è da chiedersi se le tute distribuite al personale erano del tessuto molto fitto considerato necessario da parte degli USA. Infatti molti sono stati i casi di tumori agli organi genitali. Lo stesso discorso vale per le maschere (che debbono ostacolare l’ingresso delle nanoparticelle) gli occhiali e i guanti: quali sono state le specifiche contrattuali stabilite per l’approvigionamento di questi materiali?

E per quanto riguarda la localizzazione delle armi all’uranio e degli obiettivi colpiti (e di conseguenza le misure di prevenzione) come è stato possibile che sia stato impiegato dai reparti NBC l’intensimetro RA 141 B la cui portata è di solo 10 cm e che, di fatto, non è stato in grado di localizzare gli oltre 100.000 proiettili lanciati in Bosnia?

C’è anche da chiedersi perché il personale che è stato utilizzato, in base a una normativa insufficientemente chiara, nella raccolta dei residuati bellici da far successivamente esplodere, ciò è avvenuto sia nei poligoni italiani che all’estero come è mostrato da un filmato di RAI NEWS 24. In tale situazione non è stata adottata nemmeno la elementare misura di indossare dei guanti, disposizione necessaria anche per il raccoglimento di materiale metallico e munizionamento convenzionale.
Infatti, come ha dichiarato il prof. Stefano Montanari (intervista su Vita del 27.2.2004): “Una esplosione sviluppa comunque nanoparticelle tanto che il rischio di contaminazione è altissimo anche per la popolazione che qui in Italia vive vicino ai poligoni di tiro, ad esempio”. Infine occorre chiarire se l’Italia acquistò da Israele nell’85 un lotto di armi all’uranio impoverito, parte delle quali fu stoccata nel deposito di Bibbona, Cecina (vedi interrogazioni del Sen. Russo Spena e dell’On. Ballaman. Il personale artificiere del deposito si rivolse alla ASL locale perché preoccupato per il pericolo che khhhhsorgeva dalla ripulitura delle armi (tornate dalla Somalia con ossidazioni).

4) Monitoraggio e studio SIGNUM

C’è da chiedersi perché è fallito il piano di monitoraggio che era stato ritenuto indispensabile dalla Commissione Mandelli e che aveva avuto un seguito nell’accordo Stato-Regioni (Legge 28 febbraio 2001, N° 27). C’è da chiedersi anche perché ad oggi non sono stati resi noti i risultati dello studio SIGNUM per cui il Parlamento aveva stanziato una cifra elevatissima e doveva essere terminato da oltre un anno (inizio 2006).

5) Poligoni e sperimentazioni di ditte italiane e straniere

In alcuni dei nostri poligoni hanno eseguito sperimentazioni non solo forze militari italiane e NATO, ma anche forze e ditte straniere appartenenti a paesi non NATO. Ad esempio vi è stato il caso di una nota ditta svizzera di armamenti, su questa vicenda è stato realizzato anche un filmato. In seguito ad ogni sperimentazione (che preventivamente dovrebbe essere oggetto di un contratto e di un preciso protocollo) viene redatto un rapporto di sperimentazione. Ma non è stato possibile ad oggi avere alcuno di tali rapporti, nemmeno da parte della Commissione di Inchiesta del Senato della scorsa legislatura che ne ha fatto esplicita richiesta durante la sua visita in Sardegna.
Peraltro non sono mai stati emanati “bandi internazionali” di divieto dell’uso delle armi all’uranio nei poligoni e quindi una ditta che ne facesse uso non verrebbe neppure a violare un divieto. Ed inoltre non è possibile neppure un controllo a posteriori sul terreno. Ad esempio se si utilizzasse il sopra citato intensimetro RA 141 B per un territorio dell’estensione del poligono di Salto di Quirra di 135 Km quadrati, procedendo a passo d’uomo con strisce di 10 cm, non basterebbero probabilmente vari secoli.

6) Sul significato di “personale esposto”

Nelle “Relazioni Mandelli” ed in simili studi si identifica il personale in missione all’estero con il numero dei potenziali “esposti” alle radiazioni dell’uranio impoverito. A parte il fatto che non ci interessa solo il “personale in missione all’estero” ma anche quello in Italia che ha operato nei poligoni e nei depositi, occorre precisare che non si può identificare il personale IN MISSIONE con il personale ESPOSTO.
Ad esempio per 10 persone in missione può darsi che ve ne sia solo una “esposta”, cioè che si è venuta a trovare per qualche tempo in vicinanza di obiettivi colpiti. E non è certo la stessa cosa trovarsi in vicinanza (ad esempio 500 metri da un carro armato distrutto e trovarsi a 5 Km dallo stesso). Occorre dunque conoscere dove si trovava il personale (e quando) in rapporto ad obiettivi colpiti, cioè occorre conoscere LA STORIA ESPOSTIVA dei singoli casi.
In mancanza di ciò i dati non sono affidabili. Lo stesso dott. Donato Greco, Direttore Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute, nella sua audizione del 4 maggio 1005 ebbe a dire che gli elenchi del personale in missione includono “personale militare e non, quindi anche il volontario che aveva lavorato in ospedale, l’impiegato della Ragioneria militare e quant’altri comunque avesse messo piede da quelle parti”. Anche il dott. Greco sostenne che bisognava conoscere la “storia espositiva”.

Dunque, specie in relazione alle conclusioni della Commissione Mandelli, occorre sapere chi ha fornito, e con quali criteri, i dati alla Commissione stessa che si è basata nella 3^ Relazione su 44 casi di possibile contaminazione. Ma, tra l’altro, la Commissione non ha preso in considerazione i dati relativi alla guerra del Golfo del 91, della Somalia del 1993, della Macedonia, della Albania, e in Italia dei poligoni e dei depositi. Inoltre si è occupata solo di tumori tralasciando i casi malformazione alla nascita e le patologie neurologiche.
Lo scrivente ha chiesto fin dal 2003, ripetutamente ma invano, al Ministero della Difesa, ai sensi della Legge 241/90 chi ha fornito i dati su cui si sono basate le analisi

7) Numero dei casi di possibile esposizione

Occorre chiedersi a quanto ammonta la cifra totale da prendersi in considerazione.
Recentemente si è appreso dai mass media che è stata compilata una lista di oltre 2.000 casi di possibile contaminazione. Ma si è ricordato poco sopra che nella 3^ ed ultima Relazione Mandelli del 2002 il totale dei casi era di 44. Successivamente alla Commissione di Inchiesta del Senato ne sono stati comunicati (audizione del citato dott. Greco del 2005) 104, nel 2006 il Ministero della Difesa (vedi articolo su Il Corriere della Sera del 5 aprile 2006) comunicò che i casi erano 158. C’è da chiedersi come è possibile che in un anno si sia passato da un numero a tre cifre ad un numero a quattro cifre, cosa assolutamente impossibile. Anche se dimezziamo, per via di possibili errori, la cifra di 2.000 in quella di 1.000 il problema resta nella sostanza immutato. Soprattutto sorge il sospetto che fin dal 2000 vi sia stata una sottovalutazione rilevante del numero dei casi reali.

Per quanto riguarda gli eventi mortali l’Ana-Vafaf ne ha riconosciuti 50 nel dossier recentemente compilato, ma ora, secondo la citata lista, sembrano essere oltre 170. Ed inoltre i 50 casi di morte segnalati dall’Ana-Vafaf nel suo dossier sembra che in larga parte siano invece considerati come relativi a viventi e d’altra parte per il Ministero della Difesa, casi di viventi (vedi ad esempio i casi del maresciallo Marco Diana del Caporal Maggiore Fabio Cappellano) sono stati considerati come casi mortali.

Falco Accame
Presidente Ana-Vafaf


LA LETTERA "MORTA"
Roma, 8 ottobre 2008


Alla Presidente della Commissione Uranio
Impoverito del Senato
Senatrice Lidia Menapace
E membri della Commissione

Signora Presidente,

in relazione alla audizione del Ministro della Difesa, On. Arturo Parisi, Le allego un elenco di questioni sulle quali l’Associazione che presiedo ritiene di non avere avuto adeguate risposta.
Le sarei grato se potesse inviarmi copia dell’elenco dei circa 2.000 casi di malattia di cui si è avuta recentemente notizia al fine di poter confrontare i dati con quelli in possesso dell’Ana-Vafaf.


Falco Accame