lunedì 15 novembre 2010

Ancora un morto e altri casi di malattia

Un altro militare morto e nuovi casi di malattia per possibile contaminazione da uranio impoverito. Il caso di morte, a causa di una patologia tumorale, riguarda un militare che ha prestato per molti anni servizio presso il poligono di Capo Teulada in Sardegna, la scomparsa nella scorso mese di Luglio. Sempre dalla Sardegna si segnala il caso di un ex militare di 39 anni, in passato impiegato a Capo Teulada e nell'altro poligono di Perdasdefogu, il quale ha subito l'asportazione di un testicolo a causa di un cancro.

Altri casi sospetti riguardano un militare di Bari di 28 anni al quale è stato diagnosticato un tumore al cervello, nei mesi scorsi gli è stata asportata l'80% della massa cerebrale. Il ragazzo ha partecipato ad alcune missioni internazionali tra le quali quella in Kossovo tra il 2001 e il 2002. Ad un altro reduce dai Balcani è stata invece diagnosticata una leucemia.

domenica 19 settembre 2010

Il Tar della Campania condanna la Difesa. Riconosciuto il danno bilogico

Il Tar della Campania ha condannato il ministero della Difesa a risarcire il danno biologico ad un militare ammalatosi di tumore alla tiroide dopo essere stato in missione nei Balcani tra il 2000 e il 2002.

Durante la missione il soldato era stato esposto alle radiazioni dei proiettili all'uranio impoverito, utilizzati dalle forze Nato nella guerra in Kosovo del 1999. Il militare - si apprende - aveva gia' ricevuto l'equo indennizzo per l'infermita' da causa di servizio, ma si era visto negare il risarcimento per il danno biologico patito: per questo si era rivolto ai giudici amministrativi. Il Tar, dopo aver ribadito che la domanda di risarcimento rientrava pienamente nella giurisdizione amministrativa, in quanto la responsabilita' dell'amministrazione era ''correlata alla violazione dell'obbligo di tutelare l'integrita' fisica e la personalita' morale dei lavoratori dipendenti'', ha condannato il ministero della Difesa a risarcire il danno biologico sofferto dal militare.

Al via i lavori della Commissione di inchiesta

La commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito, composta da 21 senatori, che dovra'
indagare sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impiegato nelle missioni all'estero, insediatasi il 4 agosto, ha iniziato lo scorso 15 settembre a Palazzo Madama i suoi lavori con l'elezione dei due vicepresidenti e dei segretari. Siamo al terzo tentativo da parte di una commissione d'inchiesta di trovare un nesso di causalita' tra l' uso dell' uranio impoverito nell' esercito e i casi di morte da tumore deimilitari impegnati nelle missioni all'estero.

Il presidente della commissione monocamerale, il senatore del Pdl Rosario Giorgio Costa, si occupa di questo tema fin dal 2005 quando era stato scelto dall'allora ministro della Difesa Antonio Martino ad occuparsi della materia come sottosegretario e ha seguito i lavori delle due commissioni parlamentari d'inchiesta che si sono succedute a partire da febbraio del 2005.

''Nella prima commissione - ha detto Costa - non e' stato possibile, nonostante la collaborazione di tanti scienziati, riuscire a stabilire un nesso di casualita' tra l'uranio impoverito e le patologie tumorali e anche nell'ultima commissione, presieduta dalla senatrice Lidia Menapace, non si riusci' a trovare le motivazioni delle neoplasie, pero' arrivammo a far riconoscere nell'ultima Finanziaria della precedente legislatura una regolamentazione secondo la quale a chi contrae le neoplasie e' riconosciuta la causa di servizio per il semplice fatto di aver preso parte alle missioni di pace''.

Il problema, dunque, come osserva Costa ''rimane irrisolto'', ed e' stato necessario istituire nuovamente la commissione d'inchiesta la cui funzione, spiega il presidente della
commissione e' ''innanzitutto quella di periscopio: vale a dire di costante presenza in modo che chiunque abbia timori o patologie abbia l'opportunita' di potersi rivolgere a un organo super partes parlamentare che segue l'evoluzione dell'argomento''. ''L'obiettivo della commissione - sottolinea Costa - e' quello di riuscire a stabilire qual e' il comportamento che bisogna tenere da parte di chi organizza e di chi partecipa alle missioni di pace affinche' non si contraggano patologie cosi' gravi''.

giovedì 5 agosto 2010

Il Sen. Costa nominato Presidente della Commissione d’inchiesta sull’uranio impoverito

Il Senatore Rosario Giorgio Costa (Pdl) é stato nominato Presidente della commissione parlamentare di inchiesta sull'uranio impoverito. L'investitura è arrivata ieri, direttamente dal Presidente del Senato Renato Schifani. Riprende così l’attività dell’importante organismo d’inchiesta sui casi di morte o gravi malattie dei nostri militari connessi all’esposizione di particolari fattori chimici tossici.

L’attuale Commissione, istituita dal Senato il 16 marzo 2010, è composta da 21 Senatori ed è appunto presieduta da un componente indicato dal Presidente del Senato.
La decisione di istituire nuovamente nel corso dell’attuale legislatura tale Commissione di inchiesta ( che opera con gli stessi poteri e gli stessi limiti dell’Autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 82 della Costituzione) nasce dalla esigenze di approfondire tutte le problematiche connesse all’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito, in relazione alla esposizione a particolari fattori chimici, tossici e radiologici dal possibile effetto patogeno derivante dall’utilizzo dell’uranio impoverito e dalla dispersione nell’ambiente di nano particelle di minerali presenti prodotte dalle esposizione di materiale bellico e alle eventuali interazioni.

“La disciplina istitutiva della Commissione Parlamentare d’Inchiesta – ha dichiarato il Neo Presidente Sen. Costa – assegna allo stesso organismo compiti più ampi e più approfonditi per tutelare con maggiore efficacia i militari a vario titoli coinvolti, pur nella consapevolezza che non è emerso dai lavori delle precedenti commissioni d’inchiesta alcun nesso di causalità diretta tra le malattie o i decessi e l’esposizione all’uranio impoverito. Tuttavia occorre prestare particolare attenzione ai mezzi di tutela e di indennizzo per i soggetti coinvolti”.

“A tale fine - continua il Sen. Costa - a differenza delle altre Commissioni d’Inchiesta sulla stessa materia la attuale Commissione avrà il compito di indagare nei seguenti ambiti: sulle specifiche condizioni ambientali dei vari contesti operativi al fine di valutare le misure adottate per la selezione delle migliori forme di sistemazione logistica e dei più appropriati equipaggiamenti di protezione individuali per le truppe impiegate; sull’adeguatezza della raccolta e dell’analisi epidemiologica dei dati sanitari relativi al personale militare e civile, sia di quello operante nei poligoni e nelle basi militari sul territorio nazionale sia quello inviato nelle missioni all’estero; sulle componenti dei vaccini somministrati al personale militare, indipendentemente dal successivo impiego; sulle modalità della somministrazione dei vaccini allo stesso personale, nonchè sul monitoraggio delle condizioni immunitarie dei soggetti osservati; sui rischi associati alla presenza di gas radon e di materiali contenenti amianto negli ambienti ove il personale militare è chiamato a prestare servizio. “

C’è da aggiungere che la Commissione ha altresì il compito di monitorare il funzionamento del Servizio Sanitario Nazionale per le attività concernenti l’ambito di lavoro della stessa, nonchè il funzionamento del servizio Sanitario Militare, ed in particolare la fruibilità di quest’ultimo in termini di efficienza e di efficacia sul territorio italiano e all’estero, nell’ottica di una migliore tutela della salute di tutti coloro i quali possono essere considerati soggetti a rischio nell’espletamento del proprio servizio.

“La nuova Commissione d’inchiesta - conclude il Senatore Costa - ha inoltre lo scopo di indagare con maggiore ampiezza tutti gli aspetti connessi e correlati al fine di dare la maggiore tutela possibile, anche in termini di indennizzo e ristoro dei militari e civili coinvolti, nella consapevolezza dei delicati compiti svolti a difesa dell’ordinamento democratico, della pace e della sicurezza nazionale. “

domenica 27 giugno 2010

Falco Accame scrive a Schifani: ricostituire la commissione di inchiesta

"Sono passati tre mesi dal via libera unanime del Senato" - Falco Accame, presidente dell'Anavafaf, Associazione nazionale italiana assistenza vittime arruolate nelle forze armate e famiglie dei caduti, ha inviato una lettera al presidente del Senato Renato Schifani per sollecitare la ri-costituzione della Commissione sull'uranio impoverito, ricordando che sono passati tre mesi dal via libera unanime del Senato e sottolineando la necessità di valutare anche i casi di malattia verificatisi in Somalia, esclusi dalla precedente Commissione.

Il 16 marzo 2010 - ricorda Accame nella Lettera - è stato dato il via libera unanime del Senato, alla istituzione di una Commissione Parlamentare d'inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale italiano, impiegato nelle missioni militari all'estero, a causa di uranio impoverito o altri fattori chimici. Ma - sottolinea il presidente dellAnavafaf - "sono passati tre mesi da questo annuncio, ma la Commissione ancora non è stata costituita e ciò nonostante esistessero varie proposte di legge in merito, tra cui quelle del Senatore Costa, del Senatore Casson, del Senatore Balboni. E sono passati più di due anni da quando la Commissione precedente, presieduta dalla Senatrice Menapace, ha cessato di esistere per via dell'interruzione della legislatura".

"Al 2006 - ricorda Accame - il numero dei militari ammalati, in base a quanto venne comunicato dalla direzione della sanità militare (ma oltre al personale delle Forze Armate si è ammalato anche altro personale) era superiore ai 2500. In particolare, dopo la chiusura della scorsa Commissione, sono stati presentati all'Istituto Superiore di Sanità di Roma, i dati raccolti nei distretti militari dalla polizia giudiziaria, come ordinato dalla precedente Commissione (e questi dati non sono stati ancora presi in considerazione)".

Inoltre "sono stati esclusi tutti i casi verificatisi in Somalia". "Si tratta di una situazione molto preoccupante per quanto riguarda la cura del personale militare (e non solo militare) inviato in zone di operazione dove sono state usate armi all'uranio impoverito e dove si sono verificate emanazioni di nano-particelle di metalli pesanti", aggiunge il presidente dell'Anavafaf, concludendo: "Tenendo anche conto dei gravi problemi sorti per il risarcimento delle vittime, problemi che richiedono una urgente soluzione, Le sarò vivamente grato di un Suo intervento al fine di dare finalmente corso alla preannunciata ri-costituzione della Commissione d'inchiesta".

venerdì 21 maggio 2010

URANIO: MORTO MILITARE BRINDISINO, VEDOVA CHIEDE 'VERITA''

Annuncia la richiesta allo Stato di 'verita'' e di un risarcimento Roberta Freguia, vedova di un militare del Battaglione San Marco, Roberto Usabene (nella foto), morto circa un mese fa, a 42 anni, dopo aver partecipato a numerose missioni all'estero, dalla Somalia ai Balcani.

Il sospetto e' che sia morto - dice la moglie in un'intervista all'emittente salentina TeleRama - a causa di un avvelenamento da uranio impoverito. Usabene, primo maresciallo del San Marco, nativo della provincia di Bari e da molti anni residente a Brindisi, e' morto ad aprile scorso. Il 18 Aprile i funerali a Brindisi. Al militare, dacche' si era ammalato, erano state diagnosticate negli anni varie neoplasie, prima ad un testicolo, poi ai polmoni, infine al cervello. ''Alcuni esami istologici - ha denunciato la vedova a TeleRama - hanno dimostrato la presenza di particelle di metalli pesanti nel corpo di mio marito. Per questo motivo chiedo verita' e chiedero' un risarcimento allo Stato. Credo che ci siano molti legami tra la sua morte e il servizio prestato, in particolare credo ad una possibile contaminazione da uranio impoverito. Gia' nel 2008 mio marito presento' una domanda per il riconoscimento della causa di servizio''.

mercoledì 17 marzo 2010

SARA' ISTITUITA UNA NUOVA COMMISSIONE PARLAMENTARE DI INCHIESTA

Dopo le richieste dell'Associazione Vittime Uranio, l'Aula del Senato ha approvato ieri all'unanimita' (233 voti a favore) il documento istitutivo di una commissione d'inchiesta che indaghi sui casi di morte e di gravi malattie che hanno colpito il personale italiano impegato nelle missioni militari all'estero, con particolare attenzione agli effetti dell'esposizione all'uranio impoverito utilizzato nella produzione di proiettili.Il documento messo a punto dalla commissione Difesa del Senato nasce dal compendio di due iniziative del Pd e del Pdl. Quella che vede l'avvio oggi e' la terza commissione d'inchiesta sull'uranio dopo le precedenti istituite durante le due legislazioni precedenti (del centro sinistra, presieduta dalla senatrice Lidia Menapace e del centrodestra, presieduta dal senatore della Lega, Paolo Franco).

FALCO ACCAME: NON DIMENTICARE LE RESPONSABILITA'

E’ importante che finalmente sia stata re-istituita la Commissione per l’uranio impoverito (a cui sono state aggiunte altre cause di pericolosità come l’amianto, i vaccini e le nano particelle). Per quanto riguarda i casi di ammalati nel solo ambito militare (escluso quindi i civili) per possibile contaminazione da uranio impoverito ormai la cifra basata sui dati raccolti dalla Sanità Militare, supera largamente i 2.500.

Il nodo principale finora non risolto è quello che concerne la mancata applicazione del “principio di precauzione”. Laddove non vi è la sicurezza che non vi sia pericolo deve essere adottato. E certamente non è stato adottato in molte situazioni dove si aveva a che fare con l’uranio impoverito, con l’amianto, e vaccini. Per quanto riguarda i vaccini è risultato che in molti casi, mentre dovevano essere somministrati nello spazio di alcune settimane, sono stati somministrati in un solo giorno! Per quanto riguarda l’uranio in Somalia, con 40 gradi all’ombra, i militari USA adottavano tute di protezione, maschere e occhiali, mentre i nostri hanno operato senza alcuna misura di protezione (come ha accertato la sentenza del Tribunale Civile di Firenze in data 17.12.2008). Che l’uranio sia la possibile causa di tumori trova conferma nella legge finanziaria 2008 dove si stabiliscono risarcimenti proprio per malattie causate da uranio e nano-particelle. Anche se non vi è, ovviamente, la certezza del legame tra uranio e tumori, nessuno ha mai osato affermare che un legame non possa esserci. Di qui i motivi per il risarcimento stabiliti dalla legge finanziaria 2008 e dal Regolamento applicativo.

Falco Accame
Presidente Anavafaf

FELICE CASSON (PD), COMMISSIONE D'INCHIESTA SERVE A FAR CHIAREZZA

«L'istituzione di una commissione parlamentare d'inchiesta sul cosiddetto uranio impoverito, voluta dal Senato in modo bipartisan, è un grande passo avanti per arrivare a fare chiarezza, in modo definitivo, sugli effetti negativi per la salute dei nostri militari, dei cittadini che vivono in prossimità delle basi e dei poligoni di tiro e dei civili che anche in occasione delle missioni sono venuti a contatto con questo tipo di munizioni e con altre sostanze tossico-nocive e cancerogene». Lo dice il senatore Felice Casson, vicepresidente del gruppo Pd, primo firmatario di uno dei due disegni di legge esaminati dalla commissione Difesa e poi dall'Aula di Palazzo Madama.
«Nella passata legislatura -spiega Casson- la commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito, nella sua relazione conclusiva, ha raccomandato di continuare ad approfondire il lavoro di indagine. In particolare, l'organismo parlamentare ha raccomandato, pur nell'impossibilità di stabilire con certezza un nesso di causa-effetto tra le patologie presentate da militari e civili e i singoli fattori di rischio, come la dispersione di nanoparticelle di metalli pesanti dovuta alle munizioni all'uranio impoverito, di riconoscere comunque al manifestarsi delle malattie il diritto ai risarcimenti e agli indennizzi ai nostri soldati». L'organismo parlamentare ha inoltre sottolineato la necessità di continuare a raccogliere dati clinici sui militari e sui civili e di perfezionare i protocolli di controllo sanitario.
«La commissione d'inchiesta che oggi istituisce il Senato- prosegue Casson- si prefigge di andare oltre, considerando che mancano ancora importanti indagini mediche, epidemiologiche e biologiche. È necessario verificare l'adeguatezza della raccolta e dell'analisi dei dati sanitari provenienti dai militari e dai civili, sia operanti sul territorio nazionale, che inviati in missione all'estero, esaminare le componenti dei vaccini somministrati al personale delle Forze Armate, indagare sulle patologie collegate all'amianto o al gas radon, che hanno colpito i nostri militari e soprattutto -conclude il senatore- valutare l'adeguatezza degli indennizzi sia di natura previdenziale che di sostegno al reddito dei soggetti colpiti».

domenica 14 febbraio 2010

FERMIAMO IL DECRETO SULL'IMPUNITA'

(di Adele Parrillo da Terranews) Con il D.L. 1/2010 Art. 9, con cui lo scorso primo gennaio il governo ha rifinanziato le missioni internazionali di peacekeeping, il legislatore ha modificato le responsabilità dei militari in relazione ai problemi di inquinamento e salute.

Recita il D.L. 1/2010 Art. 9 al comma 4 : «...non è punibile a titolo di colpa per violazione di disposizioni in materia di tutela dell’ambiente della tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro per fatti connessi nell’espletamento di attività e operazioni o addestramento svolte nel corso di missioni internazionali, il militare dal quale non poteva esigersi un comportamento diverso da quanto tenuto, avuto riguardo alle competenze ai poteri e ai mezzi di cui disponeva in relazione ai compiti affidatigli». Con il suddetto articolo 9 con cui lo scorso 1° gennaio il governo ha rifinanziato le missioni internazionali di peacekeeping, il legislatore ha modificato le responsabilità dei militari in relazione ai problemi di inquinamento e salute.

Tutto ciò può riguardare la mancata applicazione delle norme di protezione nei riguardi dell’uranio impoverito e delle nano-particelle. Infatti in Somalia (1992-94) e poi in Bosnia e Kossovo (dal 1995 al 99) non sono state applicate norme di protezione, mentre è noto che i militari Usa si proteggevano con tute, occhiali e maschere. Forse qualcuno si è preoccupato delle sentenze che sempre più, negli ultimi tempi, si pronunciano a favore del risarcimento a militari, tornati dalle missioni ammalati, o deceduti a seguito di patologie ricondicibili a contaminazione da uranio impoverito.

Nel caso di Giambattista Marica, per esempio, risarcito con 545.061 euro, nella motivazione della sentenza, emessa dal tribunale di Firenze a dicembre 2008, i giudici hanno sostenuto le responsabilità del Ministero della Difesa. “Non ha disposto” si legge nella sentenza, “l’adozione di adeguate misure protettive per i partecipanti alla missione in Somalia. Nonostante fosse sotto gli occhi dell’opinione pubblica internazionale la pericolosità specifica di quel teatro di guerra, e nonostante l’adozione da parte di altri contingenti di misure di prevenzione particolari”. Secondo Falco Accame, presidente Anavafaf, Associazione nazionale vittime arruolate nelle forze armate, «la norma dell’art.9 del D.L. 1/2010, è del resto in contrasto con quanto stabiliscono i codici militari, circa i doveri dei comandanti riguardo alla tutela della salute del personale dipendente. Ed è anche in contrasto con quanto riguarda la legislazione nazionale sulla tutela della salute nei posti di lavoro (legislazione valida anche in campo militare).

L’adozione della norma su citata, porterebbere ad una gravissima de-responsabilizzazione dei comandanti, in quanto non prevede alcun controllo su comportamenti (che non possono essere a priori considerati ineccepibili). Basti pensare a quanto accadde in Somalia nell’Operazione Ibis, (1992-94) con lo stupro delle donne somale da parte di militari del Tuscania». Secondo Accame «è da tener presente che gli ormai oltre duemila casi di malattia, per possibile contaminazione da uranio impoverito dipendono, in larga misura, dalla non adozione di misure di protezione e dal non aver adottato il ‘principio di precauzione’. La norma su citata potrebbe diminuire l’attenzione sull’esigenza di assicurare, per quanto possibile, protezione al personale dipendente».

«Infatti - conclude Falco Accame - non è chiaro cosa significhi ‘..non poter esigersi un comportamento diverso da quanto tenuto’, il che potrebbe rimandare al concetto di cieca obbedienza agli ordini, in contrasto con quanto stabilito dalla L382/78 sui ‘principi della disciplina’». Era solo poco più di un anno fa. Nella finanziaria 2008, con la legge n°244 del 24 dicembre 2007, si arrivava al riconoscimento della causa di servizio e all’erogazione di risarcimenti, a chi avesse contratto infermità o patologie tumorali legate all’esposizione di proiettili all’uranio impoverito.. Una spesa di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008-2010. Il D.L. 1/2010 è stato approvato alla Camera il 9 febbraio di quest’anno ed è stato trasmesso al Senato dove sarà discusso, con il numero 2002. Sarà legge?

venerdì 12 febbraio 2010

Dl Missioni: Pd, governo fa carta straccia vittime uranio impoverito

Ferranti, Touadi, Calipari: Governo crea area irresponsabilità e fa carta straccia diritto salute

“Il governo fa carta straccia dei diritti di salute dei militari, compresi quelli che svolgendo il proprio lavoro hanno perso la vita o hanno visto gravemente compromessa la propria salute per le patologie connesse all’uso di sostanze nocive, come l’uranio impoverito. E’ un vero e proprio scandalo, un grave colpo di mano nei confronti di migliaia di vittime (per l'Associazione Vittime Uranio sono 216 morti e oltre 2500 i malati, e si tratta di dati parziali!)”.

Lo dichiarano i deputati del Pd della commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, Jean Leonard Tuoadi e la vicepresidente del gruppo Rosa Villecco Calipari che spiegano: ‘il comma 4 dell’articolo 9 del decreto che proroga il finanziamento delle missioni all'estero esclude la punibilità di chiunque abbia responsabilità nel garantire il rispetto della normativa sulla sicurezza del lavoro per ‘fatti commessi nell’espletamento del servizio connesso ad attività operative o di addestramento svolte nel corso di missioni internazionali’.

Si tratta di una norma che contiene una formulazione furbesca per creare una vera e propria area di irresponsabilità: chiunque davanti ad un incidente di lavoro potrà dire di non essere responsabile, in quanto, si trattava di attività legate a missioni internazionali anche future. Per non parlare delle centinaia di cause per lesioni e risarcimento danni relative alle malattie legate all’utilizzo di sostanze nocive nelle missioni internazionali. Pensiamo ai tanti militari morti per leucemia a seguito dell’uso dell’uranio impoverito nelle missioni dei Balcani. Ebbene, nessuno dei responsabili verrà punito per legge. Siamo davanti ad un ‘tana libera tutti’. E inoltre stupefacente che il relatore Scelli e il presidente della commissione Giustizia, Giulia Bongiorno non abbiano fatto sentire in aula la propria voce dopo che la II commissione di Montecitorio aveva approvato all’unanimità parere favorevole condizionato proprio alla abrogazione di questa norma”.
Roma, 9 febbraio 2010

mercoledì 20 gennaio 2010

TERZA CONDANNA ALLA DIFESA. DOVRA' RISARCIRE I FAMILIARI DI SALVATORE VACCA

Apprendiamo con soddisfazione la notizia della nuova condanna (la terza, in poco più di un anno) in sede civile inflitta al Ministero della Difesa e rilanciamo con forza l'appello alla classe politica perchè venga al più presto istituita una nuova Commissione parlamentare di inchiesta sull'uranio impoverito, in grado di completare e ampliare il lavoro della precedente. Una recente sentenza del Tribunale civile di Roma ha stabilito il risarcimento nei confronti dei familiari del militare sardo Salvatore Vacca, morto nel 1999 a causa di una leucemia dopo una missione nei Balcani, secondo quanto riportato questa mattina dal quotidiano "L'Unione Sarda".

Sulla vicenda non è stata fatta chiarezza, basta pensare che non si conoscono ancora le dimensioni reali del fenomeno, ossia il numero di militari morti o ammalati per presunta contaminazione. L'Associazione Vittime Uranio ha un elenco incompleto di 216 morti e oltre 2500 malati, ma si tratta di dati parziali. Ci sono state diverse interrogazioni al ministro Ignazio La Russa su questo aspetto, ma sarebbe opportuno che lo stesso fornisse questi dati in una sede più propria, ossia la Commissione parlamentare.

Per quanto riguarda la sola Sardegna il nostro sito pubblica un elenco con i nomi di 12 militari morti dopo aver prestato servizio all'estero o nei poligoni. Si tratta solo dei casi denunciati pubblicamente dalle associazioni e dai familiari di questi ragazzi. Tutto ci fa pensare che si è in presenza solo della punta dell'iceberg e per questo occorre continuare a chiedere la verità.

Associazione Vittime Uranio


ALTRI MEGA RISARCIMENTI ALLE VITTIME DEL "FUOCO AMICO"

Dopo la sentenza del Tribunale di Firenze del 17 dicembre 2008 che ha stabilito un risarcimento di 545.000 euro per il caso del paracadutista G.B. Marica, sulla base della documentazione fornita dalla Anavafaf, altri mega-risarcimenti sono stati stabiliti (caso Di Raimondo e caso Vacca). Si tratta di vittime del "fuoco amico" perché le armi all’uranio sono state usate non dal "nemico" ma da forze alleate (che non avevano nemmeno avvisato del pericolo).

Il caso Marica si riferisce alla Somalia (1992-94) dove i reparti USA operarono protetti e i nostri senza protezione. Ma la Commissione Mandelli non trattò il caso Somalia! Le prime norme di protezione apparvero circa 6 anni dopo , nel novembre 99 emanate dalla KFOR (la Forza Multilaterale nei Balcani). Non venne applicato quindi il PRINCIPIO DI PRECAUZIONE, principio che non richiede affatto l’accertamento di un nesso causale certo (tra uranio e tumori). Ancora ad oggi non si sa di chi fu la responsabilità della mancata emanazione di norme di protezione nei riguardi del "fuoco amico" e neppure si sa il numero dei malati: 312 fu il numero comunicato nel dicembre 2007 dal ministro Arturo Parisi alla Commissione di inchiesta del Senato. 1991 il numero comunicato dal GOI (Gruppo Operativo Interforze della Sanità Militare), oltre 2.500 il numero comunicato dalla Sanità Militare.

Tali numeri riguardano solo militari in servizio e non i civili, le forze di Polizia e altri corpi militarmente ordinati, per cui ad oggi una stima di circa 3.000 persone colpite non è irrealistica. Vi è dunque una enorme e inspiegabile incertezza sulla stessa entità del fenomeno. La Commissione Mandelli aveva preso in considerazione solo alcune decine di casi. Si introduce inoltre una gravissima ingiustizia. Infatti chi ha potuto disporre di soldi sufficienti per ricorrere ad un avvocato può contare su migliaia di euro di risarcimento, mentre vi è chi non ha ricevuto neppure un euro..

La situazione è del tutto inaccettabile sia sul piano della giustizia sia sul piano etico. Occorre che vengano corretti gli errori scientifici da parte di una commissione specializzata che riesamini i risultati della Commissione Mandelli e che venga ricostituita la Commissione parlamentare, decaduta nella scorsa legislatura, per accertare le responsabilità esistenti.

Falco Accame
Presidente Anavafaf

mercoledì 13 gennaio 2010

Interrogazione di Bellanova (Pd) a La Russa

Come annunciato nei gironi scorsi ho presentato un’interrogazione a risposta scritta al Ministro della Difesa per chiedere l’istituzione di una nuova Commissione d’inchiesta, per verificare quale materiale sia stato impiegato nei diversi poligoni presenti sul territorio italiano.

Già nel 2007 avevo interpellato l’allora Ministro della Difesa Parisi in merito all’aumento delle neoplasie registrato nella zona del poligono militare di Torre Veneri. La Commissione, istituita all’epoca, aveva visitato il poligono, ma dalla relazione finale della stessa del febbraio 2008 si evince che: “dal punto di vista organizzativo, permangono ancora dubbi circa l’adeguatezza delle procedure di controllo sulle attività svolte nei poligoni” e ancora “per quanto riguarda le vittime delle patologie nell’ambito del personale militare, non disponendo di dati precisi in ordine a coloro che hanno operato all’interno dei poligoni militari in Italia, non è stato possibile esprimere una compiuta valutazione in merito”.

Le conclusioni alle quali era giunta quella Commissione avevano lasciato, quindi, senza alcuna risposta sia la giusta esigenza di verità delle famiglie delle vittime che le preoccupazioni degli abitanti della zona interessata.

Nell’interrogazione ho inoltre chiesto se il Ministro non ritenga utile conoscere il numero di militari che, svolgendo il proprio lavoro, abbiano perso la vita e quanti abbiano visto gravemente compromessa la propria salute, per le patologie connesse all’uranio impoverito sul territorio italiano. Ritengo sia anche il caso di istituire uno sportello di pubblica utilità, a disposizione dei militari che oggi stanno vivendo il dramma umano della malattia e dei loro familiari, allo scopo di restare al loro fianco in questa gravosa situazione.

Lecce, 13 gennaio 2010

On. Teresa Bellanova

lunedì 4 gennaio 2010

ANCORA MORTI E MALATI. SERVE UNA NUOVA COMMISSIONE DI INCHIESTA

“Sono almeno 216 i militari italiani morti per possibile contaminazione da uranio impoverito”. Lo sostiene l’Associazione Vittime Uranio che questa mattina a Lecce ha denunciato due nuovi casi di morte e quattro di malattia e reso pubblico in una conferenza stampa un documento ufficiale della Sanità militare, agli atti dell’ultima commissione parlamentare di inchiesta.

“Si tratta tuttavia - ha spiegato Francesco Palese, portavoce dell’associazione - di un bilancio incompleto. Il documento della Sanità militare (che elenca 171 morti e 2500 malati) registra infatti l’ultimo decesso nel 2006 e non comprende peraltro i reduci da molte missioni, dai poligoni e tutti coloro che al momento della morte non erano più in servizio”. “Integrando questo documento con i dati in possesso dell’associazione - ha detto Palese – arriviamo a contare 216 morti, ma è un dato ancora parziale”.


Sulla questione, lo scorso 22 dicembre, il deputato radicale Maurizio Turco ha presentato un’interrogazione al Ministro della Difesa La Russa perché venga fatta chiarezza sulle reali dimensioni del fenomeno. Nel corso della conferenza, che ha visto anche la partecipazione di alcuni ex militari malati, è stata chiesta l’istituzione di una nuova commissione parlamentare di inchiesta sull’uranio impoverito “per completare e ampliare il lavoro della precedente”.


I nuovi casi di morte segnalati riguardano: D.S., ex paracadutista della Folgore, della provincia di Reggio Calabria, deceduto nell’ottobre del 2007 all’età di 32 anni a causa di una leucemia sorta in seguito alle missioni in Somalia e in Bosnia e V.C. militare della provincia di Taranto morto sempre di leucemia alcuni anni fa. I casi di malattia riguardano invece un ex militare della provincia di Varese al quale è stato diagnosticato un linfoma dopo una missione presso il poligono a mare di Capo San Lorenzo, in Sardegna, un militare della provincia di Taranto, reduce da diverse missioni all’estero e ora malato di linfoma, due ex militari della provincia di Lecce anche loro malati di cancro, il primo dopo una missione in Bosnia, il secondo dopo il servizio di leva nel poligono salentino di Torre Veneri.

216 MORTI. MA IL BILANCIO E' PARZIALE

Ad oggi non esistono dati ufficiali e aggiornati sul numero di militari morti e malati per tutte quelle patologie riconducibili all’esposizione all’uranio impoverito. La nostra associazione ha un elenco di 216 morti e di oltre 2500 malati. Ma molte ragioni ci portano a credere che possano essere molti di più.

Il documento della Sanità militare

Esiste agli atti dell’ultima commissione di inchiesta del Senato un documento ufficiale della Sanità Militare riportante i nomi di 171 militari morti. Già questo bilancio è molto più grave rispetto ai dati forniti alla stessa Commissione dall’allora Ministro della Difesa Arturo Parisi, nella sua audizione del 6 dicembre del 2007, quando parlò di 77 morti.

Il documento della Sanità militare registra l’ultimo decesso il 25 settembre del 2006, e non comprende tra l’altro il personale non più in servizio al momento della morte o della comparsa della malattia. Non comprende inoltre i reduci dalle missioni in Iraq, in Somalia, in Bosnia e tutti coloro che hanno operato nei poligoni presenti sul territorio nazionale. Nel momento in cui le associazioni parlavano di 50 morti, il ministero quindi ne contava 171 e i dati erano incompleti. Questo ci fa interrogare su quanti effettivamente siano oggi.

I dati aggiornati

Integrando il documento della Sanità militare con i dati della nostra associazione arriviamo oggi a contare 216 morti. Ma anche i nostri dati sono incompleti, perché solo in pochi decidono di rivolgersi alle strutture come la nostra per denunciare la loro storia e intraprendere azioni legali.

L’ultimo militare morto è Manolo Pinna di 26 anni di Cagliari deceduto il 3 novembre 2009 dopo mesi di agonia. Aveva un tumore al cervello e aveva prestato servizio tra il 2001 e il 2002 nel poligono di Capo Teulada. Sulla sua morte è stato presentato un esposto alla Procura del capoluogo sardo.

L’interrogazione a La Russa

In virtù di tutto ciò è auspicabile che il Ministero della Difesa chiarisca le dimensioni del fenomeno. Su nostro impulso, lo scorso 22 dicembre, il deputato radicale Maurizio Turco ha presentato un’interrogazione al ministro La Russa chiedendo quanti siano i militari italiani morti e malati per le patologie connesse all'uranio impoverito, reduci da tutte le missioni internazionali che si sono svolte dal 1980 ad oggi, e quanti morti o malati per le stesse patologie abbiano invece prestato la loro opera nei poligoni presenti sul territorio nazionale.

L’Associazione Vittime Uranio chiede, anche per questo motivo, che venga urgentemente istituita una nuova Commissione Parlamentare di inchiesta in grado di completare ed ampliare il lavoro della precedente, costretta a chiudere per la fine anticipata della scorsa legislatura.


TORRE VENERI: MALATO DI TUMORE UN ALTRO EX MILITARE

Nuovo caso di possibile contaminazione da uranio impoverito in relazione al Poligono di Torre Veneri, in provincia di Lecce. M.D., ex militare di 33 anni, sta combattendo con un linfoma di Hodgkin e attualmente è in cura presso l’ospedale San Gerardo di Monza. La malattia è stata diagnosticata nel 2002. Il ragazzo ha prestato servizio di leva come carrista a Torre Veneri dal 1997 al 1998. “In quel periodo – ha raccontato – ho effettuato diverse esercitazioni, maneggiando munizioni ed armi di vario tipo. Ho fatto tutto ciò nella totale assenza di qualsiasi misura di protezione”.

Si tratta del secondo caso riguardante il poligono pugliese. Ma occorre sottolineare che solo pochissimi militari malati decidono di denunciare le loro condizioni alle associazioni e che non esistono in merito dati forniti dalle strutture militari.

Il precedente

Il 7 ottobre del 2007 un militare di Copertino, sempre nel Salento, di 29 anni, aveva denunciato di essere affetto da un’ “emoblastoma mandibolare”, un tumore osseo. Il giovane aveva prestato servizio nel poligono dal 1998 al 1999. L’attività svolta – denunciò l’ex militare – mi ha portato alla manipolazione di munizionamenti vari, provvedendo senza alcuna protezione a recuperare vedette, bersagli e bossoli esplosi, recandomi nella zona dove pochi minuti prima c'erano state le esplosioni''.

Sulla questione si sollevarono numerose polemiche. Da più parti si disse che l’Esercito italiano non ha mai avuto in dotazione munizionamenti all’uranio impoverito. Anche se questo fosse vero, non basterebbe per escludere che ci possano essere dei rischi per la salute e per l’ambiente, dal momento in cui è facile credere che nei poligoni non vengono utilizzati solo munizionamenti in dotazione alle nostre forze armate. A Torre Veneri, infatti, ci sono stati, nel corso degli anni, numerosi test ed esercitazioni che hanno visto la partecipazione di militari di altri paesi.

Le esercitazioni “a fuoco” della Nato durante la guerra in Somalia

Si ha notizia, ad esempio, di un’esercitazione in ambito Nato, svoltasi nel poligono il 13 Maggio del 1993, quando circa 400 paracadutisti dei contingenti statunitense, tedesco, spagnolo e belga della ''Amf'' (la forza mobile del Comando alleato in Europa) parteciparono ad un ''atto dimostrativo'' nell' ambito dell' esercitazione ''Arena Exchange '93''. In quell’occasione furono svolte anche delle prove “a fuoco” e furono utilizzate delle "sagome" per indicare il "nemico". Era il periodo in cui le forze dell’Alleanza erano impegnate nella missione in Somalia, dove è stato stabilito, anche dalla sentenza del Tribunale civile di Firenze del 17/12/2008, che furono utilizzate armi all’uranio impoverito. Per questo, e per non aver adeguatamente protetto i militari italiani, il Ministero della Difesa è stato condannato a risarcire con 545 mila euro il reduce dalla Somalia Gian Battista Marica, malato di linfoma di Hodgkin e deceduto un mese dopo la sentenza, che stabilì anche il “nesso di causalità” tra la patologia del militare e la sostanza incriminata. Nell’ambito di quel giudizio, inoltre, la Difesa neppure contestò che in Somalia fosse stato utilizzato l’uranio

impoverito. Da ricordare infine che anche la recente sentenza del Tribunale di Roma sul risarcimento di un milione e quattrocentomila euro ai familiari di un militare salentino, Alberto Di Raimondo, morto nel 2005, ha stabilito lo stesso nesso tra il linfoma di Hodgkin e la missione in Kosovo, dove la Nato ammise di avere esploso 31.000 proiettili all’uranio impoverito. Alla luce di tutto ciò è lecito chiedersi con quale tipo di armi si svolgevano le esercitazioni e i test delle forze della Nato nel poligono di Torre Veneri nel 1993. Con quelle che in quel momento venivano utilizzate in Somalia?

La mancanza di informazioni e i test sui blindati "Freccia"

Dai primi anni novanta in poi sono state sempre meno le notizie riguardanti l’attività svolta nel poligono. Ma recentemente, lo scorso 7 ottobre, si è appreso che qui è stato sperimentato il nuovo mezzo blindato dell’Esercito, il “Freccia”, un mezzo di ultima generazione che affiancherà i blindati “Lince” nella missione in Afghanistan. E’ lecito anche chiedersi con quale tipo di munizioni vengono testati questi mezzi, che devono essere in grado di “resistere” alle armi più efficaci, tra le quali sicuramente quelle contenenti uranio impoverito.

I contenitori misteriosi abbandonati nelle campagne

E’ utile anche ricordare un “giallo” accaduto nel 2000. Era il 3 marzo quando 250 contenitori di proiettili per artiglieria furono rinvenuti nelle campagne di Lizzanello, a pochi chilometri di distanza da Torre Veneri. Delle indagini, tese a stabilire di che tipo di armi si trattasse, se ne occuparono i carabinieri, ma non si è saputo più nulla. Si è saputo solo che sui contenitori erano presenti delle scritte in inglese e in tedesco.

La visita della Commissione di inchiesta

Il 21 settembre del 2007 una delegazione della Commissione parlamentare di inchiesta sull’uranio impoverito ha effettuato una visita ufficiale nel poligono di Torre Veneri. L’indagine è consistita, stando alla relazione finale della Commissione, del febbraio 2008, in un “approfondito incontro con il Comandante della struttura, con i suoi collaboratori e con altri alti ufficiali delle Forze Armate”. Nessun prelievo di reperto o di matrici ambientali è stato quindi effettuato, come ad esempio hanno fatto i consulenti della stessa commissione in un altro poligono, quello di Salto di Quirra, in Sardegna.

Nella relazione finale della Commissione, in merito ai poligoni presi in esame (oltre a Torre Veneri e Salto di Quirra anche Capo Teulada, sempre in Sardegna) si dice che: “dal punto di vista organizzativo, permangono ancora dubbi circa l’adeguatezza delle procedure di controllo sulle attività svolte nei poligoni”. Sulla relazione si legge anche: “Per quanto riguarda le vittime delle patologie nell’ambito del personale militare, non disponendo di dati precisi in ordine a coloro che hanno operato all’interno dei poligoni militari in Italia, non è stato possibile esprimere una compiuta valutazione in merito”. Insomma, dalla Commissione nessuna possibilità di fare chiarezza.

L’interrogazione senza risposta

In seguito alla denuncia della malattia del militare di Copertino, il 25 ottobre del 2007, la parlamentare Teresa Bellanova presentò un‘interrogazione al Ministro della Difesa chiedendo “se e da quando nel Poligono di Torre Veneri si faccia uso di uranio impoverito, durante le esercitazioni militari”. Nessuna risposta è giunta dal Ministro. Nell’interrogazione si faceva anche riferimento a una “diffusa e forte preoccupazione tra gli abitanti di Frigole, località costiera della città di Lecce, per l'alta incidenza di patologie neoplastiche verificatesi soprattutto negli ultimi anni”.


Francesco Palese