sabato 22 dicembre 2007

Auguri

A tutti vivissimi e sinceri auguri per un Natale che porti con se pace e armonia interiore, stringendosi ancora una volta attorno a chi non c'è più, ma resterà nei nostri cuori. Per sempre.

Francesco Palese

martedì 18 dicembre 2007

UN GRAVE ERRORE NELLA RELAZIONE DEL MINISTRO PARISI

ALLA COMMISSIONE URANIO IMPOVERITO DEL 6 DICEMBRE 2007

9 motivi per cui la cifra di 56.600 missioni all’estero nei cinque anni dal 2002 al 2007 con 216 malati di tumore costituisce una falsa indicazione per valutare la pericolosità dell’uranio impoverito

Nella sua audizione presso la Commissione Uranio Impoverito del Senato del 6 dicembre 2007, il Ministro della Difesa ha affermato che: “... con l’obiettivo di una valutazione intermedia, va rilevato che per quanto riguarda i militari inviati all’estero, per l’ultimo quinquennio 2002-2006, in riferimento a questi cinque anni è possibile fornire il numero preciso di militari inviati all’estero cioè a dire dei militari che hanno partecipato a missioni nei quattro teatri considerati. Essi sono pari a 56.600 persone. In riferimento a questo denominatore, per quello che riguarda il numeratore, cioè il numero dei militari che risultano ammalati di tumore nello stesso quinquennio è pari a 216. Da ciò deriva che l’incidenza corrisponde a 380 casi ogni 100.000. A titolo meramente indicativo e rinviando naturalmente agli studi che abbiamo avviato, per quello che riguarda il complesso dei tumori in Italia, uno studio effettuato dai dati AIRT per il quinquennio 1998-2002, indica nel totale della popolazione maschile italiana che in media vengono ogni anno diagnosticati nel nostro Paese, 754 casi ogni 100.000 abitanti”.
Le indicazioni fornite dal ministro portano a stabilire che la incidenza dei tumori per i militari (308 casi ogni 100.000) è inferiore a quella che riguarda i civili (754 casi ogni 100.000). Dunque, secondo questa stima, l’uranio non solo non presenta aspetti di pericolosità nei riguardi dei tumori, ma anzi riduce tale pericolosità ed ha dunque un aspetto “positivo” sulla salute.
A parte la siderale differenza con quanto stabilito dal GOI, il Gruppo Operativo Interforze della Sanità Militare, con i suoi 1.991 casi su un campione ben più limitato, la cifra di 56.600 missioni all’estero con 216 casi di ammalati di tumore (i casi di morte non vengono indicati) appare fortemente mistificatoria per almeno 9 motivi.

1) I 56.600 erano a rischio zero (o quasi zero)
La cifra di 56.600 missioni nell’ultimo quinquennio, a partire dal 2002, si riferisce a militari che, se i Comandi hanno attuato debitamente le norme di sicurezza emanate dalla Kfor il 22 novembre 1999, hanno operato applicando tutte le misure di protezione e quindi si tratta di missioni a rischio praticamente zero. Infatti, i militari da considerarsi a rischio sono quelli impiegati in zone colpite (all’estero, ma anche in Italia) prima del 22 novembre 1999. Dal 2000 in là il personale all’estero doveva, infatti, operare adottando le misure di precauzione. Se ciò, in qualche caso non è avvenuto, occorre accertare le responsabilità dei Comandi da cui il personale dipendeva. Per quanto invece riguarda il personale civile inviato all’estero da amministrazioni diverse da quelle della Difesa (personale che però non fa parte dei 56.600), a questo personale, almeno a quanto risulta all’ANAVAFAF, nemmeno dopo il 22 novembre 1999 sono state impartite disposizioni per la protezione e resi disponibili i mezzi adeguati. Ma le 56.600 missioni riguardano solo il personale militare. E questo personale dovrebbe non essere considerato affatto tra il personale esposto. La cifra di 56.600 dovrebbe, in effetti, ridursi a zero.

2) Mancano missioni ed impieghi anteriori al 2002 mentre si include il Libano come zona a rischio
L’analisi, per quanto riguarda le zone a rischio, si estende, oltre che al teatro balcanico, ai teatri dell’Afghanistan, dell’Iraq e anche del Libano, zona, questa, dove finora era stato detto che il personale impiegato non correva alcun rischio.
Da osservare, inoltre, che nel conteggio, dato che si riferisce agli ultimi cinque anni, mancano proprio quelle missioni antecedenti al 2002 in cui il personale ha operato senza protezione e quindi era a rischio e cioè il personale impiegato nella I Guerra del Golfo nel 1991, nella Somalia nel 1993 e nella Bosnia nel 1994 e anni successivi.
Togliendo dal conteggio proprio le missioni a rischio (e quindi il personale possibile contaminato ammalato e deceduto in queste missioni), si offre una visione falsificata dell’insieme dell’incidenza dei tumori (ma vanno considerati non solo i tumori, ma anche le altre gravi forme di malattia che sono emerse).

3) Militari italiani e civili nei poligoni, nei depositi e impiegati nel recupero di armi dal mare
La cifra dei 56.600 militari in missione all’estero omette di considerare quella parte di personale militare e civile che è stato esposto al rischio da uranio impoverito perchè ha operato senza protezione in Italia nei poligoni (specie per il recupero a mani nude di armi inesplose e residuati bellici), che ha operato prima del 22 novembre 1999 (ma spesso anche dopo per quanto riguarda i civili) nei depositi (di armi, di rotabili e di vestiario) e il personale che ha recupero dal mare (specie nelle acque dell’alto Adriatico e della Puglia) proiettili lanciati dagli aerei A10 prima del rientro nelle basi di Aviano e Gioia del Colle. Anche sotto questo aspetto il numero di 56.600 è erroneo.

4) Andare in missione non significa essere esposti
La cifra dei 56.600 militari inviati in missione all’estero non corrisponde affatto al numero del personale esposto e quindi non può essere preso di riferimento per il personale malato. Infatti, solo una piccola parte del personale in missione all’estero (forse 1/2 o 1/5) si trova ad essere esposto in luoghi colpiti da armi all’uranio e in luoghi dove il personale ha raccolto, per il brillamento, proiettili all’uranio. Infatti, una larga parte di personale inviato in missione all’estero è destinato ad incarichi logistici e amministrativi, lontani dalle aree colpite. C’è chi è stato inviato all’estero per operazioni di Intelligence (i Servizi Segreti) in località non esposte, altro personale utilizzato nel settore Comunicazioni (ponti radio, etc.), altro personale che ha operato in strutture sanitarie, altro ancora che ha operato in impieghi di ragioneria o simili.
Quindi, a parte il fatto sopracitato che il personale, dopo il 22 novembre 1999 doveva operare con protezioni adeguate, e quindi non era da considerare come esposto, una larga parte di esso ha comunque operato in zone non esposte.
Inoltre, quando si parla di missioni, bisogna tener presente che un gran numero di missioni riguarda, ad esempio, quelle effettuate dagli aerei di trasporto che si sono recati in aeroporti all’estero, magari per consegnare materiale o portare delle persone, il personale degli aerei poco tempo dopo l’atterraggio e ripartito per l’Italia, senza trovarsi quindi esposto in alcuna zona contaminata.

5) Dimenticati i civili all’estero
La cifra di 56.600 militari, lo dice la parola stessa, esclude di per sé i civili che hanno operato all’estero in zone colpite, ma anche i civili che hanno operato in Italia. I civili all’estero (a parte quelli facenti capo al Ministero del Difesa) erano dipendenti dalla Presidenza del Consiglio, dal Ministero degli Esteri (si include in questo personale anche il personale del volontariato, largamente impiegato all’estero), dal Ministero dell’Interno (ad esempio Polizia di Stato), dal Ministero della Protezione Civile (Vigili del Fuoco), dal Ministero della Sanità (strutture ospedaliere) e dal Ministero del Tesoro (Guardia di Finanza).
Come sopra accennato, il personale civile, nella grandissima maggioranza (almeno a quanto è dato conoscere all’ANAVAFAF), non è venuto a sapere neppure della esistenza di norme di precauzione da adottare e ancor meno è stato dotato del materiale per proteggersi (maschere, occhiali, tute, guanti, etc.).

6) Dimenticati i civili in Italia
La cifra di 56.600 non include i civili che sono stati esposti in Italia nelle zone dei poligoni (ad esempio i pastori che operano in quelle zone) e i cittadini presenti nell’abitato limitrofo ai poligoni.

7) Diversità nella fascia di età tra personale militare e personale civile
La cifra di 56.600 in quanto si riferisce a personale militare impiegato all’estero, riguarda persone in grande maggioranza nell’età tra 25 e 45 anni (con estremi da 18 a 60). Invece, per quanto riguarda i civili che vengono presi in considerazione nel paragone tra pericolosità dell’uranio per i militari e per i civili (tra l’altro, non vi è solo una popolazione maschile, ma anche femminile da considerare) la gamma di età relativa ai civili è diversa da quella dei militari, copre infatti l’intero arco della vita (da 1 a 100 anni).

8) Non considerare solo i tumori ma anche altre gravi malattie
La cifra di 56.600 viene presa in considerazione solo in rapporto ai tumori che si sono verificati, ma non anche in rapporto alle altre gravi malattie che pure si sono verificate, come le malattie neurologiche (ad esempio sclerosi multipla), le malattie genetiche (che hanno causato la nascita di bambini malformi), ed altre gravi patologie come disfunzioni epatiche (che hanno, addirittura, portato al massimo della invalidità per le persone colpite).

9) Stato di salute media dei militari e stato di salute media dei civili
La cifra dei 56.600 si riferisce a personale militare. Un confronto con quanto accade per i civili è improprio, perchè lo stato di salute medio dei militari è migliore di quello dei civili in quanto i militari, per essere ammessi in servizio, sono soggetti a visite psicofisiche attitudinali molto severe, visite che si effettuano, poi, anche in seguito durante il servizio.
Si tratta, quindi, di due classi di persone, i civili e i militari, che sotto questo aspetto specifico della salute non possono essere direttamente messe a confronto.


Falco Accame
Presidente ANAVAFAF



lunedì 17 dicembre 2007

URANIO: PARISI INSEDIA COMITATO PREVENZIONE E CONTROLLO MALATTIE

RESTERA' IN CARICA TRE ANNI

Il Ministro della Difesa, Arturo Parisi, come annunciato nell'ultima audizione della Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio, ha oggi Insediato il Comitato per la prevenzione e il controllo delle malattie, istituito con Decreto del Ministro della Difesa lo scorso 23 novembre, al quale sono attribuiti compiti di studio e ricerca attinenti alle gravi patologie, che colpiscono i militari italiani impiegati in Italia e all'estero.

Lo annuncia una nota del ministero della Difesa sottolineando che e' un'altra iniziativa assunta, dopo quelle realizzate nelle scorse settimane, per fare luce sulla tematica.'Quello che ci guida in ogni nostra azione - ha detto il Ministro Parisi - e quindi ci ha guidato nella costituzione di questo Comitato, e' la salvaguardia della salute del nostri militari.

La Difesa e le Forze Armate sono infatti le prime a considerare la salute dei militari come un bene prezioso da salvaguardare'. Riferendosi poi al clima di diffidenza che talvolta si e' ingenerato su tali problematiche e alle polemiche che da esso sono derivate, Parisi ha sottolineato 'la volonta', di approfondire ogni questione', precisando e confermando che 'su questo argomento il ministero e' fermamente intenzionato a predisporre il massimo della trasparenza e della chiarezza".

Il Comitato, che dura in carica tre anni, e' composto da autorevoli esperti indicati dal Ministero della Salute, della Ricerca e Universita', dalla Difesa e dalla Commissione di indagine parlamentare. Esso e' cosi' composto: Tenenente Genenerale Michele Donvito; professor Robin Foa'; dottoressa Antonietta Gatti; dottor Valerio Gennaro; professor Renato Lauro; professor Andrea Lenzi; Ammiraglio Ispettore Capo Vincenzo Martines; professoressa Paola Muti; professor Guido Rasi; dottoressa Stefania Salmaso e professor Massimo Zucchetti.

sabato 15 dicembre 2007

Giustizia per Emilio

Sono una cugina di Emilio Di Guida, ringrazio tutti coloro che lo hanno ricordato e sento, nel grande dolore, che giustizia deve essere fatta!

Emilio è l'eroe silenzioso, ucciso dalla disonestà e dall'indifferenza di chi aveva il dovere di tutelare la sua vita che metteva al servizio della patria. Dove sono i responsabili? Perchè tacciono? E' forse la coscienza, nera come la pece, che tiene chiusa la loro bocca?

Forse perchè non sono i loro figli chiusi nelle gelide bare coperte dalla bandiera di una patria che ormai non ha più uomini capaci di assumersi le colpe di errori così gravi? Perchè tacciono? Sono uomini?

No, non lo sono perchè hanno taciuto prima, durante e dopo. Perchè non hanno attrezzato questi militari, in maniera adeguata sapendo contro quale nemico (polveri di uranio) li stavano lanciando? Bastardi!

Pia Di Guida

venerdì 14 dicembre 2007

URANIO: GRILLO, OMICIDIO COLPOSO PLURIMO PER MINISTRI DIFESA

Potrebbero essere accusati per omicidio colposo plurimo i Ministri della Difesa e gli stati maggiori competenti per le morti di militari causate da possibile contaminazione da uranio impoverito?

“Certo, perché è chiaro che le responsabilità ci sono”. Questa la risposta di Beppe Grillo alla specifica domanda formulata dal sito Vittimeuranio.com all’uscita di Palazzo Madama questa mattina.

Per il comico che segue la vicenda “queste sono morti sul lavoro per le quali nessuno si assume la responsabilità”.

mercoledì 12 dicembre 2007

L'uranio e gli studi sul personale della Folgore

Secondo lo studio sul personale della Folgore Condotto dal Prof. Nobile, audito dalla commissione senatoriale sull'uranio, non risultano casi di contaminazione tra questi militari.

Peccato che nel luglio del 1999 sia deceduto presso l'ospedale militare del Celio il Cap. Antonino Caruso. Il Cap. Caruso ha comandato la seconda compagnia incursori paracadutisti del Col. Moschin durante la missione somala Restore Hope, dal dic. 92 fino al rientro in Italia del contingente italiano nell'aprile del 94.

Il Cap. Caruso era un ufficiale operativo impiegato in missioni ad alto rischio, sempre in prima linea, e durante la sua permaneza in Somalia non ha mai utilizzato protezioni contro l'inalazione o l'ingestione o qualsiasi altro tipo di contaminazione da sostanze tossiche, a parte ovviamente la maschera antigas normalmente in dotazione.

Il Cap. Caruso è deceduto per una gravissima forma di tumore cerebrale all'età di 42 anni, dopo una lunga e penosa agonia. Forse i dati presi in considerazione dall'esimio professore si riferiscono ad un periodo successivo all'8 maggio 2000, quando è stato disposto l'utilizzo di misure di protezione emanate dalla Folgore.

Daniela Volpi

10 domande al Ministro Parisi

1) Principio di precauzione
Perchè per almeno sei anni (dal 1993 al 1999), cioè da quando gli Stati Uniti emanarono le norme di protezione per i loro Reparti impiegati in Somalia, all’epoca delle operazioni in Kossovo (in un documento a firma del Col. Osvaldo Bizzari), queste non furono rese note anche ai Reparti italiani, cosicché il nostro personale, per oltre 6 anni, è rimasto nella ignoranza circa i pericoli presentati dall’uranio impoverito?

2) Luoghi di possibile contaminazione
Perchè non vengono considerati tutti i luoghi di possibile contaminazione dove è stato impiegato il nostro personale, sia militare che civile. E quindi non solo i teatri all’estero dei Balcani, dell’Iraq, dell’Afghanistan e del Libano (il quale ultimo viene, peraltro, nominato solo ora) e non di altri luoghi dove non si può escludere l’impiego di armi all’uranio all’estero, come i luoghi dove hanno operato i nostri militari (e civili) durante la Prima Guerra del Golfo (1991), la Somalia (1993) e, in Italia, nei poligoni. E perchè, in particolare, non sono stati presi in considerazione i civili che sono stati impiegati dal Governo italiano da parte di vari Ministeri e Corpi Armati, come la Guardia di Finanza, nonchè i militari in congedo?

3) Non solo tumori
Perchè si considerano solo i casi di tumore e non le altre gravi patologie che si sono manifestate (patologie neurologiche, genetiche, etc.)?

4) Gli indennizzi e la Legge 308/81

Perchè non si prende in considerazione, per gli indennizzi, la legge 308/81 che prevede, tra l’altro, la speciale elargizione di 25.000 euro e non richiede la concessione della causa di servizio. E perchè esistono enormi differenze di risarcimento che vanno tra Euro 0 e Euro 200.000 (per le vittime di Nassiriya)? E ciò anche tenendo presente che chi ha potuto fare ricorso ha ottenuto risarcimenti che vanno da Euro 500.000 a Euro 900.000.

5) Raccolta di informazioni
Perchè non è stata tempestivamente avanzata (fin dai primi casi del 1999-2000 che hanno avuto evidenza) a tutti gli Enti dipendenti dal Ministero della Difesa (Comandi operativi e Comandi terrestri), di inviare informazioni alla Direzione del Personale del Ministero Difesa, circa eventuali casi sospetti di contaminazione da uranio impoverito, in modo da evitare ciò che è successo in fatto di enorme incertezza nella raccolta dati (dai 44 casi della Relazione Mandelli ai 1.991 raccolti dal GOI)?

6) Sperimentazioni di ditte straniere
Perchè nei poligoni non sono state mai emanati dei “bandi internazionali” che ordinassero il divieto, anche a ditte straniere, di eseguire sperimentazioni nei poligoni con armi “non convenzionali”? Perchè non sono stati disposti controlli sulle sperimentazioni eseguite e perchè ci si è affidati a delle improbabili autocertificazioni? Perchè non sono mai state richieste (anche in sede contrattuale), alle ditte estere interessate, specifiche indicazioni circa le sperimentazioni da effettuare? Perchè nei poligoni, così come all’estero, si è lasciato che il nostro personale raccogliesse a mani nude i residuati bellici da far brillare?

7) Studio SIGNUM
Perchè non si è avuto, fino ad oggi, alcun risultato dello studio SIGNUM per cui il Parlamento ha stanziato una altissima cifra, studio che era stato annunciato come un evento di portata internazionale? Come è possibile dar vita ad una nuova Commissione di studi, quando ancora non si conoscono gli esiti dello studio sopracitato? E non si hanno che dati estremamente oscillanti tra i casi che si sono verificati, e quindi completamente inidonei ad un lavoro epidemiologico?

8) Confronto tra casi di tumore dei militari e casi dei civili
Perchè si continua a fare dei confronti tra casi di militari e casi di civili, non tenendo conto delle differenze “strutturali” tra queste classi di soggetti? Infatti, a parte ogni altra considerazione, mentre la classe dei militari opera in una età grossomodo compresa tra 20 e 40 anni, per quella dei civili non esistono questi limiti di età. Inoltre, il livello di “salute fisica dei militari” è diverso da quello dei civili, in quanto i militari vengono ammessi al servizio solo dopo una serie di visite attitudinali psicofisiche e di visite periodiche nel corso della carriera, mentre per i civili questi vincoli non esistono. Il confronto, dunque, è assolutamente improprio venendo fatto tra classi eterogenee.

9) Pericolosità o non pericolosità dell’uranio
Perchè si continua ad affermare che non c’è alcuna relazione tra uranio e tumori se poi le stesse norme di sicurezza emanate in Italia (ad esempio le summenzionate norme a firma del Col. Osvaldo Bizzari, della Kfor – e anche quelle a firma del Col. Fernando Guarnieri della Folgore, e così pure le disposizioni emanate dallo Stato Maggiore Difesa a firma del Gen. Ottogalli), mettono in evidenza la pericolosità dell’uranio e questa pericolosità è stata ampiamente riconosciuta anche dal Ministero dell’Ambiente e dal Ministero della Salute?

10) Misurazioni di radioattività
Perchè si è lasciato utilizzare lo strumento di rilevazione RA 141B per il compito di individuare le armi all’uranio impoverito, quando si sapeva che il raggio di esplorazione era di circa 10 cm? Così avvenne che in Bosnia, i nostri Reparti NBC non si accorsero della presenza di oltre 10.000 proiettili lanciati dagli aerei della NATO (oltrechè dei missili da crociera) e il Ministro della Difesa pro tempore dichiarò che non era stato usato uranio in Bosnia?


Falco Accame
Presidente ANAVAFAF

lunedì 10 dicembre 2007

L'addio a Emiliano

Amici, ho appena saputo da mia madre che domani (oggi n.d.r.) ci saranno i funerali di Massimiliano (leucemia) anche lui ha fatto la guerra in qualità di militare nel Kosovo ...Emiliano viveva a Senerchia provincia di Avellino anche se da alcuni mesi era ricoverato in ospedale a Napoli, io non lo vedevo da diversi anni ma vi assicuro che il ricordo di quando eravamo piccoli e si giocava insieme per le strade del paese è vivo.

Amici ho il sospetto che anche qui siamo davanti ad un caso di contaminazione per esposizione/contatto con l'Uranio Impoverito..No no non è giusto Emiliano ha 32 anni è un mio un nostro coetano... no non è giusto morire così...morire perchè nella vita un ragazzo ha scelto di servire lo stato facento l'ufficiale. Che tristezza...che schifo...

Un amico

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Si sono svolti alle ore 11.00, nel piccolo comune di Senerchia, i funerali di Emiliano Di Guida, l'ufficiale deceduto il 9 dicembre scorso all'Ospedale Pascale di Napoli a seguito di una leucemia fulminante che lo ha stroncato in soli 30 giorni. Il giovane era di stanza a Bolzano, presso il Reggimento Carabinieri Trentino Alto Adige, ed aveva partecipato a varie missioni, tra cui una in Kosovo. Alle cerimonie, celebrate mentre a Senerchia c'era il lutto cittadino, hanno preso parte alcuni esponenti dell'Arma dei Carabinieri.
vittimeuranio.com

sabato 8 dicembre 2007

MA IN LIBANO E' STATO USATO O NO L'URANIO? COME LA DIFESA SMENTISCE SE STESSA

Dall'ultima audizione del Ministro della Difesa Arturo Parisi in Commissione di Inchiesta emergono due importanti aspetti.

1- Nell'elenco dei teatri di guerra potenzialmente colpiti da munizioni all'uranio impoverito è stato inserito il LIBANO. Ma come? Non era stato sempre detto che in Libano non era stato utilizzato l'uranio? Questa sembra essere una gravissima contraddizione. Se veramente in Libano è stato utilizzato l'uranio, perchè viene ammesso solo adesso? Se, di contro, è vero che nel Libano non è stato utilizzato, qualcuno può pensare che sia stato inserito nell'elenco dei teatri per incrementare il campione di riferimento, togliendo significatività al dato dei morti. Un conto è un morto su dieci militari impegnati in missione, un altro conto è un morto su 20.

A questo punto occorre rileggersi quello che dichiarava lo Stato Maggiore dell'Esercito sulla questione solo lo scorso febbraio rispondendo al COCER.

Ed ecco invece come rispondeva il Ministero della Difesa ad una interrogazione parlamentare sull'argomento il 9 novembre del 2006.

Aspettiamo venga fatta chiarezza. Sarebbe anche il caso che il COCER dell'Esercito, risollevasse la questione davanti al proprio Stato Maggiore. Per questo invitiamo i delegati a darsi da fare. Forse è la volta buona che si riesce a "sapere" qualcosa.

Ricordo anche che in seguito all'intervista fatta dal sottoscritto al militare in Libano, ripresa da tutte le agenzie di stampa, da L'Unità e da altri quotidiani locali, esponenti della Difesa, di cui non ricordo il nome, precisamente al Quotidiano di Puglia affermarono che queste inchieste, erano prive di fondamento e che il sottoscritto si divertiva a "lanciare facili allarmismi".

Passarono pochi mesi e dal Libano tornò il primo militare affetto da tumore (il 2 giugno scorso). Passa ancora qualche mese e lo ammette - implicitamente - niente meno che il Ministro della Difesa in una formale audizione. Tutto passa inosservato, anche grazie a quel mucchio di "giornalistoni" dei grandi quotidiani che sulla vicenda uranio "non hanno capito mai un cazzo" come spesso ama ripetere un veterano ultra ottantenne.

La questione del Libano è importante. Perchè se non si interviene adesso passeremo i prossimi decenni a fare la conta dei morti e dei malati reduci da quell'area, come stiamo facendo adesso con i Balcani.

2 - Nel giro di alcune settimane, rispetto alla precedente audizione, i morti passano da 37 a 77. I Malati da 255 a 312. Lo stesso Parisi si è scagliato contro la "guerra di cifre" alla quale, sembrerebbe, stia partecipando attivamente anche lui.

Poi c'è la questione delle AUDIZIONI e quella delle RESPONSABILITA'. Quando la commissione si deciderà a far testimoniare i MILITARI reduci dalle varie missioni? Molti si sono resi disponibili a testimoniare sulla mancata adozione delle misure di protezione contro l'uranio. Nessuno è stato ancora ascoltato. A qualcuno l'audizione è stata promessa dalla stessa presidente della Commissione Menapace. Ancora silenzio.

Queste audizioni sono importanti perchè dalle stesse si potrebbe cominciare ad indagare sulle responsabilità di chi quelle norme, facilmente rintracciabili su questo sito, non le ha fatte rispettare, esponendo i militari a rischi di possibile contaminazione. Ma la parola responsabilità, continua a rimanere un tabù. Comunque bisogna ammettere che il ministro Arturo Parisi, rispetto ai suoi predecessori, ci stia mettendo un impegno maggiore per far emergere piccoli spazi di verità.


Francesco PALESE
posta@vittimeuranio.com

URANIO: ACCAME, DATI PARISI COMPLETAMENTE INSUFFICIENTI

Sono 'completamente insufficienti' i dati forniti oggi al Senato dal ministro della Difesa, Arturo Parisi, sui militari italiani ammalatisi o morti di tumore. E' il parere di Falco Accame, presidente dell'Anavafaf, un'associazione che assiste i familiari delle vittime arruolate nelle Forze armate.
Secondo Accame, infatti, i dati 'non tengono conto dei casi di morte e malattia nella guerra del Golfo del '91, in Somalia nel 1993, nei poligoni di tiro a partire dal 1977, dei civili e del personale in congedo. Inoltre, si riferiscono solo ai tumori e non alle altre gravi malattie e, quindi, non possono costituire la base per alcuna valutazione statistica'.

Ad avviso del presidente dell'Anavafaf, inoltre, 'e' inaccettabile che alla luce dei circa 2.000 casi venuti fuori dopo che la polizia giudiziaria si e' recata nei distretti, venga ancora considerata valida la relazione Mandelli che si basa su 44 casi'.

URANIO: PARISI;AMMALATI 312 MILITARI MISSIONI, 77 MORTI

1.703 TOTALE SOLDATI CON TUMORE IN 11 ANNI

Sono 312 i militari italiani che si sono ammalati di tumore maligno negli ultimi 11 anni (1996-2006) nei Balcani, in Iraq, Afghanistan e Libano; 77 di questi sono morti. Il numero complessivo dei militari malati di tumore, tra impiegati in missione e non, e' invece di 1.703. Sono questi gli ultimi dati in possesso della Difesa: il ministro Parisi li ha comunicati oggi al Senato, davanti alla Commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito. Ma c'e' gia' chi parla di dati 'al ribasso'.

Che i numeri siano ancora parziali, in realta', lo ammette la stessa Difesa, che ha incontrato 'estrema difficolta'' a raccogliere in poco tempo dati 'sparsi in varie articolazioni, di cui alcune soppresse, con gli archivi sigillati e trasferiti ad altri enti'. Il risultato di questo lavoro (in attesa di creare una 'organizzazione centralizzata e informatizzata') e' un bilancio di soldati morti o ammalati piu' pesante di quello fornito in precedenza dallo stesso Parisi, che davanti alla Commissione aveva parlato di 255 casi, con 37 morti, tra i militari in missione - contro i 312 e 77 di oggi - e di 1.682 malati in totale (1.703).

'Difformita' - ha spiegato il ministro, con particolare riferimento alle missioni - dovuta soprattutto al fatto che alcune decine di malati o morti per tumore allora indicati nell'elenco dei militari che non avevano preso parte alle missioni, invece vi avevano partecipato'.
Ma perche' solo Balcani, Iraq, Afghanistan e Libano? 'Per ragioni di studio' e perche' e' li' che 'si pensa sia stato fatto uso di armamento all'uranio impoverito', ha spiegato Parisi. Che comunque ha rassicurato: 'questo e' solo il primo e principale campo su cui indagare, ma non significa che si intende trascurare anni o situazioni che non risultino in questi limiti'. Perche', ha ripetuto il ministro, 'la Difesa non ha nulla da nascondere, ne' ha interesse a nascondere nulla'.

E comunque - ha aggiunto Parisi, facendo per la prima volta questo raffronto - la percentuale dei militari che si e' ammalata di tumore dopo aver partecipato a missioni e' inferiore a quella della popolazione maschile italiana. Si tratta di 'dati e comparazioni molto grezzi', ha premesso il ministro, ma e' un dato di fatto che nel quinquennio 2002-2006 sono stati 216 su 56.600 i militari italiani impiegati all'estero che si sono ammalati, 'con una incidenza di 380 casi ogni 100.000'.

Uno studio effettuato in base ai dati dell'Airt (Associazione italiana registri tumori) sul totale della popolazione maschile italiana per il quinquennio 1998-2002, indica invece che 'in media vengono ogni anno diagnosticati nel nostro Paese 754 casi ogni 100.000 abitanti'.

I dati forniti da Parisi sono 'molto preoccupanti, ma ancora incompleti', ha detto Felice Casson (Pd), componente della Commissione d'inchiesta, che ha chiesto di sentire i direttori del Sismi che si sono succeduti dal '96 al 2006 soprattutto per capire dove sono state usate munizioni all'uranio. Un tipo di 'armamento che non e' mai stato utilizzato dalle Forze armate italiane', ha ribadito Parisi. Ma proprio oggi un militare malato sentito da Sky ha detto: 'nel '99 anche noi lo impiegammo in Kosovo'.

L'informativa di Parisi non ha soddisfatto Falco Accame, presidente di una delle associazioni piu' attive su questo fronte, secondo cui 'non si tiene conto dei casi di morte e malattia nella guerra del Golfo del '91, in Somalia nel 1993, nei poligoni di tiro a partire dal 1977, dei civili e del personale in congedo e delle altre gravi malattie diverse dai tumori'.

URANIO: CASSON, ASCOLTARE TUTTI I CAPI DEL SISMI DAL '96 AL 2006

Il senatore Felice Casson, capogruppo Pd nella commissione uranio impoverito, ha chiesto che vengano ascoltati tutti i capi del Sismi succedutisi dal '96 al 2006, per accertare in primo luogo dove sia stato fatto uso di munizionamenti all'uranio.

"Nel corso dell'audizione odierna del ministro Parisi presso la Commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito - sottolinea Casson - ho richiesto che vengano ascoltati tutti i capi del servizio segreto militare per il periodo che va dal 1996 al 2006, che costituisce il campo d'indagine e che riguarda gli scenari dei Balcani, dell'Iraq, dell'Afghanistan e del Libano. La richiesta scaturisce dalla risposta interlocutoria che il comandante operativo interforze, gen. Castagnetti, ha dato di fronte alla Commissione nel mese di maggio. Si era infatti riservato di fornire i dati richiesti in un secondo momento e ora che sono pervenuti alla Commissione appaiono ancora insoddiscafenti e comunque incompleti. Da qui la richiesta di audire tutti i responsabili del Sismi, al fine di chiarire dove sia stato fatto uso di uranio impoverito, sia in Italia che all'estero, da parte di forze armate alleate o avversarie".

Nel corso dell'audizione - sottolinea ancora Casson - il ministro Parisi ha reso noto il numero degli ammalati e dei morti da uranio impoverito, aumentando la quantità di quest'ultimi a 77 unità. "I dati sono molto preoccupanti, ma ancora incompleti.
Vanno, quindi, utilizzate tutte le strutture mediche e scientifiche per acquisire, sia presso le strutture militari che presso le associazioni private che si interessano della questione, i dati relativi a tutti gli scenari di guerra che abbiano visto coinvolto personale italiano a partire dalla guerra del Golfo che risale al 1991".

giovedì 6 dicembre 2007

URANIO: PARISI, PER CAUSA SERVIZIO NON SERVE NESSO CAUSALE

Mentre proseguono gli accertamenti sulle cause che hanno provocato i tumori ai militari italiani impiegati all'estero, sul versante 'risarcitorio e assistenziale' un passo avanti e' stato fatto con la legge n.222 del 29 novembre scorso che fornisce 'un adeguato supporto a quanti si fossero ammalati nei difficili scenari operativi fuori area'.

Lo ha sottolineato il ministro della Difesa, Arturo Parisi, nel corso della sua audizione davanti alla Commissione parlamentare d'inchiesta del Senato sull'uranio impoverito.Con la nuova normativa, ha spiegato infatti Parisi, 'il riconoscimento della causa di servizio e' gia' possibile senza che vi sia la dimostrazione scientifica del nesso di causalita'' tra patologia e uranio impoverito.

Il militare malato puo' essere infatti inserito nella categoria delle 'vittime del dovere', con i benefici che ne derivano e che sono stati 'quasi interamente' parificati a quelli delle vittime del terrorismo. Il provvedimento ha una copertura finanziaria di 173 milioni di euro.

mercoledì 5 dicembre 2007

Militare malato dopo ritorno dall'Iraq

Un militare campano, D.L.A., di 26 anni, attualmente destinato ad Udine, è tornato dall’Iraq ammalato di un tumore ed è stato operato a Napoli.
E’ in attesa di una forma di indennizzo. Avrebbe potuto usufruire, per quanto concerne l’indennizzo, della Legge 308/81 per la quale per ottenere un indennizzo non occorre la “causa di servizio” ma è sufficiente dimostrare che si è vittime di un grave infortunio, cioè un infortunio compreso nell’elenco delle infermità e lesioni gravi previsto dalla legislazione sulle pensioni di guerra. Il tumore rientra in tale elenco.
Viene invece richiesta la causa di servizio, causa di servizio che peraltro non viene concessa perché non si può provare con certezza che il tumore dipenda da contaminazione per uranio impoverito. La questione non è risolta neppure dalle recenti disposizioni del ministero della Difesa preannunciate dal Ministro nella sua audizione presso la Commissione di Inchiesta del Senato del 9 ottobre 2007.
Tali disposizioni, (che riguardano comunque solo i militari e non i civili mentre molti sono i civili che sono stati contaminati del tutto dimenticati in queste disposizioni), prevedono la possibilità di un indennizzo concesso per “stress da sentinella” (una attività che certamente i civili non svolgono).
Ma accettare la causale dello “stress” significa riconoscere per il militare la sua insufficiente idoneità psico/fisica, dote essenziale richiesta a tutti gli appartenenti ai corpi armati e che viene accertata attraverso apposite visite mediche.
A parte ciò gli indennizzi, che pare siano compresi tra i 7.000 e i 17.000 euro, non rispondono certo alla gravità dei danni biologici ed esistenziali subiti dalle vittime. Visto che molti civili dipendono dalla Presidenza del Consiglio e da altri Ministeri dovrebbe essere la Presidenza del Consiglio a emanate disposizioni valide per tutti le vittime civili e militari.

Falco Accame

martedì 4 dicembre 2007

RELAZIONE A PARLAMENTO,195 NEOPLASIE MILITARI BALCANI

Dal 1996 al 30 aprile 2007 risultano 195 casi di neoplasie maligne tra i militari italiani che sono stati impegnati in missioni in Bosnia e Kosovo. Il dato e' indicato nella decima relazione quadrimestrale sullo 'stato di salute del personale impiegato nei territori della ex Jugoslavia', consegnata in questi giorni al Parlamento.

Le neoplasie piu' frequenti sono il tumore alla tiroide e al testicolo (29 casi per ogni patologia), il linfoma di Hodgkin (21), il linfoma non Hodgkin (20) e il melanoma (17). Secondo la relazione - predisposta dal Comitato scientifico costituito nel 2003 con decreto interministeriale Difesa-Salute - nei primi quattro mesi di quest'anno risulta diagnosticato un solo caso di neoplasia maligna (carcinoma al testicolo).

I casi di neoplasie diagnosticati nel 2006 erano stati 18, cosi' come nel 2005; 43 nel 2004; 22 nel 2003; 30 nel 2002; 18 nel 2001; 25 nel 2000; 9 nel 1999; 8 nel 1998; nessuno nel 1997 e 2 nel 1996 (di un altro caso non viene indicato l'anno di diagnosi). I dati sono stati forniti dai rappresentanti del Ministero della Difesa all'interno del Comitato scientifico.

domenica 2 dicembre 2007

I TUMORI E IL RISARCIMENTO PER “PAURA"

Dopo lo stanziamento di fondi qualche malato ha ricevuto notizia che potrà avere un indennizzo per stress, cioè per “paura” da sentinella, per “stress” da ipervigilanza, insomma l’uranio non c’entra. Nelle missioni di pace il militare risulterebbe soggetto ad altissima tensione emotiva che a sua volta genera una riduzione della difesa immunitaria a cui sarebbe legata l’insorgenza di tumori. Insomma il militare si sarebbe ammalato, in linguaggio casermistico, da “strizza per servizio”, una tesi poco accettabile se si tiene conto delle visite mediche psico-fisiche a cui è soggetto il volontario nell’arruolamento, e periodicamente, nei periodi di attività.

Inoltre una tesi che non si applica alle migliaia di civili abitanti in Irak, Bosnia, Kossovo, ecc. che si sono ammalati in condizioni analoghe a quelle dei nostri militari. Ed è anche inapplicabile ai militari che hanno svolto servizio nei poligoni in normale tempo di pace e dove sicuramente non c’è stress da vigilanza.

Se si pensa poi che questi casi di malattia, ormai si parla più di un migliaio (1991, secondo il GOI, il Gruppo Operativo Interforze della Sanità Militare) si sono verificati in tempo di pace c’è da chiedersi a cosa potrebbe accadere in tempo di guerra. Inoltre si tratta di una tesi che getta un’ombra sulla professionalità dei nostri militari e sulle fattibilità delle operazioni di pace all’estero. E’ comunque più probabile che i tumori causino stress piuttosto che lo stress causi i tumori (anche se nel campo dei tumori nessuna ipotesi in assoluta può essere esclusa).


Falco Accame

Presidente Anavafaf

sabato 1 dicembre 2007

"AI RISARCIMENTI CONTRIBUISCANO ANCHE ALTRI PAESI"

"In relazione allo stanziamento di 170 milioni di euro per chi si e' ammalato in Bosnia e Kossovo c'e' da chiedersi se questa cifra debba essere versata dal contribuente italiano visto che i bombardamenti in Bosnia e Kossovo (a cui e' da aggiungersi l'impiego di missili da crociera) sono stati eseguiti da paesi della Nato, soprattutto dagli Usa. All'Italia e' da addebitare solo la responsabilita' di una non idonea applicazione delle norme di sicurezza, ma la causa del danno e' da chi ha impiegato le armi all'uranio in Bosnia e Kossovo". Lo afferma Falco Accame, presidente dell'Associazione Nazionale per le vittime delle Forze Armate.

"Si sta purtroppo ripetendo cio' che e' accaduto per il Cermis dove i danni causati da un aereo Usa sono stati pagati con uno stanziamento di 76 miliardi di lire (circa 2 milioni di euro per vittima) dall'Italia. L'Anavafaf chiede -continua Accame- che siano chiamati in causa i paesi che hanno causato i danni per pagare i risarcimenti e non i cittadini italiani con la somma di 170 milioni di euro proposta in finanziaria".