martedì 30 ottobre 2007

OLANDA: CHIESTI CONTROLLI PER CANCRO PER MILITARI IN IRAQ ED AFGHANISTAN

LA RICHIESTA DEL SINDACATO DEL MINISTERO DELLA DIFESA

Il sindacato dei dipendenti del ministero della Difesa olandese ha chiesto che vengano effettuati controlli medici su tutti i militari che sono stati in Iraq ed in Afghanistan per scongiurare il rischio che l'esposizione all'uranio impoverito abbia provocato casi di cancro. In una lettera inviata al vice ministro della Difesa Cees van der Knaap, in cui si fa riferimento ai casi di malattie tumorali riscontrate tra i militari italiani inviati in missioni all'estero ed ai risarcimenti stabiliti per le famiglie delle vittime, si parla di un "gruppo limitato" di militari olandesi che possono essere stati esposti all'uranio impoverito nei Balcani. E si esprime preoccupazione per i contingenti inviati in Iraq ed in Afghanistan.

"Sappiamo per certo che le armi usate in Afghanistan ed in Iraq contengono in alcuni casi una certa quantita' di uranio impoverito - si legge nella lettera - quantita' maggiori di quelle utilizzate nei Balcani". Il sindacato chiede inoltre che si pubblichino i risultati di uno studio realizzato dal Istituto reale per la salute nazionel ed l'ambiente sui certi tipi di tumori riscontrati sui militari che hanno servito nei Balcani. E che si allarghi lo studio anche a quelli che hanno operato sui nuovi fronti in Iraq ed in Afghanistan.

MASSIDDA (FI), GRAVE VICENDA DIANA IN ELENCO MORTI

CAGLIARI - 'Invece di essere sentito dalla Commissione sull'uranio e' finito nell'elenco dei militari deceduti. E' un fatto di inaudita gravita' che ha messo a rischio le cure e l'assistenza nei confronti di un militare che si e' contraddistinto in missioni di pace all'estero e in Italia'.

Lo ha dichiarato il coordinatore regionale e senatore di Forza Italia, Piergiorgio Massidda, in merito alla notizia, pubblicata oggi dal quotidiano 'Libero', della presenza del nome di Marco Diana, maresciallo dei Granatieri affetto da una particolare forma tumorale contratta in servizio, nell'elenco dei militari deceduti.

'La denuncia del militare sardo, sulle condizioni in cui operano i nostri soldati - spiega Massidda - impone al Ministero della Difesa di attivarsi in modo serio per garantire alle forze armate italiane misure di prevenzione e cure sanitarie adeguate.

L'errore in cui sono incorsi i funzionari del Ministero ha dell'incredibile, soprattutto perche' si tratta di una persona che ha una patologia molto grave e sulla quale queste notizie possono avere ripercussioni devastanti'.

'Sto preparando un'interrogazione - conclude Massidda - perche' il maresciallo Diana venga sentito in Commissione e perche' a tutti i militari che hanno contratto patologie sotto le armi venga riconosciuta la causa di servizio e vengano garantite dallo Stato cure specifiche'.

mercoledì 24 ottobre 2007

Ancora cinque casi di malattia. Accame: alla Commissione di inchiesta mancano i dati ufficiali

Ancora cinque casi di gravissime malattie dovute alla possibile contaminazione da uranio impoverito. A denunciarli è il sito Vittimeuranio.com che ha ricevuto le segnalazioni negli ultimi giorni.

I casi riguardano quattro militari ed un civile, F.C. della provincia di Caserta, alle prese con un linfoma di Hodkgin dopo una missione nei Balcani nel 1999, come volontario per la Protezione Civile, entrando in contatto con carri armati e carcasse di veicoli squarciati da proiettili”.

Sono tutti della Provincia di Roma invece gli altri, si tratta di S.S.A., ex militare di 28 anni di Zagarolo, colpito da una forma di tumore all’apparato respiratorio dopo aver effettuato nel 2000 diverse esercitazioni a Vivaro in provincia di Pordenone e aver svolto servizio di guardia presso la Polveriera del 31° Reggimento Carri di Altamura in provincia di Bari.

A Fiumicino inoltre un reduce dai Balcani di 37 anni, appartenente all’Esercito, sta lottando con un tumore allo stomaco. Chiudono la lista altri due reduci dai Balcani e da diverse altre missioni, sempre della provincia di Roma. Si tratta di un comandante di stazione dell’Arma dei Carabinieri di 50 anni, e un suo collega della stazione di un comune limitrofo di 45 anni, alle prese rispettivamente con un tumore al sistema linfatico e uno alla tiroide.

Dall’audizione del ministro Parisi in commissione di inchiesta ad oggi salgono così a 10 i nuovi casi di presunta contaminazione segnalati dal sito e da Falco Accame, presidente dell’Anavafaf.

Per Accame “dopo che la stampa e le televisioni finalmente hanno richiamato l’attenzione sulla questione, molte sono le persone che si sono rese conto del problema e stanno trovando la forza di parlare”.

L’ex parlamentare infine denuncia che “pur essendo quasi al termine del suo mandato la commissione di inchiesta sull’uranio del Senato sta ancora aspettando i dati ufficiali del ministero della Difesa di quello dell’Interno e della Presidenza del Consiglio. Su quali basi la commissione formulerà le sue conclusioni?”

martedì 23 ottobre 2007

URANIO: IDEATO TEST URINE PER SCOVARE ESPOSIZIONE 20 ANNI FA

La contaminazione da uranio impoverito e' rintracciabile nelle urine anche a 20 anni di distanza o oltre grazie a un nuovo test che potrebbe risolvere casi legali relativi a malattie sospettate di essere il risultato della contaminazione.

Il test e' stato messo a punto all'Universita' di Leicester in Gran Bretagna dal docente di geologia Randall Parrish: e' un esame ipersensibile basato su spettrometria di massa e altre complesse metodiche.

I primi risultati dell'uso del test su gruppi di individui esposti in passato a uranio impoverito e su reduci della guerra del Golfo nel 1991 saranno presentati al 119/imo meeting annuale della Geological Society of America che si terra' a Philadelphia.

'Il nostro metodo - dichiara Parrish - e' stato usato per mostrare la sua capacita' di risolvere casi legali basati su dichiarazioni di presunta esposizione all'uranio impoverito' da parte di soggetti ammalatisi negli anni di presunte patologie da uranio. 'Inoltre il test mostra - aggiunge Parrish - che i casi di esposizione a uranio impoverito di veterani della Guerra del Golfo nel 1991 potrebbero essere stati infrequenti o addirittura rari; se una significativa esposizione e' avvenuta, allora questa puo' essere rintracciata nelle urine anche decadi dopo'.

Si continuano a rincorrere le voci di chi, sulla base di studi, denuncia la correlazione tra malattie quali i tumori ed esposizione all'uranio impoverito, piu' volte smentite e poi riaffermate da successivi studi. Difficile trovare una verita' conclusiva, anche perche' pazienti oncologici, magari ex-soldati, o parenti di soldati deceduti per tumori che sostengono che la malattia sia il frutto di contaminazione da uranio sono stati presumibilmente a contatto con l'elemento anni e anni prima e trovare traccia di questa contaminazione a distanza di anni finora era impossibile.Ma il test di Parrish e' uno strumento per indagini certe.

Il geologo l'ha utilizzato su volontari che con certezza potevano dimostrare di essere stati esposti a uranio impoverito decenni prima e su soldati reduci dalla guerra del Golfo. Il test ha dato esito positivo su quegli individui con certezza esposti in passato (anche 20 anni prima), cosa di cui nessun altro esame oggi disponibile sarebbe capace.'Il test offre dunque un modo per risolvere dibattiti su uranio impoverito e salute. Sarebbe utile usarlo - conclude - su popolazioni in aree contaminate in Iraq, o su coloro che vivono vicino a industrie di armi'.

"Mio marito con un Linfoma dopo una missione in Albania con la Protezione Civile"

Cari amici vorrei raccontare la nostra storia che per fortuna fino ad oggi non si è conclusa tragicamente come quelle dei nostri compagni che purtroppo non ci sono più.

Premetto che riguarda non un militare ma un civile che è stato vittima dell'uranio impoverito. Nel 1999 il mio compagno F.C. in qualità di responsabile operativo della PROTEZIONE CIVILE del gruppo di PARETE (CE) è partito insieme ai suoi compagni per l'ALBANIA nell'ambito della missione nazionale ARCOBALENO;

la missione prevedeva tre spedizioni per una permanenza effettiva di circa due mesi durante le quali i VOLONTARI hanno portato aiuto alla popolazione locale provvedendo a montare ospedali e cucine da campo, rifornire di acqua potabile e provviste alimentari e, medicine e generi di prima necessità allestendo un campo che riforniva fino a 3000 pasti al giorno.

Durante la permanenza in Albania gli operatori della Protezione Civile hanno dovuto bonificare intere zone teatri di guerra lavorando a contatto con residuati bellici, in particolare carri armati e carcasse di veicoli squarciati da proiettili, F. era ed è un uomo sano, alto 1,75 cm per un peso di 95 kg e nel 1999 aveva tre figli di cui una bambina appena nata.

Dopo circa sei mesi dal suo ritorno ha cominciato a dimagrire ed accusare una immotivata stanchezza fisica; molto tardivamente quando ormai pesava solo 65 kg gli è stato diagnosticato un LINFOMA di HODKGIN.

Dopo un anno di chemioterapia la sua vita ha cominciato a tornare normale.

Grazie per averci ascoltato, preghiamo per tutti i malati, poer le loro famiglie e per tutti quelli che ci hanno lasciato

lunedì 22 ottobre 2007

URANIO: PG BARI NON AVOCHERA' INDAGINE

BARI, 22 OTT - Non vi e' alcuna inerzia del pubblico ministero inquirente: per questo motivo la procura generale presso la Corte d'appello di Bari quasi certamente non avochera' l'indagine della procura su casi di leucemie e tumori (anche mortali) contratti da numerosi militari italiani che hanno operato in Bosnia e Kosovo durante la guerra nei Balcani (nel periodo 1993-1999).

Lo si e' appreso da fonti giudiziarie.Nella richiesta di avocazione, avanzata nei giorni scorsi dalla Uil Puglia, si ipotizzava l'inerzia della procura a chiudere il supplemento di indagine per verificare il rispetto della normativa antinfortunistica del '91 da parte del ministero della Difesa.

L'istanza di avocazione ai sensi dell'art.412 del codice di procedura penale (quando il pm non esercita l'azione penale o non chiede l'archiviazione nei termini previsti) era gia' stata bollata nei giorni scorsi come 'non pertinente' dal procuratore della Repubblica, Emilio Marzano, perche' - aveva spiegato il magistrato - sulla vicenda 'sono in corso indagini e il termine fissato dal giudice (di 90 giorni, ndr) non e' ancora decorso e, comunque, non e' perentorio'.

Per l'indagine, dopo una serie di accertamenti, il pm inquirente Ciro Angelillis chiese al giudice l'archiviazione ma nell'aprile scorso il gip Chiara Civitano respinse la richiesta e ordino' al pm di compiere, entro 90 giorni, nuove indagini relativamente alla verifica delle misure antinfortunistiche. Il magistrato ha chiesto gli atti al ministero della Difesa, che finora non ha fornito risposte.

domenica 21 ottobre 2007

Nasce il forum di Vittimeuranio.com

Da oggi avete a disposizione uno spazio in più per discutere in maniera più veloce sulle tematiche affrontate da questo blog: il nuovo FORUM raggiungibile dal menu a destra. E' sufficiente registrarsi in pochi secondi.

I commenti relativi ad ogni notizia del blog inoltre non sono più moderati e verranno quindi visualizzati nel momento in cui vengono postati.

Infine, l'indirizzo al quale segnalare nuovi casi o richiedere informazioni è sempre lo stesso: posta@vittimeuranio.com

Buona navigazione

Ancora un caso di malattia in Sardegna

Si chiama Paolo Floris, ragazzo di 29 anni di Guspini, in provincia di Cagliari, l’ultimo militare italiano vittima da possibile contaminazione da uranio impoverito. A renderlo noto è il sito Vittimeuranio.com, al quale il giovane si è rivolto per denunciare la sua vicenda.


Paolo ha effettuato il servizio di leva nel 1999 nel Poligono nazionale di Teulada dove era addetto al magazzino del Reggimento con compiti di guardia nella Polveriera. A Settembre del 2006 gli è stato diagnosticato un “linfoma di hodgkin 4° stadio b” che sta curando con dei cicli chemioterapici in un ospedale civile di Cagliari.


Paolo è stato anche licenziato lo scorso 11 settembre dall’impresa per cui lavorava dopo un anno di malattia e si ritrova adesso senza nessun aiuto e senza lavoro a combattere con una malattia all’ultimo stadio. Bisognerebbe sapere se i casi come il suo compaiono nelle liste ufficiali di cui si parla in questi giorni. I familiari del ragazzo chiedono il riconoscimento della causa di servizio.



Adesso anche per Fini la questione è urgente

"La questione dell'uranio impoverito va affrontata con la massima serieta' e con urgenza. I militari ammalati e le famiglie di coloro che hanno perso la vita per la pace meritano una piu' attenta considerazione che, a prescindere dall'accertamento di eventuali responsabilita', deve concretizzarsi con un sostegno reale ed immediato". Lo ha affermato il presidente di Alleanza nazionale, Gianfranco Fini.

"Auspichiamo - ha concluso il leader di An - che si realizzi in tempi brevi la promessa del ministro, di istituire un'autorita' specifica che prenda in esame tutte le richieste di risarcimento ed assistenza".

lunedì 15 ottobre 2007

Due nuovi casi di contaminazione

'Dopo l'apparizione degli elenchi inviati alla Commissione di inchiesta senatoriale sull'uranio impoverito e la raccolta dei dati nei distretti militari da parte della Polizia Giudiziaria sta delineandosi una ben diversa estensione del fenomeno dell'uranio impoverito rispetto a quella finora ipotizzata'.

Lo sottolinea Falco Accame, presidente dell'Ana-Vafaf, Associazione Nazionale Assistenza Vittime Arruolate Nelle Forze Armate. 'Oltre ai casi emersi in questi giorni relativi all'appuntato dei Carabinieri in congedo Giuseppe Bongiovanni e a quello del carrista di Lecce, Luca Giovanni Cimino, ammalato di un tumore, si aggiungono quelli di altri militari ammalati: uno -rileva Accame- a Carloforte (Sardegna) e un altro (D.L.A.) di 26 anni della provincia di Salerno, attualmente assegnato a una caserma del nord est ammalatosi dopo il ritorno dall'Iraq'.

'Si tratta di casi che hanno in comune la mancata applicazione delle norme di protezione. Nessuna notizia -conclude Accame- e' piu' giunta invece sullo stato di salute del militare tornato dal Libano il 2 giugno scorso e ricoverato al Celio'.

giovedì 11 ottobre 2007

"Mio figlio con un Linfoma dopo la Leva"

Con la presente vorrei segnalare e nel contempo chiedere consiglio sul da farsi;
mio figlio, XXXXX, nato a Roma XXXXX, ha prestato servizio di leva presso il 4° reggimento carri di Bellinzago Novarese, nel periodo 22 dicembre 1999 - 10 ottobre 2000.

In tale contesto aveva l'incarico di carrista addetto al munizionamento (o al pezzo) partecipando a servizi, esercitazioni e manutenzioni dei mezzi corazzati.

Ora all'inizio del 2007 le sono comparsi dei linfonodi ai lati del collo e, da approfonditi accertamenti medici, è emerso trattarsi di linfoma di Hodking.

Il linfoma interessa anche l'intero apparato respiratorio, con gravi complicazioni respiratorie, e tenento conto che mio figlio non ha prestato, in questi ultimi anni, attività lavorative a rischio, o meglio è rimasto disoccupato, ritengo che possa aver inalato dei vapori di uranio impoverito nei dieci mesi del servizio di leva.

Attualmente è a metà della cura chemioterapica con tutte le conseguenze annesse; le è stato riconosciuto, nel contempo, lo stato di invalido civile, totale e permanente al 100%.

Apprendo dai mas media che il Ministero della Difesa tende a sminuire il problema o meglio a non riconoscere la loro responsabilità in seno ai vari casi, anche eclatanti; ora, tenendo conto che sono trascorsi sette anni dal servizio di leva, cosa posso fare per il riconoscimento della causa di servizio per mio figlio?

Ringrazio e porgo distinti saluti

XXXX

"PARISI RETTIFICHI I SUOI DATI"

1) Inizio molto prima del 96

Non è vero che le problematiche dell’uranio impoverito inizino dal 1996, occorre prendere in considerazione dati molto antecedenti che invece nella relazione del Ministro sono stati omessi. Per quanto riguarda le operazioni all’estero in presenza di armi all’uranio impoverito, queste sono iniziate con la guerra del Golfo del 1991, poi in Somalia nel 1993, poi in Bosnia nel 1994. In tutte queste aree operative abbiamo avuto morti e malati. Per quanto riguarda l’attività in Italia dove vi sono stati pericoli per l’uranio per il personale che ha operato nei poligoni e nei depositi, si può risalire indietro nella data a metà degli anni 80 e probabilmente a metà degli anni 70, epoche in cui sono iniziate in tutto il mondo le sperimentazioni sull’uranio impoverito.

Quindi il dato di 255 malati non tiene in conto i casi di contaminazione in Italia. Comunque questo dato è due volte superiore a quello fornito due anni fa alla precedente Commissione di inchiesta dal rappresentante del Ministero della Salute, dott. Donato Greco, e non vengono fornite spiegazioni per questa rilevante differenza.

2) Non occorre la causa di servizio per i risarcimenti

Non è assolutamente vero che occorra la causa di servizio per ottenere i risarcimenti, causa di servizio che non viene concessa perché non si può provare con certezza il nesso di causalità tra uranio impoverito e tumori. Chi afferma quanto sopra denota una enorme carenza di professionalità in quanto non conosce evidentemente la Legge 308/81, la quale fu espressamente fatta per evitare l’ostacolo della causa di servizio. La Legge 308/81 prevede per la concessione dei risarcimenti due sole condizioni: l’essere in servizio e il fatto che l’infortunio, che può essere mortale o meno, sia grave, dove grave significa che sia incluso nell’elenco delle infermità e lesioni stabilite dalle tabelle A e B della legge sulle pensioni di guerra. Quindi è da cancellare tutto ciò che è stato detto circa la causa di servizio e la non concessione in mancanza del legame di certezza tra uranio e tumori, legame che interessa altre leggi diverse dalla 308/81 che è pienamente in vigore con le modifiche della 280/91.

3) Non solo tumori, ma anche altri casi omessi di malattia


Non è vero che la problematica dell’uranio impoverito interessi solo i casi di tumore, come è stato specificato nella relazione del Ministro (i soli casi conteggiati). Vi sono casi gravissimi di patologie neurologiche e di nascite di bambini malformi che sono stati completamente omessi.

4) Uso in Italia di uranio impoverito

Non è vero che in Italia non sia stato impiegato uranio impoverito. Le corazze e le blindature dei nostri mezzi sono state testate con armi all’uranio. Uno stock di armi all’uranio, acquistati da Israele nell’85, venne depositato nel deposito di Bibbona presso Cecina.

5) Non 37 morti ma almeno 50 (e forse 160)

Non è vero che i morti siano 37. L’Ana-Vafaf ne ha registrati nel suo Libro Nero 50 e si ritrovano tutti i loro nomi su Internet. Nessuna contestazione, ad oggi, vi è stata. Comunque rispetto ai dati contenuti negli elenchi pervenuti dopo l’invio della Polizia Giudiziaria nelle sedi periferiche il numero anche il numero di 50 risulta probabilmente assai in difetto.

6) I 1400 malati in impieghi non all’estero

Non è vero che l’ingentissimo numero di 1.427 malati che si aggiungono ai 255 sopra citati (e che secondo gli elenchi pervenuti dopo l’impiego della Polizia Giudiziaria potrebbero raggiungere e superare i 2.000 non riguardino casi di malattia legati all’uranio impoverito e ciò in quanto, come sopra detto, l’uranio impoverito non è stato impiegato solo all’estero e quindi non riguarda solo le missioni all’estero. Ma riguarda anche aree operative in Italia come poligoni e depositi.

7) Dimenticato il personale in congedo

Non è vero che i numeri citati nella relazione del Ministro rappresentino il totale perché manca il personale in congedo e si tratta ad esempio di migliaia di soldati di leva. Questo personale, attraverso annunci ufficiali sui mass media, doveva essere informato che una eventuale malattia che lo avesse colpito poteva derivare da contaminazione da uranio impoverito così poteva essere sollecitato a recarsi presso una struttura ospedaliera militare. Questa opera poteva essere svolta in larga misura anche attraverso i distretti. Più volte e invano negli anni passati l’Ana-Vafaf l’ha richiesta ed è intervenuta in alcuni casi di cui era a conoscenza. Ne citiamo due: i militari della Aeronautica qualificati VAM Maurizio Serra e Giovanni Faedda, due militari sardi morti mentre erano in congedo per un tumore al cervello, a un anno di distanza l’uno dall’altro. Entrambi avevano prestato servizio a un anno circa di distanza nel poligono di Capo Frasca in Sardegna. Entrambi erano stati impiegati in un compito NON di loro competenza: lo sgombro bossoli e residuati bellici, compito che è di competenza del genio guastatori. Inoltre sono stati impiegati senza alcuna misura di protezione, nemmeno i guanti. E il maneggio di residuati bellici, anche non dell’uranio impoverito, è comunque assai pericoloso perché con l’esplosione si generano comunque particelle di metalli pesanti la cui pericolosità è stata accertata (vedi su questo le dichiarazioni del Prof. Stefano Montanari sul periodico Vita del 27 febbraio 2004): “UNA ESPLOSIONE SVILUPPA COMUNQUE NANOPARTICELLE, TANTO CHE IL RISCHIO DI CONTAMINAZIONE E’ ALTISSIMO ANCHE PER LA POPOLAZIONE CHE QUI IN ITALIA VIVE VICINO AI POLIGONI DI TIRO”. Con l’occasione potremmo ricordare che ai genitori di questi ragazzi , certamente VITTIME DEL DOVERE, non è stata concessa una lira.

8) Legame causa/effetto

Non è vero che non esiste alcun legame tra uranio impoverito e tumori. Anche se non esiste un legame di certezza esiste però un legame di elevata probabilità e ciò che stupisce è che mentre la relazione del Ministero lo nega, lo affermano altissime autorità della Difesa e alti Comandi operativi che hanno emanato le norme di protezione per gli uomini alle loro dipendenze. Anche il Ministero dell’Ambiente, direttamente interessato alla questione, si è pronunciato in merito. Il Sotto Capo di Stato Maggiore della Difesa pro tempore, Gen. Ottogalli, in data 6 dicembre 89, facendo riferimento alla Legge sulla protezione dalle radiazioni, la Legge 130/1995, da applicarsi anche in campo militare precisava che: “I proiettili, sia i dardi, sia i residui di contenitori debbono essere disposti in un contenitore metallico munito di coperchio da disporre in una zona custodita ed appartata (possibilmente al chiuso) IN MANIERA CHE IL PERSONALE NON POSSA AVVICINARSI A MENO DI 7 METRI”. Dunque secondo il Gen. Ottogalli QUALCHE PERICOLO C’E, in fatti il generale chiedeva che “vengano poste in atto tutte le misure cautelative per la protezione del personale”.

Il Ministro dell’Ambiente in un documento dal titolo “Precauzioni da adottare in caso di ritrovamento di proiettili contenenti uranio impoverito o di frammenti di essi” ha scritto: “L’UD (uranio depleto) è radioattivo e chimicamente tossico e quindi pericoloso soprattutto per inalazione e ingestione di articolato”.

Quanto ai Comandi operativi ecco cosa si legge nelle Norme di Protezione emanate dalla KFOR il 22 novembre 99, a firma del colonnello Osvaldo Bizzarri: “Rimani lontano da carri bruciati e da edifici colpiti, da missili da crociera, se lavori entro 500 metri di raggio da un veicolo o costruzione distrutta indossa protezioni per le vie respiratorie. Inalazioni di polvere insolubile di uranio impoverito sono associate nel tempo con effetti negativi sulla salute quali il tumore e disfunzioni nei neonati.

Questi potrebbero non verificarsi fino a qualche anno dopo l’esposizione”. Lo stesso si dice nelle norme di protezione della Divisione Folgore dell’8 maggio 2000 a firma del colonnello Fernando Gualitieri. Ma il capo della Sanità USA aveva già dichiarato (agosto 1993): “When soldiers inhals or ingest DU dust they occur a potential encrease in cancer risk”. I PERICOLI ERANO DUNQUE BEN NOTI DAL 1993.

9) Mancanza di assistenza a militari e famiglie

Non è vero che sia stata prestata la massima assistenza al personale ammalato e ai suoi familiari. Ecco ad esempio che cosa hanno dichiarato alcune vittime:

- Valere Melis, in proposito si legge su L’Unione Sarda del 6.02.2000: “L’esercito non lo ha aiutato nemmeno quando bussava alle porte, calvo, pallido, indebolito dalla chemioterapia, gliele chiusero in faccia. Nessun militare in 4 anni è andato a trovarlo in ospedale, nemmeno a Natale”.

- Salvatore Carbonaro, si legge su La Repubblica del 31.01.2001 a proposito di Salvatore Carbonaro, morto a Pavia il 5 novembre 2000: “Aveva avviato una causa di servizio per sapere se era stata questa la causa del suo male. Nessuno li ha mai risposto. Quando si è ammalato l’hanno congedato e basta senza occuparsi di lui, lasciato solo a lottare con la morte” . . . “non l’hanno aiutato neppure per i funerali”.

- Armando Paolo: si legge sul periodico “Il Caffè” di Latina del 4.03.2004 la dichiarazione seguente: “L’Esercito Italiano mi ha lasciato solo, malato e senza lavoro. Mi hanno abbandonato”.

- Fabio Cappellano, narra la sua vicenda a L’Unione Sarda (11.03.2004): “Dopo un anno di convalescenza sono stato riformato e nessuno si è degnato di chiedermi come stavo. Le autorità militari hanno inviato un telegramma di condoglianze ai miei genitori. Si rammaricavano PER LA MIA MORTE”. evidentemente i Comandi da cui dipendeva il Cappellano non seguivano con grandissima attenzione le vicende del loro dipendente, tanto che non sapevano seppure se era vivo o morto!

- Fabio Porru e un maresciallo (rimasto anonimo) di Oristano. In una intervista a L’Unione Sarda il padre del Caporal Maggiore Fabio Porru afferma: “Dopo o funerali di Stato ci hanno abbandonato”. Un Maresciallo rimasto anonimo di Oristano in una intervista a L’Unione Sarda del 12 marzo 2004 afferma: “L’Esercito si è dimenticato di me”.

Falco Accame
Presidente Ana-Vafaf

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mercoledì 10 ottobre 2007

"SARCOIDOSI POLMONARE DOPO DUE MISSIONI IN SOMALIA E BOSNIA"

Il sottoscritto 1° Maresciallo Vincenzo ESPOSITO nato il 19 Novembre 1958 a NAPOLI e residente a VERDELLINO (BG), in servizio presso il Quartier Generale Italiano del Corpo d’Armata di Reazione Rapida (Esercito),faccio presente quanto segue:

Dal mese di giugno 2006 a seguito di tosse persistente, che non regrediva con terapia, sudorazione eccessiva, specialmente nelle ore notturne, forte prurito agli arti superiori, perdita di peso e astenia (tutti sintomi riconducibili alla Sindrome dei Balcani) mi sottoponevo a visita ambulatoriale presso l’Infermeria della caserma “UGO MARA” dove mi veniva consigliato di recarmi presso l’Ospedale Militare di Milano per effettuare una Radiografia al Torace.
Dopo aver effettuato l’esame radiologico, in data 28.06.2006, mi veniva diagnosticato la seguente infermità:

· Modesto rinforzo della trama vascolare, in assenza di focolai parenchimali in atto.
· Ili bilateralmente aumentati volumetricamente, in assenza di sicure adenopatie.
· Assenza di versamenti pleurici attuali.
· Ombra cardiomediastinica nei limiti per età e costituzione fisica.

Di seguito, presso lo stesso Ospedale Militare, effettuavo un Elettrocardiogramma, una Visita Cardiologica, Spirometria, Visita specialistica presso l’Ambulatorio di Allergologia.
Per approfondire l’iter diagnostico mi si consigliava una TAC TORACE che effettuavo in data 03.07.2006, e mi veniva diagnosticato la seguente infermità:

· Esame condotto in condizioni basali con tecnica volumetrica mono slice.
· Modularità parenchimale del diametro di circa 1 cm. si riconosce nel segmento medio-basale del lobo inferiore di sx.
· Numerosi linfonodi del diametro compreso fra 1 e 2,5 cm. si riconoscono nel mediastino anteriore, a livello della finestra aorto-polmonare, in sede retro-cavale, paretracheale con estensione sino alla carena, peri-esofagea e ilare bilaterale.
· Necessario approfondimento diagnostico mediante TC TOTAL BODY con m.d.c.
In data 19.07.2006 effettuavo TC TOTAL BODY con m.d.c. presso il Centro AKTIS di Marano (NA)

In data 08.08.2006 effettuavo una visita specialistica preso l’Ospedale MONALDI di Napoli - Dip. Pneumologia Oncologica. L’approfondimento diagnostico richiesto comprendeva un esame PET TOTAL BODY ed ulteriori esami del sangue, che effettuavo, entrambi, in data 01.09.2006.
L’esame della PET evidenziava la seguente patologia con conseguente prenotazione di ricovero:
Linfoadenopatie del mediastino anteriore.

Vista l’urgenza e la gravità della patologia effettuavo una ulteriore visita specialistica, in data 18.09.2006 presso l’Ospedale PASCALE di Napoli ove venivo ricoverato in data 20.09.2006 e dimesso in data 02.10.2006 con la seguente diagnosi:
Linfoadenopatia mediastinica e sopraclaveare di ndd. (Linfoadenopatia granulomatosa non necrotizzante sarcoideo-like)

Per completare l’iter diagnostico ed avere la relativa terapia venivo indirizzato presso un Centro di riferimento per la Sarcoidosi ubicato presso l’Università degli Studi “FEDERICO II° - II° Divisione di Pneumotisiologia dell’Ospedale MONALDI di Napoli ove venivo ricoverato in data 27.10.2006 e dimesso in data 03.11.2006 con la seguente diagnosi:

Sarcoidosi polmonare.

Tale infermità è da ritenersi in rapporto di causalità con il servizio effettuato dal momento che ho prestato servizio dal 29.06.1998 al 02.10.1998 in BOSNIA , Operazione CONSTANT FORGE, presso il Btg. L. “FRIULI” di stanza in Sarajevo.

Pertanto, il sottoscritto, dalla data del 3.11.2006 ha effettuato 2 cicli di quattro mesi ciascuno di cortisone (Deltacortene 25 mg, 2 compresse al giorno) , Nexium 40 mg (1 compressa al giorno )ed il diuretico Lasitone (2 compresse a settimana). In aggiunta a tutti questi farmaci il LOBIVON 5 mg in quanto ho avuto, ed ho tuttora, anche problemi di pressione. Al termine di ogni ciclo ho effettuato TAC ad alta risoluzione, esami del sangue, Spirometria,DLCO ed Emogasanalisi. Naturalmente tutto ciò a spese mie.

Fortunatamente gli ultimi esami di controllo (TAC al torace ad alta risoluzione, Spirometria, DLCO ed Emogasanalisi) hanno riscontrato valori nella norma e l’Ospedale “MONALDI” di Napoli ha ribadito che la mia patologia è da ritenersi Stabilizzata.

Il giorno 25.09.2007 al termine di un anno di convalescenza sono stato inviato, dal mio Comando, presso l’Ospedale Militare di Milano ,alla C.M.O.1, e dopo aver effettuato una visita pneumologica mi hanno comunicato quanto segue: E’ NON IDONEO in forma parziale al servizio d’Istituto ai sensi della Legge 738/81 e 68/99 (qualora l’inf. di cui al punto 2, SARCOIDOSI POLMONARE) del giudizio diagnostico sia success. SI dip. causa di servizio). SI idoneo nella Riserva.

Controindicati tutti i servizi esterni ed ergonomicamente gravosi.
E’ SI idoneo ad essere impiegato nelle corrispondenti aree del personale civile del Ministero della Difesa, qualora l’interessato ne faccia richiesta art. 14 L.266/199. Medesime le controindicazioni.

Naturalmente tale giudizio mi penalizza ed infatti, in data odierna, ho presentato ricorso avverso la decisione dell’Ospedale Militare di Milano, ma, ancor di più mi colloca in una situazione di aspettativa e, tenendo conto che ho avuto quasi 1 anno di convalescenza , dal 13° mese in poi e per 6 mesi mi verrà ridotto lo stipendio del 50% per essere poi, dal 18° mese , azzerato totalmente.

Il giorno 20.07.2007 il mio Comando ha inoltrato presso il Ministero della Difesa –Direzione Generale delle pensioni militari del collocamento al lavoro dei volontari congedati e della leva – 3° Reparto – 7^ Divisione, Roma, la mia domanda di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio. Se tale Direzione non si esprime in tempi rapidi io non potrò mai conoscere il mio futuro.

Non è mia intenzione fare sceneggiate o piangermi addosso però devo aggiungere che la mia situazione familiare è un po complessa: divorziato, con 3 figli a cui elargisco mensilmente un assegno di mantenimento di € 573,53 , pago un mutuo per la casa di € 336,64, spese condominiali di € 37,00 ed in più le varie spese acqua, luce, gas e quant’altro. Riducendomi lo stipendio del 50% mi vedrei costretto a fare quasi il mendicante, e solo perché la lentezza burocratica delle Istituzioni non si esprime in tempi rapidi.

E cosa farò quando lo stipendio mi verrà azzerato totalmente? Andrò a chiedere soldi a qualche Generale?

Ecco, mi scuso per lo sfogo ma di sicuro questa non sarà l’unica strada che percorrerò per ottenere giustizia e con la speranza che Lei possa sensibilizzare “qualcuno” Le auguro Buona giornata e Buon lavoro.

Mar. Vincenzo ESPOSITO

LA COMMISSIONE ASCOLTI LE VITTIME

La Commissione di inchiesta, oltre a fare scena muta davanti al Ministro della Difesa Arturo Parisi, dovrebbe decidersi ad ascoltare le vittime. Sarebbe dovuta essere una delle prime cose da fare.

L’ex militare Gianluca Anniballi, aspetta dal 2 Maggio scorso di poter testimoniare sulla mancata adozione delle misure di protezione in Kosovo nel 2000, cioè un anno dopo l’emanazione delle norme del 22 Novembre 1999.

Se la commissione lo avesse ascoltato avrebbe potuto far presente la sua testimonianza, e quella di tanti altri, al ministro, secondo il quale invece “tutte le precauzioni sono state prese”.

Gianluca Anniballi è uno dei pochi che ha avuto la forza e il coraggio di denunciare il suo caso pubblicamente mettendoci la faccia. Esponendosi in prima persona. Chi avrebbe dovuto tutelarlo lo ha solo preso in giro e scaricato come un sacco di spazzatura. Questo è il modo con cui la commissione porta avanti la sua “inchiesta”.

Francesco Palese

TUTTE LE DOMANDE CHE LA COMMISSIONE DI INCHIESTA NON HA FATTO A PARISI

L' ELENCO DELLE QUESTIONI APERTE

1) Risarcimento alle vittime e ai loro familiari: quanto vale la vita di un soldato?

Recentemente, in relazione alla morte dell’alpino Valerio Campagna, è stato riconosciuto un indennizzo globale di circa 17.000 euro, un risarcimento irrisorio, ad esempio se messo in rapporto ai 200.000 euro concessi ai familiari delle vittime di Nassiryia, pur trattandosi in entrambe le situazioni “vittime del dovere” . In altri casi (vedi ad esempio quello di Valery Melis e Fabio Porru) l’indennizzo globale alle famiglie è stato di 258 euro di pensione al mese.
A parte la differenza nelle modalità risarcitive, non spiegata, resta il fatto di un trattamento veramente disdicevole nei riguardi dei cosiddetti (in altre occorrenze) “nostri ragazzi”.

2) Norme di protezione

Per quali motivi, mentre in Somalia i reparti USA (con i quali i nostri militari hanno operato fianco a fianco in varie situazioni) hanno adottato le norme di protezione il 14 ottobre 93, mentre ai nostri reparti ne è stata data notizia 6 anni dopo e precisamente il 22 novembre 99. E ciò nonostante che anche la stessa NATO il 2 agosto 1996 avesse emanato le norme di protezione per le radiazioni a bassa intensità. C’è anche da sapere se dopo il 22 novembre 99 le norme emanate sono state applicate perché vari reduci hanno affermato di non averle adottate, anche dopo la predetta data. Infine resta il dubbio se siano state impartite direttive al personale per non mettere al mondo figli per 3 anni dopo il rientro dalla zona operativa.

3) Qualità delle apparecchiature di protezione

C’è da chiedersi se le tute distribuite al personale erano del tessuto molto fitto considerato necessario da parte degli USA. Infatti molti sono stati i casi di tumori agli organi genitali. Lo stesso discorso vale per le maschere (che debbono ostacolare l’ingresso delle nanoparticelle) gli occhiali e i guanti: quali sono state le specifiche contrattuali stabilite per l’approvigionamento di questi materiali?

E per quanto riguarda la localizzazione delle armi all’uranio e degli obiettivi colpiti (e di conseguenza le misure di prevenzione) come è stato possibile che sia stato impiegato dai reparti NBC l’intensimetro RA 141 B la cui portata è di solo 10 cm e che, di fatto, non è stato in grado di localizzare gli oltre 100.000 proiettili lanciati in Bosnia?

C’è anche da chiedersi perché il personale che è stato utilizzato, in base a una normativa insufficientemente chiara, nella raccolta dei residuati bellici da far successivamente esplodere, ciò è avvenuto sia nei poligoni italiani che all’estero come è mostrato da un filmato di RAI NEWS 24. In tale situazione non è stata adottata nemmeno la elementare misura di indossare dei guanti, disposizione necessaria anche per il raccoglimento di materiale metallico e munizionamento convenzionale.
Infatti, come ha dichiarato il prof. Stefano Montanari (intervista su Vita del 27.2.2004): “Una esplosione sviluppa comunque nanoparticelle tanto che il rischio di contaminazione è altissimo anche per la popolazione che qui in Italia vive vicino ai poligoni di tiro, ad esempio”. Infine occorre chiarire se l’Italia acquistò da Israele nell’85 un lotto di armi all’uranio impoverito, parte delle quali fu stoccata nel deposito di Bibbona, Cecina (vedi interrogazioni del Sen. Russo Spena e dell’On. Ballaman. Il personale artificiere del deposito si rivolse alla ASL locale perché preoccupato per il pericolo che khhhhsorgeva dalla ripulitura delle armi (tornate dalla Somalia con ossidazioni).

4) Monitoraggio e studio SIGNUM

C’è da chiedersi perché è fallito il piano di monitoraggio che era stato ritenuto indispensabile dalla Commissione Mandelli e che aveva avuto un seguito nell’accordo Stato-Regioni (Legge 28 febbraio 2001, N° 27). C’è da chiedersi anche perché ad oggi non sono stati resi noti i risultati dello studio SIGNUM per cui il Parlamento aveva stanziato una cifra elevatissima e doveva essere terminato da oltre un anno (inizio 2006).

5) Poligoni e sperimentazioni di ditte italiane e straniere

In alcuni dei nostri poligoni hanno eseguito sperimentazioni non solo forze militari italiane e NATO, ma anche forze e ditte straniere appartenenti a paesi non NATO. Ad esempio vi è stato il caso di una nota ditta svizzera di armamenti, su questa vicenda è stato realizzato anche un filmato. In seguito ad ogni sperimentazione (che preventivamente dovrebbe essere oggetto di un contratto e di un preciso protocollo) viene redatto un rapporto di sperimentazione. Ma non è stato possibile ad oggi avere alcuno di tali rapporti, nemmeno da parte della Commissione di Inchiesta del Senato della scorsa legislatura che ne ha fatto esplicita richiesta durante la sua visita in Sardegna.
Peraltro non sono mai stati emanati “bandi internazionali” di divieto dell’uso delle armi all’uranio nei poligoni e quindi una ditta che ne facesse uso non verrebbe neppure a violare un divieto. Ed inoltre non è possibile neppure un controllo a posteriori sul terreno. Ad esempio se si utilizzasse il sopra citato intensimetro RA 141 B per un territorio dell’estensione del poligono di Salto di Quirra di 135 Km quadrati, procedendo a passo d’uomo con strisce di 10 cm, non basterebbero probabilmente vari secoli.

6) Sul significato di “personale esposto”

Nelle “Relazioni Mandelli” ed in simili studi si identifica il personale in missione all’estero con il numero dei potenziali “esposti” alle radiazioni dell’uranio impoverito. A parte il fatto che non ci interessa solo il “personale in missione all’estero” ma anche quello in Italia che ha operato nei poligoni e nei depositi, occorre precisare che non si può identificare il personale IN MISSIONE con il personale ESPOSTO.
Ad esempio per 10 persone in missione può darsi che ve ne sia solo una “esposta”, cioè che si è venuta a trovare per qualche tempo in vicinanza di obiettivi colpiti. E non è certo la stessa cosa trovarsi in vicinanza (ad esempio 500 metri da un carro armato distrutto e trovarsi a 5 Km dallo stesso). Occorre dunque conoscere dove si trovava il personale (e quando) in rapporto ad obiettivi colpiti, cioè occorre conoscere LA STORIA ESPOSTIVA dei singoli casi.
In mancanza di ciò i dati non sono affidabili. Lo stesso dott. Donato Greco, Direttore Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute, nella sua audizione del 4 maggio 1005 ebbe a dire che gli elenchi del personale in missione includono “personale militare e non, quindi anche il volontario che aveva lavorato in ospedale, l’impiegato della Ragioneria militare e quant’altri comunque avesse messo piede da quelle parti”. Anche il dott. Greco sostenne che bisognava conoscere la “storia espositiva”.

Dunque, specie in relazione alle conclusioni della Commissione Mandelli, occorre sapere chi ha fornito, e con quali criteri, i dati alla Commissione stessa che si è basata nella 3^ Relazione su 44 casi di possibile contaminazione. Ma, tra l’altro, la Commissione non ha preso in considerazione i dati relativi alla guerra del Golfo del 91, della Somalia del 1993, della Macedonia, della Albania, e in Italia dei poligoni e dei depositi. Inoltre si è occupata solo di tumori tralasciando i casi malformazione alla nascita e le patologie neurologiche.
Lo scrivente ha chiesto fin dal 2003, ripetutamente ma invano, al Ministero della Difesa, ai sensi della Legge 241/90 chi ha fornito i dati su cui si sono basate le analisi

7) Numero dei casi di possibile esposizione

Occorre chiedersi a quanto ammonta la cifra totale da prendersi in considerazione.
Recentemente si è appreso dai mass media che è stata compilata una lista di oltre 2.000 casi di possibile contaminazione. Ma si è ricordato poco sopra che nella 3^ ed ultima Relazione Mandelli del 2002 il totale dei casi era di 44. Successivamente alla Commissione di Inchiesta del Senato ne sono stati comunicati (audizione del citato dott. Greco del 2005) 104, nel 2006 il Ministero della Difesa (vedi articolo su Il Corriere della Sera del 5 aprile 2006) comunicò che i casi erano 158. C’è da chiedersi come è possibile che in un anno si sia passato da un numero a tre cifre ad un numero a quattro cifre, cosa assolutamente impossibile. Anche se dimezziamo, per via di possibili errori, la cifra di 2.000 in quella di 1.000 il problema resta nella sostanza immutato. Soprattutto sorge il sospetto che fin dal 2000 vi sia stata una sottovalutazione rilevante del numero dei casi reali.

Per quanto riguarda gli eventi mortali l’Ana-Vafaf ne ha riconosciuti 50 nel dossier recentemente compilato, ma ora, secondo la citata lista, sembrano essere oltre 170. Ed inoltre i 50 casi di morte segnalati dall’Ana-Vafaf nel suo dossier sembra che in larga parte siano invece considerati come relativi a viventi e d’altra parte per il Ministero della Difesa, casi di viventi (vedi ad esempio i casi del maresciallo Marco Diana del Caporal Maggiore Fabio Cappellano) sono stati considerati come casi mortali.

Falco Accame
Presidente Ana-Vafaf


LA LETTERA "MORTA"
Roma, 8 ottobre 2008


Alla Presidente della Commissione Uranio
Impoverito del Senato
Senatrice Lidia Menapace
E membri della Commissione

Signora Presidente,

in relazione alla audizione del Ministro della Difesa, On. Arturo Parisi, Le allego un elenco di questioni sulle quali l’Associazione che presiedo ritiene di non avere avuto adeguate risposta.
Le sarei grato se potesse inviarmi copia dell’elenco dei circa 2.000 casi di malattia di cui si è avuta recentemente notizia al fine di poter confrontare i dati con quelli in possesso dell’Ana-Vafaf.


Falco Accame

martedì 9 ottobre 2007

LA LETTERA DELL'ULTIMA VITTIMA DA POSSIBILE CONTAMINAZIONE

Io sottoscritto Cimino Luca Giovanni, nato il 02/02/1978 a Copertino (Lecce) dichiaro quanto segue:

- Di aver prestato servizio militare di leva presso la “ Scuola di Cavalleria e delle Truppe Corazzate Comando battaglione supporto tattico e logistico” con l’incarico di carrista conduttore della Centrale Poligono N° Matr. 013280 data incorporazione il 15/12/1998 e congedato il 12/10/1999.Al comando del Ten. Col. Vito Margotta.

- Richiesta indennizzo per causa di servizio, causata dalla mia attività di carrista conduttore svolta presso la caserma “Torre Veneri”. Tale attività ha portato il suddetto alla manipolazione di munizioni belliche, dei Carri armati del gruppo “Centauri e Arieti”, e dei munizionamenti vari, dei reparti in esercitazione nel sopraelencato poligono.

In particolare il sottoscritto svolgeva il compito più pericoloso per la contaminazione da uranio, in quanto provvedeva senza alcuna protezione a recuperare vedette, bersagli e bossoli esplosi di ogni tipo, recandosi nella zona dove pochi minuti prima erano esplosi i proiettili contaminati.

Tutto ciò è stato causa di una degenerazione cellulare nel mio organismo, in particolare la degenerazione di cellule ossee del viso, diagnosticata come “Emoblastoma mandibolare” (tumore osseo), dalle indagini mediche non risulta alcuna compatibilità per cause congenite, ma bensì un’infezione concomitante tra il periodo della prestazione militare e lo sviluppo della degenerazione cellulare.

In tale proposito, mi riservo di presentare documentazione medica ed esami istologici relativi alla prognosi, pertanto si richiede risarcimento per i danni fisici e morali, causati dalla non consapevolezza del rischio a cui andavo incontro svolgendo il servizio di leva presso il Battaglione di ‘Torre Venere’.

In Fede
Cimino Luca Giovanni

URANIO: PARISI; 255 MALATI, 37 MORTI IN DIECI ANNI MISSIONI

Secondo i dati della Direzione di sanita' militare, 'sono in totale 255 i militari che hanno contratto malattie tumorali e che risultano essere stati impegnati all'estero nei Balcani, in Afghanistan, in Iraq e in Libano nel periodo 1996-2006. Di questi militari, 37 sono morti'. Lo ha detto il ministro della Difesa, Arturo Parisi, davanti alla Commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito del Senato.Nello stesso periodo i militari malati per tumore, e non impiegati all'estero, sono stati 1.427

URANIO IMPOVERITO/ PARISI: 170 MILIONI PER RISARCIMENTO VITTIME
Previsti da decreto legge del 28 settembre scorso

La disponibilità di 170 milioni di euro a finanziamento della normativa per il riconoscimento della causa di servizio ai militari che hanno contratto malattie sul lavoro "dovrebbe consentire un azzeramento di molte pendenze arretrate nei risarcimenti delle vittime del dovere e consentire dal prossimo anno di andare a regime in questo settore". Lo ha spiegato il ministro della Difesa Arturo Parisi in un intervento al Senato davanti alla Commissione parlamentare d'inchiesta sui casi di morte e gravi malattie che hanno colpito il personale militare italiano impegnato nelle missioni militari in campo internazionale.Nel decreto legge del 28 settembre scorso, ha ricordato Parisi, "vengono assegnati nel corrente anno 170 milioni di euro a finanziamento della normativa" in questione. "Questa misura darà un immediato beneficio anche al nostro personale". "In questo contesto", ha aggiunto il ministro, "anche coloro che hanno già ricevuto il riconoscimento potranno usufruire di una integrazione, come recita l'articolo 34 del decreto".Quanto al riconoscimento della causa di servizio, ha quindi ricordato il ministro della Difesa, "la normativa introdotta nel 2006 si fonda sul principio di una presunzione di causa, fidando nel fatto che se non è possibile dimostrare una chiara connessione causa-effetto, non è neppure possibile dimostrare il contrario".La Difesa, ha comunque precisato Parisi, si è mossa "su due direttrici": da una parte "una innovazione procedurale per rendere possibile un rapido riconoscimento della causa di servizio a legislazione vigente, anche in assenza di precise certezze scientifiche per il buon fine dell'azione risarcitoria, e dall'altra l'emanazione di un provvedimento amministrativo finalizzato ad assicurare un'immediata assistenza integrativa".


URANIO: DE ZULUETA, FARE CHIAREZZA SU CRITERI RACCOLTA DATI

'Secondo i dati comunicati dal ministro Parisi davanti alla Commissione d'inchiesta sull'uranio impoverito sono in totale 255 i militari che hanno contratto malattie tumorali e che risultano essere stati impegnati all'estero nel periodo 1996-2006. Di questi 37 sono morti. La cifra e' preoccupante ma il dubbio e' che non sia completa'. A dichiararlo e' Tana de Zulueta, deputata dei Verdi.'Temo infatti - continua de Zulueta - che il ministro, comunicando il numero di militari ammalati e deceduti, abbia fatto riferimento ai soli militari in servizio e che non abbia tenuto conto dei veterani e di coloro che sono stati riformati dopo aver contratto la malattia. Credo sia opportuno fare chiarezza sui criteri utilizzati dal ministero per la raccolta dei dati vista anche l'enorme discrepanza con quelli forniti dalle associazioni dei familiari delle vittime'.'Che il problema ci sia - prosegue de Zulueta - risulta evidente dalle risorse stanziate, 10 milioni di euro per la ricerca e 170 milioni per le cosi' dette 'cause di servizio', che vanno riconosciute anche a quei militari non piu' in servizio attivo, ma comunque in seguito ammalatisi'.

sabato 6 ottobre 2007

Nuovo caso di possibile contaminazione in Puglia

Un giovane carrista L.G.C. di Lecce, che nel 1999 raccoglieva bossoli senza alcuna protezione presso il poligono di Torre Veneri a Frigole (in provincia di Lecce), si è ammalato di un tumore alla bocca. Il caso è stato reso noto solo oggi dai familiari. Purtroppo molti sono i casi di tumori sviluppatisi tra chi raccoglieva residuati bellici nei poligoni, cito ad esempio i casi di Ugo Pisani di Siena, nel poligono di Capo Frasca in Sardegna, e sempre in questo poligono i militari di Sassari Murizio Serra e Gianni Faedda e, ancora in Sardegna nel poligono di Salto di Quirra, Fabio Cappellano di Lamezia Terme. Nel poligono del Dandolo presso Maniago in Friuli, Alessandro Garofolo di Mantova.


Secondo un elenco emanato pochi giorni fa dal Ministero della Difesa, e anche in base alle indagini di Polizia Giudiziaria effettuate nei distretti militari, il numero di malati di tumore sarebbe di 2000 (o 2600) e perciò questo caso potrebbe essere il caso 2001 (o 2601). Ma secondo il Ministero della Difesa nell’aprile 2006 (vedi articolo su Il Corriere della Sera del 5 aprile 2006) i casi sospetti sarebbero stati 158 e questo sarebbe il caso 159. A un anno di distanza dunque i casi si sarebbero decuplicati o ventuplicati.


Il Direttore della prevenzione sanitaria del Ministero della Salute aveva dichiarato il 4 maggio 2005, nella sua audizione presso la Commissione di Inchiesta Senatoriale, che si trattava di 105 casi. Si pone dunque il problema gravissimo di quale è stata la vera entità del fenomeno, quella indicata dalla Commissione Mandelli (44 casi di possibile contaminazione nella ultima relazione dell’11 giugno 2002), oppure quella che appare adesso nell’elenco del 2007? Una differenza abissale.


C’è da chiedersi, tra l’altro, se il nome del carrista L.G.C. (1999) appariva nei dati forniti alla Commissione Mandelli e c’è da chiedersi chi ha fornito i dati alla Commissione stessa.

Entrando nel merito della specifica questione si pone la domanda perché non sono state adottate nei poligoni elementari norme di protezione per la raccolta dei residuati bellici, norme che valgono anche indipendentemente dal fatto che si tratti di residuati bellici all’uranio. L’Associazione pone queste domande al Ministero della Difesa e della Salute e resta in attesa di risposte e di conoscere il suddetto elenco anche per poterlo confrontare con il dossier pubblicato dall’Ana-Vafaf in cui sono specificati 50 casi di morte.


Falco Accame

lunedì 1 ottobre 2007

Speciale uranio sul "Tg Roma" di ReteSole

Uno speciale sull'uranio impoverito, e sugli ultimi allarmanti sviluppi, andrà in onda nel corso del Tg Roma dell'emittente interregionale ReteSole.

Al programma intervengono: la presidente della Commissione di inchiesta Lidia Menapace, l'ex presidente della Commissione Difesa Falco Accame, i reduci da Bosnia e Kosovo Carlo Calcagni e Gianluca Anniballi.

Potete vedere lo speciale in streaming al seguente indirizzo: www.retesole.it (cliccare su Live Lazio).

Lunedi 1 Ottobre alle ore 19.15 e alle 22.40

Martedi 2 Ottobre alle ore 13.40.