giovedì 11 ottobre 2007

"PARISI RETTIFICHI I SUOI DATI"

1) Inizio molto prima del 96

Non è vero che le problematiche dell’uranio impoverito inizino dal 1996, occorre prendere in considerazione dati molto antecedenti che invece nella relazione del Ministro sono stati omessi. Per quanto riguarda le operazioni all’estero in presenza di armi all’uranio impoverito, queste sono iniziate con la guerra del Golfo del 1991, poi in Somalia nel 1993, poi in Bosnia nel 1994. In tutte queste aree operative abbiamo avuto morti e malati. Per quanto riguarda l’attività in Italia dove vi sono stati pericoli per l’uranio per il personale che ha operato nei poligoni e nei depositi, si può risalire indietro nella data a metà degli anni 80 e probabilmente a metà degli anni 70, epoche in cui sono iniziate in tutto il mondo le sperimentazioni sull’uranio impoverito.

Quindi il dato di 255 malati non tiene in conto i casi di contaminazione in Italia. Comunque questo dato è due volte superiore a quello fornito due anni fa alla precedente Commissione di inchiesta dal rappresentante del Ministero della Salute, dott. Donato Greco, e non vengono fornite spiegazioni per questa rilevante differenza.

2) Non occorre la causa di servizio per i risarcimenti

Non è assolutamente vero che occorra la causa di servizio per ottenere i risarcimenti, causa di servizio che non viene concessa perché non si può provare con certezza il nesso di causalità tra uranio impoverito e tumori. Chi afferma quanto sopra denota una enorme carenza di professionalità in quanto non conosce evidentemente la Legge 308/81, la quale fu espressamente fatta per evitare l’ostacolo della causa di servizio. La Legge 308/81 prevede per la concessione dei risarcimenti due sole condizioni: l’essere in servizio e il fatto che l’infortunio, che può essere mortale o meno, sia grave, dove grave significa che sia incluso nell’elenco delle infermità e lesioni stabilite dalle tabelle A e B della legge sulle pensioni di guerra. Quindi è da cancellare tutto ciò che è stato detto circa la causa di servizio e la non concessione in mancanza del legame di certezza tra uranio e tumori, legame che interessa altre leggi diverse dalla 308/81 che è pienamente in vigore con le modifiche della 280/91.

3) Non solo tumori, ma anche altri casi omessi di malattia


Non è vero che la problematica dell’uranio impoverito interessi solo i casi di tumore, come è stato specificato nella relazione del Ministro (i soli casi conteggiati). Vi sono casi gravissimi di patologie neurologiche e di nascite di bambini malformi che sono stati completamente omessi.

4) Uso in Italia di uranio impoverito

Non è vero che in Italia non sia stato impiegato uranio impoverito. Le corazze e le blindature dei nostri mezzi sono state testate con armi all’uranio. Uno stock di armi all’uranio, acquistati da Israele nell’85, venne depositato nel deposito di Bibbona presso Cecina.

5) Non 37 morti ma almeno 50 (e forse 160)

Non è vero che i morti siano 37. L’Ana-Vafaf ne ha registrati nel suo Libro Nero 50 e si ritrovano tutti i loro nomi su Internet. Nessuna contestazione, ad oggi, vi è stata. Comunque rispetto ai dati contenuti negli elenchi pervenuti dopo l’invio della Polizia Giudiziaria nelle sedi periferiche il numero anche il numero di 50 risulta probabilmente assai in difetto.

6) I 1400 malati in impieghi non all’estero

Non è vero che l’ingentissimo numero di 1.427 malati che si aggiungono ai 255 sopra citati (e che secondo gli elenchi pervenuti dopo l’impiego della Polizia Giudiziaria potrebbero raggiungere e superare i 2.000 non riguardino casi di malattia legati all’uranio impoverito e ciò in quanto, come sopra detto, l’uranio impoverito non è stato impiegato solo all’estero e quindi non riguarda solo le missioni all’estero. Ma riguarda anche aree operative in Italia come poligoni e depositi.

7) Dimenticato il personale in congedo

Non è vero che i numeri citati nella relazione del Ministro rappresentino il totale perché manca il personale in congedo e si tratta ad esempio di migliaia di soldati di leva. Questo personale, attraverso annunci ufficiali sui mass media, doveva essere informato che una eventuale malattia che lo avesse colpito poteva derivare da contaminazione da uranio impoverito così poteva essere sollecitato a recarsi presso una struttura ospedaliera militare. Questa opera poteva essere svolta in larga misura anche attraverso i distretti. Più volte e invano negli anni passati l’Ana-Vafaf l’ha richiesta ed è intervenuta in alcuni casi di cui era a conoscenza. Ne citiamo due: i militari della Aeronautica qualificati VAM Maurizio Serra e Giovanni Faedda, due militari sardi morti mentre erano in congedo per un tumore al cervello, a un anno di distanza l’uno dall’altro. Entrambi avevano prestato servizio a un anno circa di distanza nel poligono di Capo Frasca in Sardegna. Entrambi erano stati impiegati in un compito NON di loro competenza: lo sgombro bossoli e residuati bellici, compito che è di competenza del genio guastatori. Inoltre sono stati impiegati senza alcuna misura di protezione, nemmeno i guanti. E il maneggio di residuati bellici, anche non dell’uranio impoverito, è comunque assai pericoloso perché con l’esplosione si generano comunque particelle di metalli pesanti la cui pericolosità è stata accertata (vedi su questo le dichiarazioni del Prof. Stefano Montanari sul periodico Vita del 27 febbraio 2004): “UNA ESPLOSIONE SVILUPPA COMUNQUE NANOPARTICELLE, TANTO CHE IL RISCHIO DI CONTAMINAZIONE E’ ALTISSIMO ANCHE PER LA POPOLAZIONE CHE QUI IN ITALIA VIVE VICINO AI POLIGONI DI TIRO”. Con l’occasione potremmo ricordare che ai genitori di questi ragazzi , certamente VITTIME DEL DOVERE, non è stata concessa una lira.

8) Legame causa/effetto

Non è vero che non esiste alcun legame tra uranio impoverito e tumori. Anche se non esiste un legame di certezza esiste però un legame di elevata probabilità e ciò che stupisce è che mentre la relazione del Ministero lo nega, lo affermano altissime autorità della Difesa e alti Comandi operativi che hanno emanato le norme di protezione per gli uomini alle loro dipendenze. Anche il Ministero dell’Ambiente, direttamente interessato alla questione, si è pronunciato in merito. Il Sotto Capo di Stato Maggiore della Difesa pro tempore, Gen. Ottogalli, in data 6 dicembre 89, facendo riferimento alla Legge sulla protezione dalle radiazioni, la Legge 130/1995, da applicarsi anche in campo militare precisava che: “I proiettili, sia i dardi, sia i residui di contenitori debbono essere disposti in un contenitore metallico munito di coperchio da disporre in una zona custodita ed appartata (possibilmente al chiuso) IN MANIERA CHE IL PERSONALE NON POSSA AVVICINARSI A MENO DI 7 METRI”. Dunque secondo il Gen. Ottogalli QUALCHE PERICOLO C’E, in fatti il generale chiedeva che “vengano poste in atto tutte le misure cautelative per la protezione del personale”.

Il Ministro dell’Ambiente in un documento dal titolo “Precauzioni da adottare in caso di ritrovamento di proiettili contenenti uranio impoverito o di frammenti di essi” ha scritto: “L’UD (uranio depleto) è radioattivo e chimicamente tossico e quindi pericoloso soprattutto per inalazione e ingestione di articolato”.

Quanto ai Comandi operativi ecco cosa si legge nelle Norme di Protezione emanate dalla KFOR il 22 novembre 99, a firma del colonnello Osvaldo Bizzarri: “Rimani lontano da carri bruciati e da edifici colpiti, da missili da crociera, se lavori entro 500 metri di raggio da un veicolo o costruzione distrutta indossa protezioni per le vie respiratorie. Inalazioni di polvere insolubile di uranio impoverito sono associate nel tempo con effetti negativi sulla salute quali il tumore e disfunzioni nei neonati.

Questi potrebbero non verificarsi fino a qualche anno dopo l’esposizione”. Lo stesso si dice nelle norme di protezione della Divisione Folgore dell’8 maggio 2000 a firma del colonnello Fernando Gualitieri. Ma il capo della Sanità USA aveva già dichiarato (agosto 1993): “When soldiers inhals or ingest DU dust they occur a potential encrease in cancer risk”. I PERICOLI ERANO DUNQUE BEN NOTI DAL 1993.

9) Mancanza di assistenza a militari e famiglie

Non è vero che sia stata prestata la massima assistenza al personale ammalato e ai suoi familiari. Ecco ad esempio che cosa hanno dichiarato alcune vittime:

- Valere Melis, in proposito si legge su L’Unione Sarda del 6.02.2000: “L’esercito non lo ha aiutato nemmeno quando bussava alle porte, calvo, pallido, indebolito dalla chemioterapia, gliele chiusero in faccia. Nessun militare in 4 anni è andato a trovarlo in ospedale, nemmeno a Natale”.

- Salvatore Carbonaro, si legge su La Repubblica del 31.01.2001 a proposito di Salvatore Carbonaro, morto a Pavia il 5 novembre 2000: “Aveva avviato una causa di servizio per sapere se era stata questa la causa del suo male. Nessuno li ha mai risposto. Quando si è ammalato l’hanno congedato e basta senza occuparsi di lui, lasciato solo a lottare con la morte” . . . “non l’hanno aiutato neppure per i funerali”.

- Armando Paolo: si legge sul periodico “Il Caffè” di Latina del 4.03.2004 la dichiarazione seguente: “L’Esercito Italiano mi ha lasciato solo, malato e senza lavoro. Mi hanno abbandonato”.

- Fabio Cappellano, narra la sua vicenda a L’Unione Sarda (11.03.2004): “Dopo un anno di convalescenza sono stato riformato e nessuno si è degnato di chiedermi come stavo. Le autorità militari hanno inviato un telegramma di condoglianze ai miei genitori. Si rammaricavano PER LA MIA MORTE”. evidentemente i Comandi da cui dipendeva il Cappellano non seguivano con grandissima attenzione le vicende del loro dipendente, tanto che non sapevano seppure se era vivo o morto!

- Fabio Porru e un maresciallo (rimasto anonimo) di Oristano. In una intervista a L’Unione Sarda il padre del Caporal Maggiore Fabio Porru afferma: “Dopo o funerali di Stato ci hanno abbandonato”. Un Maresciallo rimasto anonimo di Oristano in una intervista a L’Unione Sarda del 12 marzo 2004 afferma: “L’Esercito si è dimenticato di me”.

Falco Accame
Presidente Ana-Vafaf

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