giovedì 31 maggio 2007

Inchiesta Uranio: le norme anti infortuni agli atti della Procura di Bari

La procura di Bari ha disposto l'acquisizione di atti per verificare il rispetto della normativa antinfortunistica del '91 da parte del ministero della Difesa in relazione a casi di leucemie e tumori (anche mortali) contratti da numerosi militari italiani che hanno operato in Bosnia e Kosovo durante la guerra nei Balcani (nel periodo 1993-1999).
Le nuove indagini sono state disposte dal pm Ciro Angelillis al quale, nell'aprile scorso, il gip Chiara Civitano ha respinto la richiesta di archiviazione dell'inchiesta e ha ordinato nuove indagini.
Il pm chiese l'archiviazione del fascicolo perche' ritenne mancante il nesso di causalita' tra l'utilizzazione di munizioni all'uranio impoverito (da parte di Usa e Gran Bretagna) e l'insorgenza delle malattie. Alla richiesta di archiviazione si opposero Uil e Ital Uil Puglia.

Il gip, citando la richiesta di opposizione all'archiviazione, scrisse che Stati Uniti e Gran Bretagna avevano 'gia' dagli anni '80 la consapevolezza della pericolosita' dell'uranio impoverito utilizzato in campo militare, e che i relativi eserciti hanno adottato gia' dal '91 una serie di precauzioni'; 'non altrettanto puo' dirsi per le Forze armate italiane'.

'Il problema - scrisse il gip - e' di verificare se per i responsabili di tali Forze armate (quelle italiane, ndr) vi fossero obblighi scaturenti da documenti ufficiali in tal senso e gli stessi siano stati disattesi'.

martedì 29 maggio 2007

Uranio: due perizie dimostrano l'"elevata probabilità causale" con il tumore

Una sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Perugia nelle scorse settimane, ha riconosciuto il vitalizio dall'Inail ai familiari di F.B., un autotrasportatore di barre di uranio deceduto nel 1995 a 57 anni, in seguito ad un tumore al polmone. Due perizie hanno infatti dimostrato “l'elevata probabilità causale” tra la patologia (carcinoma a piccole cellule) e il lavoro svolto per 10 anni dall'operaio, consistente nel carico, scarico e trasporto della sostanza per conto di una ditta di Bologna. La stessa sentenza è destinata ora a rappresentare un prezioso precedente per tutte le vittime da possibile contaminazione da uranio impoverito, anche se meno radioattivo di quello naturale, utilizzato nei teatri di guerra.

“Abbiamo proposto un’azione giudiziaria dinanzi al Tribunale di Terni nel ’96 - ha spiegato il legale Paolo Crescimbeni del Foro di Terni - in quanto l’Inail aveva rigettato la domanda, proposta ancora in vita dal cliente, nel 1994. A seguito del decesso, la vedova ed i due figli richiedevano giudizialmente, nei confronti dell’Inail, che venisse accertata la natura professionale della patologia e, per conseguenza, costituita, in loro favore, una rendita vitalizia. All’esito di due gradi di giudizio, disposte ben tre perizie medico legali, la prima negativa, la seconda e la terza positive, supportate da altre commissioni tecniche di parte, la Corte di Appello di Perugia ha riconosciuto il beneficio”.

Delle due perizie positive, quella di primo grado ha così concluso: “si può concludere che il signor F. B. è deceduto per microcitoma polmonare, correlato, con forte probabilità, ad esposizione certa e protratta a radiazioni ionizzanti, avvenuta durante lo svolgimento della sua attività lavorativa”. Mentre quella di secondo grado concludeva dicendo che “il ctu ritiene, tenuto conto della complessità della materia, che non consente allo stato delle attuali conoscenze giudizi di certezza, che il nesso causale tra la patologia denunciata e le lavorazioni svolte da F. B., dante causa degli odierni appellati, sia connotato da maggiore probabilità rispetto alla ipotesi contraria”.

Per il legale “questo precedente può ben essere utilizzato in favore di quanti siano stati esposti all’azione nociva dell’uranio e che abbiano, per conseguenza, contratto malattie. Certo, ogni caso è clinicamente diverso, ma dalle consulenze disposte è possibile evincere l' elevata probabilità, se non addirittura la certezza, che l’uranio induce l’insorgenza di patologie neoplastiche”.

Anche l'avvocato Bruno Ciarmoli, del Foro di Bari, che segue casi di possibile contaminazione da uranio impoverito concorda con il collega. “I numerosi precedenti - afferma Ciarmoli - dimostrano la sussistenza di un filo logico e causale che collega l'attività svolta dai militari in servizio all'estero con l'insorgenza di patologie tumorali che, inevitabilmente dovrà portare il ministero della Difesa al riconoscimento del danno biologico morale ed esistenziale in favore degli stessi e dei civili danneggiati, incluse le famiglie dei bambini nati con gravi deformazioni.”

“La sentenza – ha commentato l'ex presidente della Commissione Difesa Falco Accame – sarà sicuramente utile alla commissione di inchiesta del Senato, perché dimostra, contrariamente a quanto già esposto in quella sede, che i rischi legati all'uranio sono dovuti anche al maneggio a freddo della sostanza quindi in una situazione statica e non solo cinetica di impatto del materiale su una superficie resistente con lo sviluppo di una temperatura di 3000 gradi e con fantomatici fenomeni di sublimazione e sparizione nel nulla dell'uranio. Si vede che basta il fenomeno di ossidazione del metallo a far si che particelle radioattive possano penetrare nell'organismo umano in assenza di adeguate protezioni”.

Per Accame “le perizie in questione spazzano via anche l'ipotesi che le cause delle patologie siano da attribuirsi ai vaccini oppure a “pittoreschi cocktail” di polveri belliche o addirittura siano da addebitare allo Stress, sigla che potrebbe essere tradotta in scaricamento totale responsabilità sul servizio”.

“Comunque – conclude Accame - anche in una lettura minimale della vicenda non si può escludere che non vi siano dei rischi in tutte quelle situazioni in cui i nostri militari si sono trovati ad operare in zone con una presenza massiccia di obiettivi colpiti o di residui di armi.”

MENAPACE: SENTENZA UTILE ALLA COMMISSIONE DI INCHIESTA

Per Lidia Menapace, presidente della commsiione parlamentare di inchiesta, “questa sentenza comincia a dare degli elementi per poter indagare sulle probabilità di presenza di uranio nelle patologie dichiarate e cominciare a chiedersi se sia stato adottato, praticato e controllato il principio di precauzione rispetto alla salute dei nostri militari e delle popolazioni civili”.

Francesco PALESE

venerdì 18 maggio 2007

Cocer Esercito: sbloccare fondi in finanziaria per vittime uranio

Il Cocer (Consiglio Centrale di Rappresentanza) dell'Esercito approva una delibera all'unanimità nella quale denuncia, in merito alla vicenda relativa all'uranio impoverito, il vuoto legislativo creatosi in questi anni, pertanto chiede al Governo di sbloccare i fondi previsti in finanziaria per le vittime e gli ammalati.

Il Cocer si dice inoltre preoccupato dalla confusione prodotta dalla comunicazione di “organismi esterni alla forza armata” allo scopo di una “sterile visibilità”. L'organismo di rappresentanza fa sapere inoltre di aver previsto un'audizione conoscitiva del Capitano Carlo Calcagni, effettivo ed in servizio presso la Scuola Cavalleria di Lecce, colpito da neoplasie connesse all’impiego all’estero.

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Consiglio Centrale di Rappresentanza Esercito X Mandato

Il Cocer Esercito, per il rispetto che si deve ai militari deceduti o colpiti da invalidità o malattie letali ed alle loro famiglie, nonché per l’impegno quotidiano nella tutela degli interessi del personale militare, esprime la più profonda preoccupazione sul vuoto legislativo relativamente ad interventi mirati al personale e rispettive famiglie colpite da oncopatologie.
Tali aspetti preoccupano ancor più se organismi esterni alla forza armata producono una comunicazione tale da confondere il ruolo istituzionale da quello prettamente privatistico.
Il Cocer Esercito ritiene necessario chiedere al presidente del Consiglio Prodi ed al Governo di intervenire nell’immediato attraverso lo svincolo dei 10 milioni di euro previsti nel comma 902 art. 1 della legge finanziaria 2007 modulando un progetto condiviso che possa assistere le persone colpite da neoplasie e soprattutto sostenere le rispettive famiglie nella gestione del tunnel della malattia. Non e’ possibile lasciare il personale delle forze armate in balia della burocrazia e soprattutto di soggetti che, attraverso queste vicende, ne traggono sterile visibilità.
A tal proposito il Cocer Esercito condivide pienamente le dichiarazioni del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito gen. c.a. Filiberto Cecchi “pensare a iniziative di riconoscimento, di assistenza e sostegno nel momento in cui si viene colpiti da queste patologie……..”
Il Cocer Esercito considera tutto il personale colpito da queste patologie o deceduto per medesima causa connessa con l’ambito di impiego “vittime del dovere”.

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IL RINGRAZIAMENTO DI CARLO CALCAGNI AL COCER

Sento il dovere di ringraziare pubblicamente i colleghi del COCER che hanno promosso un'iniziativa, oggi più che mai, importante e che rappresenta, sicuramente, una pietra miliare nell'infinita lotta per il riconoscimento dei diritti di chi, come noi, ha servito lo Stato, anche, a rischio della propria salute e, spesso, della propria vita.
Ancor più apprezzabile la voglia di sostenere ed aiutare chi, nelle difficoltà di ogni tipo e in una situazione di incertezza e confusione, viene usato in meschine speculazioni mediatiche con la speranza, ma è solo illusione, di veder risolti i propri probblemi.
E' necessario intervenire subito, appena individuato il caso, anche perchè non sempre c'è il tempo di aspettare mesi o anni per godere dei benefici previsti per le "VITTIME DEL DOVERE".

Capitano Carlo Calcagni

giovedì 17 maggio 2007

Falco Accame: negato indennizzo a militari sulla base di una legge inesistente



“Il ministro della Difesa Arturo Parisi chieda scusa ai genitori degli avieri Vam Maurizio Serra e Gianni Faedda, deceduti a causa di un tumore al cervello, dopo essere stati impiegati senza alcuna protezione nel poligono di tiro di Capo Frasca, in Sardegna, dove i due militari raccoglievano a mani nude i detriti causati dalle esplosioni di proiettili in dotazione soprattutto alle forze armate americane”. Lo chiede Falco Accame, ex presidente della Commissione Difesa della Camera e presidente dell'Ana-vafaf, associazione che tutela i familiari delle vittime appartenenti alle forze armate.

Parisi deve scusarsi secondo Accame “in quanto il ministero che presiede, ha negato ai due militari la speciale elargizione prevista dalla legge 308/81, rispondendo dopo 11 mesi, e non entro 90 giorni, limite stabilito dalla legge 241/91 sulla trasparenza amministrativa, sostenendo che le due vittime non avevano diritto all'indennizzo in riferimento al Dpr n.243 del 7 luglio 2006. Il legale delle vittime aveva presentato l'istanza il 15 febbraio 2006, quindi la Difesa ha negato la speciale elargizione sulla base di una legge all'epoca inesistente.”

“Si tratta – osserva - di un gravissimo episodio che la dice lunga sui livelli di sciatteria che riguardano il disbrigo di queste istanze e testimoniano quale sia il grado di considerazione nei confronti dei “nostri ragazzi”, che mi ricordano tanto i nostri soldati inviati a combattere in Russia, nella seconda guerra mondiale, con le scarpe di cartone.”

“I genitori di Gianni Faedda, deceduto a Sassari l'8 Settembre 2002 a 26 anni, e quelli del coetaneo Maurizio Serra, deceduto il 16 Maggio del 2004 a Castelsardo, dopo aver aspettato oltre il dovuto la risposta dalle istituzioni, si sono così visti beffati, per l'ennesima volta. Bisogna far capire agli interessati che questi atteggiamenti non possono più essere tollerati in un paese civile” conclude.

mercoledì 16 maggio 2007

Ecco il costo della Commissione di inchiesta

“Il costo complessivo dell'attività della Commissione di inchiesta sull'uranio impoverito della scorsa legislatura per il bilancio del Senato è stato di euro 182.658,70”. E' quanto si legge in un fax pervenuto ieri in redazione alle ore 19:20 da parte del direttore del Servizio delle Commissioni Bicamerali e Monocamerali di Inchiesta. La cifra si riferisce ai compensi corrisposti ai 17 consulenti (i quali hanno percepito un'indennità mensile non superiore a 750 euro lordi) e ai quattro studi scientifici commissionati.

Evandro Lodi Rizzini: dubbi su teoria Gatti

Sul dibattito intorno alle teorie esposte in commissione di inchiesta sull'uranio impoverito, interviene anche il Professor Evandro Lodi Rizzini, Direttore del Dipartimento di Chimica e Fisica dell'Università di Brescia. Uno dei primi studiosi italiani a contestare, dalle colonne del Corriere della Sera, i risultati della Relazione Mandelli.

Sarei molto lieto di essere presente quando la Dott.ssa Antonietta M. Gatti dovesse essere di nuovo sentita dalla Commissione parlamentare di inchiesta sull'uranio impoverito. Le farei osservare che, SE FOSSE VERO CIÒ CHE LEI ASSERISCE, la cosa sarebbe ancor più grave. È ben noto infatti che l'uranio non può essere tramutato in null'altro alle temperature di cui stiamo parlando (3000 gradi ndr). Se se ne è andato "a spasso" in forma ancor più microscopica di quanto può essere ritenuto dagli strumenti impiegati dalla Dott.ssa Gatti il suo effetto sarà ancor più micidiale. Nutro comunque seri dubbi sulle analisi della Dott.ssa, anche solo sulla base del semplice ragionamento che ho appena sopra accennato. Per altri versi siamo PALESEMENTE in presenza di informazioni errate ed incomplete. Sono sempre a Vostra disposizione e sarò ben lieto di qualsiasi confronto con la Dott.ssa Gatti ed altri interlocutori. A presto.

Con i migliori saluti

E. Lodi Rizzini

martedì 15 maggio 2007

Il giallo delle raccolte di fondi. Ai parenti delle vittime nemmeno un euro

“Non abbiamo mai ricevuto un euro dalle raccolte di fondi a favore delle vittime dell'uranio impoverito che sono state e vengono tuttora promosse in televisione”. A parlare, con amarezza, è Lorena Di Raimondo, vedova di Alberto Di Raimondo, militare di Lecce, deceduto nell'ottobre del 2005 a 26 anni a causa di un linfoma in seguito ad una missione nei Balcani.

“Quello che non sopporto – aggiunge - è che qualcuno utilizzi le nostre storie per farsi pubblicità. Per me queste persone che vanno in tv per fare appelli non sembrano persone serie quando dicono che aiuteranno le vittime dell'uranio economicamente. Con questo non voglio dire che non sia positiva la denuncia e il fatto che se ne parli, ma ci sono modi e modi per denunciare. Speculare sui malati e sui familiari delle vittime non penso sia decoroso.”

Lorena sta aspettando che il ministero della Difesa riconosca la causa di servizio al marito. Aveva presentato una prima domanda nell'ottobre del 2005, ma al ministero “tutta la documentazione era stata smarrita” e ha quindi ripresentato, scongiurando nuovi intoppi, l'istanza nel gennaio scorso.

“In questi anni – spiega la vedova – lo Stato ci ha solo rimborsato le spese sostenute per i viaggi da un ospedale all'altro. Siamo qui che aspettiamo che venga fatta giustizia e chiediamo allo stesso tempo di non essere strumentalizzati per fini commerciali.”

A confermare quanto detto da Lorena, un'altra vittima da possibile contaminazione da uranio, il capitano dell'Esercito Carlo Calcagni, per lui tre missioni nei Balcani, ed ora un calvario continuo tra ospedali, terapie quotidiane e legali per far valere i suoi diritti.

“Strumentalizzare la nostra malattia - spiega l'ufficiale - è indecente. Noi non vogliamo l'elemosina da nessuno, ma allo stesso tempo alcune affermazioni dovrebbero essere corrette, dal momento che oltre al sottoscritto, che lotta dal 2002, nessuna delle famiglie dei caduti e degli ammalati di mia conoscenza ha ricevuto da parte di chicchessia alcuna forma di aiuto materiale. Per quanto mi riguarda ho speso fino ad oggi, di tasca mia, oltre 50.000 euro per cure, visite specialistiche e trasferte, senza ricevere l'aiuto da nessuno. Le chiacchiere non servono a nessuno, tantomeno ai chi sta male.”

QUANTO COSTA AL CONTRIBUENTE LA COMMISSIONE DI INCHIESTA?
NON E' DATO SAPERE

Per l'inchiesta che stiamo conducendo da diverso tempo ci eravamo posti il problema del costo della commissione parlamentare. Essendo una commissione del Senato della Repubblica ogni cittadino ha il diritto di sapere come vengono spesi i suoi soldi.
Per questo, lo scorso 7 maggio, abbiamo inviato una richiesta formale all'avvocato Vigo Vicenzi, direttore della segreteria delle commissioni bicamerali e monocamerali di inchiesta, ma ad oggi non abbiamo ancora ricevuto nessun cenno di risposta.

“Telefoni più tardi, l'avvocato adesso non c'è. Stiamo provvedendo. Le invieremo il materiale quanto prima” queste le risposte alle tante telefonate.
Non pensavamo fosse così complicato capire quanto ci costa ogni anno questa commissione, che dopo diversi litigi, (le uniche occasioni, a quanto pare, nelle quali si sia acceso il dibattito tra i partecipanti) è giunta alla nomina dei primi consulenti tecnici. Tra chi spingeva per la riconferma dei vecchi e chi premeva per affidare l'incarico a “prestigiose figure” sembra ora che sia stato trovato un compromesso.

“Avranno solo un rimborso spese – ci dicono al telefono – quest'anno si è deciso di non dare compensi. Per quanto riguarda la passata legislatura si trattava solo di pochissime centinaia di euro al mese, e in ogni caso molto meno rispetto ai consulenti delle altre commissioni”.
Intanto la presidente Lidia Menapace nei giorni scorsi ha lasciato intendere, così come è nei suoi poteri, l'intenzione di poter ricorrere alla proroga del mandato della sua commissione di un ulteriore anno.

Francesco PALESE

lunedì 14 maggio 2007

Accame: teoria Gatti non applicabile. Non considera effetti a freddo dell'uranio

Ho letto con attenzione il resoconto stenografico dell’Audizione della Dott.ssa Antonietta M. Gatti nella seduta della Commissione parlamentare di inchiesta sull'uranio del 27 marzo 2007. Se ho inteso bene, la dott.ssa Gatti nella sua esposizione ha accantonato la possibilità che alcune delle patologie di cui si discute, possano essere derivate dall’uranio impoverito e che invece, occorra concentrarsi sugli effetti delle nano particelle nelle quali non si riscontra la presenza di uranio impoverito. Mi pare che ciò coincida con quanto si legge in un articolo pubblicato sul quotidiano ‘La Stampa’ il 3 Agosto del 2004.

Se ho ben capito, la teoria della dott.ssa Gatti, (della quale ho avuto modo, in passato, di leggere ricerche in campo odontoiatrico, sempre attinenti alla questione delle “piccolissime particelle”), esamina le conseguenze dell’uranio “a caldo”, cioè quando un proiettile all’uranio impatta su una superficie solida, sviluppando temperature dell’ordine dei 3000 gradi e anche con effetti pirofori che danno luogo ad una “sublimazione” del materiale.

Nella teoria della dott.ssa Gatti, l’uranio viene inteso, per usare un termine sociologico, come il “mandante”, il quale resta occulto, mentre devolve l’azione ai “mandati” che sarebbero numerosi metalli, come lo stronzio ed altri. Dunque, sempre in relazione a questa metafora sociologica, l’uranio sarebbe una specie di “Totò Riina” che non compare mai nei delitti di mafia effettuati dai suoi “mandati”.

Infatti, la dott.ssa Gatti sostiene di non aver trovato traccia dell’uranio impoverito nei reperti da lei esaminati, ma sempre altri metalli. Il rapporto tra uranio impoverito e tumori quindi non esisterebbe. E per quanto riguarda il rapporto tra gli altri metalli e l’insorgere di tumori, malformazioni alla nascita, patologie neurologiche, ecc. non vi sarebbero prove ed il legame resterebbe di tipo probabilistico.

Ma il punto che mi preme mettere in evidenza è che la teoria della dott.ssa Gatti riguarda la pericolosità dell’uranio per così dire “a caldo”, anzi potremmo dire “a caldissimo”, visto le temperature che si sviluppano.

Ma quanto sopra non copre affatto la situazione di rischio presentata dall’uranio e specificamente ribadita in tutte le norme di protezione che dal 1984 sono state individuate. Infatti, se la teoria della dott.ssa Gatti si può prestare ad esaminare la pericolosità nella situazione di impatto di un proiettile contro un ostacolo, non si presta a valutare il pericolo “a freddo” nel caso di maneggio di proiettili all’uranio impoverito o, ad esempio, barre di compensazione degli impennaggi degli aerei.

Pensiamo, ad esempio, anche al maneggio di proiettili che si sono conficcati nel terreno, da parte di civili (spesso bambini) nelle località bombardate. Pensiamo al maneggio di proiettili nei depositi di munizioni, o al maneggio di residuati di proiettili in Italia e all’estero.

Mi preme menzionare il fatto che a proposito del maneggio di munizioni e dei pericoli relativi, vi è stata in passato una polemica che si è sviluppata nel deposito delle “Casermette” a Bibona presso Cecina. Gli artificieri che dovevano ripulire dei proiettili dalla ossidazione che si era verificata, chiesero un intervento della locale ASL perchè erano preoccupati per la loro salute.

Questa è, ad esempio, una situazione in cui la teoria della dott.ssa Gatti è inapplicabile perchè è una situazione di rischio “a freddo” e non “a caldo” e riguarda lo strato di ossidazione che si sviluppa sulla superficie del metallo. Qui non sono in gioco nè altri metalli nè “mandanti occulti”. Ma perchè una teoria possa ritenersi valida, deve poter essere applicabile in tutte le situazioni.
Desidero, infine, precisare che quelle che, almeno al sottoscritto, risultano essere le prime norme di protezione inviate all’Italia in ambito NATO, risalgono al 1984. E’ proprio in queste norme di protezione che si precisano i provvedimenti da adottare, di fronte ai pericoli dell’uranio impoverito, e che sono costituiti dall’uso di guanti, tute, maschere, occhiali.

Le norme del 1984 si riferiscono specificamente ai pericoli che presenta il maneggio delle barre di uranio che, come sopra accennato, vengono usate negli impennaggi degli aerei militari e di quelli civili. Uso che è stato , da qualche anno, proibito.

Può forse essere non inutile ricordare da che cosa nacque un primo allarme sulla pericolosità dell’uranio impoverito, dopo quello che era stato dato in Australia negli anni ’50. In Giappone si verificò che, al decollo, un aereo si schiantasse al suolo producendo un furioso incendio che risultava inspiegabile agli esperti. Dopo attenti studi si dedusse che questo incendio anomalo si era sviluppato per via dell’effetto piroforo delle barre all’uranio contenute nei timoni di direzione, quando si sviluppò l’incendio. Quanto avvenuto in Giappone si ripetè anche su scala minore in Italia, presso l’aeroporto della Malpensa. L’esito (all’italiana) fu il licenziamento del Vigile del Fuoco che aveva denunciato il fatto.

In conclusione, mi sembra che non ci si possa fondare sulla teoria della dott.ssa Gatti indipendentemente dal fatto che possa o meno dimostrare la pericolosità dell’uranio impoverito in quanto tiene conto solo della problematica a caldo e non di quella a freddo.
Mi pare anche che, pur nei limiti che riguardano la situazione a caldo, la teoria non porti ad affermare nè che l’uranio impoverito possa essere la causa dei tumori, e neppure il contrario come hanno cercato di sostenere coloro che attribuiscono ai vaccini e non all’uranio la causa delle patologie, dimenticandosi che queste patologie si sviluppano non solo all’estero al personale a cui sono state fatte particolari vaccinazioni, ma anche sul territorio nazionale per militari e anche per civili, come è apparso per esempio, in alcuni poligoni della Sardegna e nelle zone adiacenti.
Si ritiene, perciò necessario, un maggior approfondimento sulla questione anche nell’ambito della stessa commissione di indagine e negli appropriati organi competenti nel campo scientifico.

Falco Accame

sabato 12 maggio 2007

Assistenza legale vittime

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martedì 8 maggio 2007

Nuovo caso sospetto in Puglia. Un linfoma a 26 anni, ma per la Sanità militare era sano

“E' un caporalmaggiore di 26 anni, di Lecce, ed è l’ultimo caso di militare vittima da possibile contaminazione da uranio impoverito nei Balcani. Il sergente dell’Esercito, tra il marzo del 1999 e l’ottobre del 2001, ha svolto due mission in Kosovo e una in Macedonia, dove ha operato senza alcuna protezione dalla sostanza. Nello scorso mese di aprile, gli è stato diagnosticato un Linfoma non Hodgkin a grandi cellule B, in quarto stadio, a localizzazione ossea e renale, adesso è ricoverato presso l’ospedale di Taranto.” Lo rende noto, attraverso il network GrNews.it, che svolge un’inchiesta sul tema, il capitano dell’Esercito Carlo Calcagni, conterraneo di Marco Sammati ed anche lui vittima dell’uranio.

“La cosa più grave — spiega Calcagni — è che al ragazzo, in tutti i controlli previsti per i reduci dai Balcani dal ‘Protocollo Mandelli’, l’ultimo dei quali svolto a ottobre 2006, non è stato riscontrato nulla. Così come previsto dal decreto legislativo n. 27 del 2001, infatti, chi ha operato in quei teatri si deve sottoporre a controlli semestrali per i cinque anni successivi alla missione. Il protocollo, nel caso di Marco, veniva effettuato dal dirigente del servizio sanitario della caserma del Reggimento Guastatori di Trento, che poi provvedeva a far analizzare i risultati dall’ospedale militare di competenza”. “Nello scorso marzo — continua l’ufficiale — Sammati, in seguito a sintomatologie dolorose all’altezza della colonna vertebrale, viene ricoverato d’urgenza presso gli Ospedali Riuniti di Ancona, dove il 16 Aprile viene sottoposto ad un intervento chirurgico di biopsia.

Da qui viene trasferito all’ospedale SS Annunziata di Taranto dove si trova tuttora e svolge la chemioterapia.” “Tutte le segnalazioni che stanno giungendo al nostro sito — nota Francesco Palese, direttore editoriale di GrNews.it — ci portano a pensare che del problema, e delle sue dimensioni, si conosca sola la punta dell’iceberg. Così come abbiamo sempre fatto, sottoporremo quest’ultimo caso alla presidente della Commissione parlamentare di inchiesta Lidia Menapace, che potrebbe avere degli elementi utili alle sue indagini, anche in merito all’efficacia e all’osservanza del ‘Protocollo Mandelli’”.

Repubblica.it

venerdì 4 maggio 2007

Aiutiamo Gianluca Anniballi, vittima del dovere

L'ex caporalmaggiore Gianluca Anniballi, 28enne di Villasmundo frazione di Melilli (Siracusa), ammalatosi di tumore un anno dopo il suo congedo dall'Esercito dopo aver prestato servizio in Kosovo, a causa della sua invalidita' non trova lavoro e chiede aiuto alle istituzioni perche' gli venga garantito "il buon impiego che mi spetta per aver servito il Paese". L'ex militare ha passato 4 mesi in Kosovo "senza alcuna protezione dall'uranio impoverito.

Sentivamo parlare del rischio dovuto all'uranio come di 'voci di corridoio' -racconta Anniballi- Facevamo delle riunioni informative ma ci dicevano di stare attenti soprattutto alle mine anticarro".


Il giovane ricorda che voleva "dimenticare del tutto" la sua esperienza, ma ora, spiega, "ho scelto di denunciare il mio caso grazie al sostegno di un mio amico Giuseppe Paradiso e del giornalista Palese. All'inizio non desideravo che mi fosse riconosciuta l'invalidita' perche' mi faceva pensare a quello che mi era successo.


Poi ho accettato la mia condizione, ma mi ha rovinato la vita : a causa del mio status non riesco a trovare lavoro, nemmeno in nero". Anniballi sostiene che nonostante sia andato "ogni giorno allo sportello del Lavoro di Siracusa, dove ci sono le liste di collocamento mirato" non ha mai ricevuto una risposta concreta: "Ci sono tante persone valide iscritte in quelle liste che non trovano lavoro, mi domando il perche'". L'ex militare e' adesso molto determinato: "Portero' questa battaglia fino alla fine, per la gente che e' nelle mie stesse condizioni e per chi non puo' piu' raccontarlo".


Il 28enne si e' rivolto nel suo appello "Soprattutto al presidente della Regione, Salvatore Cuffaro, perche' le persone del mio Paese non possono fare nulla per il mio caso".

Gianluca e i suoi familiari rivolgono un appello al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, al presidente del Consiglio Romano Prodi, al ministro della Difesa Arturo Parisi, al presidente della Regione Sicilia Salvatore Cuffaro "e all'intera classe politica regionale, perche' risolvano questa triste situazione, quella di un servitore dello Stato, abbandonato dallo stesso".

mercoledì 2 maggio 2007

Ancora una vittima in Sicilia: in Kosovo senza protezioni, invalido a 28 anni

E’ Gianluca Anniballi di 28 anni, ex caporalmaggiore volontario in ferma breve dell'Esercito, di Melilli, in provincia di Siracusa, l’ultima vittima da possibile contaminazione da uranio impoverito”. Lo rende noto il network della sicurezza GrNews.it, che sta svolgendo un’inchiesta sul tema.

L’ex militare ha operato fino all’ottobre del 2000 a Pec, in Kosovo, dove è stato impegnato per quattro mesi. Conduceva i mezzi del Battaglione Logistico Taurinense della Brigata Alpina di base a Torino, nell'ambito della missione Joint Guardian Kfor della Nato. La località di Pec, quaranta chilometri a ovest da Pristina, secondo i dati forniti dalla Nato, risulta tra le più colpite dai bombardamenti tra i 112 siti indicati, dove furono esplosi 31.000 proiettili all’uranio impoverito. Ma Gianluca, per le sue mansioni, ha effettuato degli spostamenti per centinaia di chilometri in tutta la regione. Nel marzo del 2002, a un anno dal congedo, gli è stato diagnosticato un “astrocitoma cerebellare”, una forma di tumore al cervello che ha scoperto casualmente.

Nel settembre 2002 si sottopone a 11 ore di intervento chirurgico, nella zona del cervello che interessa l’equilibrio, presso il policlinico di Monza. Nel dicembre dello stesso anno la Asl di Siracusa gli conferma un’invalidità permanente, in quanto Gianluca, che ha un diploma da geometra, non può svolgere tutti quei lavori che richiedono il senso dell’equilibrio.
Sarà l’avvocato Bruno Ciarmoli, che segue altri casi simili, a chiedere al Ministero della Difesa che gli venga almeno riconosciuta la causa di servizio.

Gianluca ha confermato di aver operato senza alcuna protezione contro l’uranio impoverito nonostante le norme emanate dallo Stato Maggiore nel novembre del 1999 nelle quali si affermava, tra l’altro, che “inalazioni di polveri insolubili di uranio impoverito sono associate nel tempo con effetti negativi sulla salute quali il tumore e disfunzioni nei neonati” e si indicavano le precauzioni da adottare. Adesso è senza un lavoro e ha deciso di raccontare la sua storia dopo anni di paura e dopo aver tentato di “rimuovere” l’accaduto. Ma come lui, che secondo i dati della commissione di inchiesta sarebbe il 516esimo ammalato, a fronte dei 46 morti, ce ne sono tanti altri nell’ombra.

“All’inizio – ci racconta l’ex militare – avrei dato l’anima per l’Esercito, per questo decisi di presentare la domanda dopo la leva nel 1998. Sono sempre stato affascinato da tutto quello che sentivo dire dagli altri sulla vita militare, sul cameratismo e sullo spirito di corpo. Oggi sono in questa situazione e mi sento male soprattutto se penso al dolore e alla sofferenza che ho procurato a chi mi è stato e mi sta intorno. Ho sempre scelto di non pensarci, ma ora mi sono deciso, e farò tutto il possibile per ottenere quello che mi spetta. Se lo vorranno, sono disponibile a portare il mio caso alla commissione parlamentare di inchiesta e invito chi è nelle mie condizioni a fare altrettanto. Continuare a tacere non ha senso”. Gianluca infine ringrazia l'amico Giuseppe Paradiso grazie al quale si è messo in contatto con noi.

Francesco PALESE

Menapace: sentiremo Anniballi

"La commissione di inchiesta è disponibile ad ascoltare la testimonianza di Gianluca Anniballi, al quale va la mia solidarietà, in merito alle dotazioni e alle informazioni di cui erano in possesso i nostri militari impegnati in missioni all'estero, per proteggersi da possibili contaminazioni da uranio impoverito."

Lo ha detto la senatrice di Rifondazione Comunista, Lidia Menapace, presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sull'uranio, ai microfoni di GrNews.it, accogliendo così l'appello dell'ultimo militare ammalatosi per possibile contaminazione dalla sostanza in causa.

"Abbiamo avuto l'ok dal Ministero della Difesa - ha aggiunto - per ascoltare i militari impegnati nelle missioni, questi non devono avere alcuna paura di violare segreti o altro, possono parlare liberamente. A noi interessa verificare se si siano esposti a pericoli dei quali avrebbero dovuto essere a conoscenza."

"Lo scopo della Commissione che presiedo - ha detto - è quello di accertare prima le cause delle patologie e poi passare alle responsabilità. Per questo proprio oggi sono stati nominati 4 consulenti scientifici tra quelli che abbiamo udito in precedenza".


Solidarietà al militare della provincia di Siracusa giunge anche dal delegato del Cocer e del Cobar Carabinieri Sicilia Alessandro Rumore per il quale è "scandaloso che ancora adesso, dopo l’ennesima notizia di un militare colpito da malattia, i parlamentari che tanto si contrappongono tra loro per decidere se inviare o meno nuovi militari in zone ad alto rischio, per la pace o per la guerra, non si accorgano delle defezioni che ha nel suo Dna il sistema di Difesa italiano".



Francesco PALESE