mercoledì 2 maggio 2007

Ancora una vittima in Sicilia: in Kosovo senza protezioni, invalido a 28 anni

E’ Gianluca Anniballi di 28 anni, ex caporalmaggiore volontario in ferma breve dell'Esercito, di Melilli, in provincia di Siracusa, l’ultima vittima da possibile contaminazione da uranio impoverito”. Lo rende noto il network della sicurezza GrNews.it, che sta svolgendo un’inchiesta sul tema.

L’ex militare ha operato fino all’ottobre del 2000 a Pec, in Kosovo, dove è stato impegnato per quattro mesi. Conduceva i mezzi del Battaglione Logistico Taurinense della Brigata Alpina di base a Torino, nell'ambito della missione Joint Guardian Kfor della Nato. La località di Pec, quaranta chilometri a ovest da Pristina, secondo i dati forniti dalla Nato, risulta tra le più colpite dai bombardamenti tra i 112 siti indicati, dove furono esplosi 31.000 proiettili all’uranio impoverito. Ma Gianluca, per le sue mansioni, ha effettuato degli spostamenti per centinaia di chilometri in tutta la regione. Nel marzo del 2002, a un anno dal congedo, gli è stato diagnosticato un “astrocitoma cerebellare”, una forma di tumore al cervello che ha scoperto casualmente.

Nel settembre 2002 si sottopone a 11 ore di intervento chirurgico, nella zona del cervello che interessa l’equilibrio, presso il policlinico di Monza. Nel dicembre dello stesso anno la Asl di Siracusa gli conferma un’invalidità permanente, in quanto Gianluca, che ha un diploma da geometra, non può svolgere tutti quei lavori che richiedono il senso dell’equilibrio.
Sarà l’avvocato Bruno Ciarmoli, che segue altri casi simili, a chiedere al Ministero della Difesa che gli venga almeno riconosciuta la causa di servizio.

Gianluca ha confermato di aver operato senza alcuna protezione contro l’uranio impoverito nonostante le norme emanate dallo Stato Maggiore nel novembre del 1999 nelle quali si affermava, tra l’altro, che “inalazioni di polveri insolubili di uranio impoverito sono associate nel tempo con effetti negativi sulla salute quali il tumore e disfunzioni nei neonati” e si indicavano le precauzioni da adottare. Adesso è senza un lavoro e ha deciso di raccontare la sua storia dopo anni di paura e dopo aver tentato di “rimuovere” l’accaduto. Ma come lui, che secondo i dati della commissione di inchiesta sarebbe il 516esimo ammalato, a fronte dei 46 morti, ce ne sono tanti altri nell’ombra.

“All’inizio – ci racconta l’ex militare – avrei dato l’anima per l’Esercito, per questo decisi di presentare la domanda dopo la leva nel 1998. Sono sempre stato affascinato da tutto quello che sentivo dire dagli altri sulla vita militare, sul cameratismo e sullo spirito di corpo. Oggi sono in questa situazione e mi sento male soprattutto se penso al dolore e alla sofferenza che ho procurato a chi mi è stato e mi sta intorno. Ho sempre scelto di non pensarci, ma ora mi sono deciso, e farò tutto il possibile per ottenere quello che mi spetta. Se lo vorranno, sono disponibile a portare il mio caso alla commissione parlamentare di inchiesta e invito chi è nelle mie condizioni a fare altrettanto. Continuare a tacere non ha senso”. Gianluca infine ringrazia l'amico Giuseppe Paradiso grazie al quale si è messo in contatto con noi.

Francesco PALESE