sabato 6 ottobre 2007

Nuovo caso di possibile contaminazione in Puglia

Un giovane carrista L.G.C. di Lecce, che nel 1999 raccoglieva bossoli senza alcuna protezione presso il poligono di Torre Veneri a Frigole (in provincia di Lecce), si è ammalato di un tumore alla bocca. Il caso è stato reso noto solo oggi dai familiari. Purtroppo molti sono i casi di tumori sviluppatisi tra chi raccoglieva residuati bellici nei poligoni, cito ad esempio i casi di Ugo Pisani di Siena, nel poligono di Capo Frasca in Sardegna, e sempre in questo poligono i militari di Sassari Murizio Serra e Gianni Faedda e, ancora in Sardegna nel poligono di Salto di Quirra, Fabio Cappellano di Lamezia Terme. Nel poligono del Dandolo presso Maniago in Friuli, Alessandro Garofolo di Mantova.


Secondo un elenco emanato pochi giorni fa dal Ministero della Difesa, e anche in base alle indagini di Polizia Giudiziaria effettuate nei distretti militari, il numero di malati di tumore sarebbe di 2000 (o 2600) e perciò questo caso potrebbe essere il caso 2001 (o 2601). Ma secondo il Ministero della Difesa nell’aprile 2006 (vedi articolo su Il Corriere della Sera del 5 aprile 2006) i casi sospetti sarebbero stati 158 e questo sarebbe il caso 159. A un anno di distanza dunque i casi si sarebbero decuplicati o ventuplicati.


Il Direttore della prevenzione sanitaria del Ministero della Salute aveva dichiarato il 4 maggio 2005, nella sua audizione presso la Commissione di Inchiesta Senatoriale, che si trattava di 105 casi. Si pone dunque il problema gravissimo di quale è stata la vera entità del fenomeno, quella indicata dalla Commissione Mandelli (44 casi di possibile contaminazione nella ultima relazione dell’11 giugno 2002), oppure quella che appare adesso nell’elenco del 2007? Una differenza abissale.


C’è da chiedersi, tra l’altro, se il nome del carrista L.G.C. (1999) appariva nei dati forniti alla Commissione Mandelli e c’è da chiedersi chi ha fornito i dati alla Commissione stessa.

Entrando nel merito della specifica questione si pone la domanda perché non sono state adottate nei poligoni elementari norme di protezione per la raccolta dei residuati bellici, norme che valgono anche indipendentemente dal fatto che si tratti di residuati bellici all’uranio. L’Associazione pone queste domande al Ministero della Difesa e della Salute e resta in attesa di risposte e di conoscere il suddetto elenco anche per poterlo confrontare con il dossier pubblicato dall’Ana-Vafaf in cui sono specificati 50 casi di morte.


Falco Accame