(Vittimeuranio.com) Desta preoccupazione l’improvviso trasferimento dall’Ospedale Militare del Celio ad una sede civile specializzata nel settore oncologico del giovane calabrese ventitreenne tornato dal Libano gravemente ammalato. Ma non poteva esservi trasferito immediatamente? Perchè si è atteso tanto? Ancora oggi non si conosce la diagnosi.
Stupisce il completo silenzio del Ministero della Difesa, così prodigo normalmente di informazioni sul Libano. E sorgono non pochi inquietanti interrogativi: come è stato possibile che ci si sia accorti solo in una fase così avanzata della patologia? Quali test sono stati eseguiti? Quali visite periodiche – tra quelle previste per il personale fuori area – sono state effettuate? Quali norme di protezione sono state adottate in Libano?
Sembra purtroppo che a nulla sia servita la triste esperienza finora fatta (50 decessi per possibile contaminazione da uranio impoverito) circa la esigenza di adottare tempestivamente tutte le precauzioni necessarie? Non è stato sufficiente l’aver adottato, con sei anni di ritardo, le norme di sicurezza, rispetto a quando le avevano emanate i reparti USA?
C’è da chiedersi ora, se la Commissione di Inchiesta del Senato possa fare chiarezza su quanto accaduto.
Falco Accame
Presidente ANAVAFAF