Probabilmente, solo per Roma, con 10 addetti ai lavori ipotizzando un quarto d’ora per ogni documento occorrerebbe un tempo dell’ordine di 15 anni.
Ciò che probabilmente bisognerebbe fare è di selezionare i casi sospetti, ad esempio individuando presso la direzione del personale della Difesa le domande avanzate per l’ottenimento della causa di servizio in relazione a patologie che possono essere ricondotte a quelle derivanti dalla contaminazione da uranio impoverito, una cifra che probabilmente non supera in tutta Italia i 2.000 casi. E si potrebbe partire dai circa 500 casi nominativi conosciuti dalla Commissione di Inchiesta del Senato che ne ha dichiarati all’incirca 515 tra i malati, 50 casi di morte nominativi per possibile contaminazione che sono stati dichiarati dall’Ana-Vafaf nel Libro Nero.
Procedendo in questo modo si paga naturalmente il prezzo di una riduzione artificiale del numero dei dati, ma almeno si può procedere sollecitamente dato che si conoscono i singoli nominativi e ciò facilita enormemente la ricerca dei documenti negli archivi dei distretti e dipartimenti e riduce drasticamente i tempi occorrenti per l’analisi dei dati.
Peraltro la ricerca non deve illudersi di poter pervenire a dati completi, anche se contribuirà ad aumentare le conoscenze.
Infatti nei documenti caratteristici purtroppo, nella gran maggioranza, non vengono registrate tutte le destinazioni ricoperte e le missioni effettuate dal personale. E’ stata riscontrata ad esempio in passato la non-annotazione in alcuni fogli matricolari di personale ammalato delle missioni che avevano compiuto nei poligoni, dato che, ovviamente, è assai rilevante. Anche per quanto concerne i dati sanitari potremmo non trovarvi annotati i tipi di patologia riscontrati, ma solo piuttosto dati amministrativi come date di ricovero in strutture sanitarie e decisioni circa le condizioni di salute (idoneità al servizio, non idoneità, riforma, convalescenza).
E’ bene tener presente che per quanto riguarda le possibili contaminazioni da uranio impoverito attribuibili a per amenza all’estero i primi dati si riferiscono al 91, guerra del Golfo, poi al 93, operazione Restore Hope in Somalia, teatro in cui tra l’altro l’Italia disponeva di una dotazione di armi all’uranio, e successivamente ai Balcani. Per quanto riguarda i poligoni i primi dati possono farsi risalire alla seconda metà degli anni 70, data dalla quale è possibile che siano state eseguite sperimentazioni di queste armi specie da ditte straniere produttrici (purtroppo già si è evidenziata l’estrema difficoltà a ricevere dati su queste sperimentazioni).
Una serie di altri possibili utilizzi della Polizia Giudiziaria per prelievo di dati importanti è stato segnalato dall’Ana-Vafaf alla Commissione di Inchiesta del Senato.
Falco Accame
Presidente Ana-Vafaf
Presidente Ana-Vafaf