Vorrei portare l'attenzione su un elemento sul quale non si pone abbastanza l'accento, a mio avviso. Tutti coloro che hanno perseguito le vie legali hanno ottenuto sentenze favorevoli. Il vero problema è che possiamo parlare dei nostri morti per settimane, mesi, anni, sensibilizzsre l'opinione pubblica, rendere sempre più consapevoli coloro che fino ad oggi hanno vissuto ignorando questi fatti terribili.
In ultima analisi però, le Istituzioni ci impongono di ricorrere agli studi legali, agli avvocati. Ci impongono di affrontare cause lunghissime, sempre con l'incertezza di una sentenza avversa. In caso poi di sentenze favorevoli, gli enti che hanno rilasciato i provvedimenti da noi impugnati ricorrono al grado successivo di giudizio. Questo significa affrontare spese enormi, che la maggior parte degli ammalati di cancro e dei loro familiari non sono in grado di affrontare. Il caso di Marica è emblematico.
Chiediamo allora al governo di sbloccare la legge sulla "class action", ossia la causa comune, che consentirebbe ad un gruppo di persone con lo stesso problema di farsi rappresentare, da un unico legale, con un evidente vantaggio e risparmio per i ricorrenti.
Chiediamo al governo perchè la legge è bloccata alle camere da mesi, perchè è stato presentato un emendamento che consentirebbe solo a chi ha un' istanza "identica" di ricorrere allo stesso legale? Questo significa annullare totalmente il significato della legge. Infatti, quanti di coloro che sono morti, come mio marito, sono deceduti al luglio del 1999 per un tumore cerebrale?
L'alternativa alle cause civili, ai ricorsi, alla legge insomma, qual è? Stare qui a parlare tra di noi? Incatenarci ai cancelli del Ministero della Difesa?
Daniela Volpi