Anche se ci sono voluti ben 7 anni per una valutazione del caso Melis da parte della magistratura, questa ora vi è stata ed ha messo in evidenza che, pur essendo noti i pericoli dell’uranio impoverito non vennero adottate le misure di protezione necessarie. Il pericolo era stato segnalato da molti militari italiani che già in Somalia (1992-94) avevano visto indossare ai militari USA (anche a 40 gradi all’ombra) tute pesanti e maschere ed avevano anche segnalato che i militari USA lavavano ogni sera le tute.
Così era accaduto anche in Bosnia dal 1995 in poi e di seguito in Kossovo. Le predette segnalazioni però non hanno dato luogo alla emanazione di misure di protezione. Tali misure (tute guanti, maschere, occhiali) erano state già rese note all’Italia dal 20 dicembre 84. Altra normativa è quella del 14 ottobre 93 emanata dagli USA in Somalia. Vi è poi la normativa del 2 agosto 1996 nei riguardi di radiazioni a bassa intensità emanata dal Comando alleato in Europa e quella del 22 novembre 99 emanata dalla KFOR, la Forza Multilaterale nei Balcani, a firma del colonnello Osvaldo Bizzari.
Potrà essere la Commissione di inchiesta del Senato ad appurare perché quanto sopra è potuto accadere. Certo è che l’adozione tempestiva del “principio di precauzione” avrebbe potuto evitare molte dolorose conseguenze.
Falco Accame