lunedì 9 gennaio 2012

L’inquinamento nascosto del poligono di Quirra

L’ipotesi è inquietante e aggrava il già tragico quadro dell’inquinamento causato dalle esercitazioni militari nel poligono di Quirra: i contaminanti potrebbero essersi annidati nel vasto sistema di grotte sottostanti l’area militare. La notizia non è nuova è stata infatti pubblicata per la prima volta da “La Voce del Sarrabus” nel 2009 e rilanciata alcuni mesi fa dalla rivista “Lacanas”. Purtroppo non è stato approntato alcun piano investigativo per vagliare l’ipotesi. Il semplice prelevamento di campioni di acque dalle sorgenti potrebbe fornire valori falsamente confortanti se non si procederà all’analisi dei sedimenti depositatisi all’interno delle grotte. Il sistema di cavità de Is Angurtidorgius consta di oltre 11 km di gallerie solcate da un fiume e con numerosi laghi che costituiscono una riserva idrica di notevole valore.


I calcari si comportano come una sorta di gigantesca spugna che assorbe, senza filtrarla, qualunque sostanza rilasciata in superficie. Pertanto, è lecito attendersi che l’intera storia delle esercitazioni militari sia stata registrata dai sedimenti contenuti nelle gallerie. In quali proporzioni i contaminanti siano presenti non è possibile saperlo, ma considerata la pluridecennale attività del poligono, le quantità in gioco potrebbero non essere trascurabili. In questo caso la riserva idrica sarebbe definitivamente compromessa anche perché le gallerie non potrebbero essere bonificate. I militari potrebbero aver innescato una bomba che nessuno è in grado di disattivare. Se non si procederà alla ricerca degli inquinanti nei depositi sedimentari delle grotte si corre il rischio che le persone continuino ad ammalarsi per cause “misteriose”. 

Il fatto che nella frazione di Quirra il numero di vittime sia elevato può avere anche delle cause idrologiche finora trascurate? “Casualmente” la frazione si trova alla confluenza dei corsi d’acqua che provengono dall’altopiano di Quirra e dalle grotte. È forse qui che si accumulano nuovamente i veleni prima di disperdersi in mare? Per il momento non esiste una risposta. I tempi di transito degli inquinanti all’interno del sistema di cavità non possono essere determinati con certezza in virtù delle numerose variabili che ne governano il passaggio (clima, tassi di sedimentazione e di erosione, periodi di attività o di inattività del poligono, interazione con le argille e/o minerali, profondità di seppellimento all’interno dei sedimenti, etc.). In questo tragico gioco del nascondino degli inquinanti bisogna considerare che anche nella frazione di Quirra esiste un sistema di cavità, indipendente da quello dell’altopiano, in cui potrebbe essersi riversata una frazione delle sostanze dannose provenienti dal poligono. Se ciò risultasse vero i tempi di permanenza degli inquinanti nel sottosuolo potrebbero dilatarsi a dismisura.

Tra l’altro una parte del paese di Villaputzu utilizza l’acqua di una sorgente posta alla base del Salto di Quirra, sarebbe interessante sapere se siano mai state eseguite analisi ad hoc per individuare la presenza di nanoparticelle e se siano state rilevate incidenze anomale di malattie tra la popolazione dei rioni serviti.

Ma Quirra non è un caso isolato. Il poligono di Teulada insiste in parte su una zona carsica della quale, però, si sa ben poco perché gli speleologi hanno avuto scarsissime occasioni per esplorarla.

In termini più generali, le attività dei poligoni in zone carsiche possono produrre effetti deleteri per la salute a parecchi chilometri di distanza in aree apparentemente protette. Le analisi epidemiologiche non possono prescindere dalle condizioni geologiche soprattutto quando sono presenti sistemi di grotte in grado di veicolare sostanze pericolose molto lontano dal punto di immissione e in zone insospettabili. Sotto questa luce le vittime delle attività dei poligoni purtroppo potrebbero aumentare.

Francesco Lai
(Geologo, ex speleologo)