giovedì 15 novembre 2012

DISASTRO QUIRRA: ECCO TUTTE LE ACCUSE. FIORDALISI CONFERMA LA RICHIESTA DI 20 RINVII A GIUDIZIO

Dopo cinque ore di requisitoria, il procuratore di Lanusei, Domenico Fiordalisi, ha ribadito davanti al Gup la richiesta di rinvio a giudizio per 20 persone nell'ambito dell'inchiesta per disastro ambientale nell'area del Poligono sperimentale interforze del Salto di Quirra in Sardegna. Fra i nomi eccellenti vi sono i generali e gli ex comandanti che si sono avvicendati negli anni sia a Perdasdefogu sia nel distaccamento a mare di San Lorenzo (Villaputzu), tecnici e ricercatori universitari e il sindaco di Perdasdefogu, Walter Mura.

Il giudice si esprimera' a dicembre dopo le arringhe dei difensori e delle parti civile (prima udienza il 12). Le accuse vanno da omissioni dolose, favoreggiamento, falso ideologico in atto pubblico e ostacolo aggravato alla difesa del disastro ambientale nel Poligono interforze di Quirra. Secondo il magistrato, le morti sospette per tumori e leucemie fra i civili sono da ricondurre all'inquinamento prodotto dagli esperimenti di armi e munizioni, nonche' allo ''smaltimento illecito di rifiuti'', ossia ''brillamenti o interramenti di materiale bellico (bombe e munizioni), senza nessuna cautela per l'ambiente''.

LE TESTIMONIANZE RACCOLTE DALL'ASSOCIAZIONE VITTIME URANIO

IL DECRETO DI SEQUESTRO PREVENTIVO DEL POLIGONO DI QUIRRA

CONDANNATE I GENERALI DEL POLIGONO KILLER (La Repubblica)

L'APPELLO DEL FISICO EVANDRO LODI RIZZINI (del 24/02/2011)

IL RAPPORTO SU QUIRRA - "QUI COMINCIA LA GUERRA"

L'INQUINAMENTO NASCOSTO DEL POLIGONO

IL PM FIORDALISI, LA SINDROME DA URANIO ESISTE (VIDEO)


TUTTE LE ACCUSE - LE INDAGINI DELLA PROCURA DI LANUSEI

(Dal resoconto sommario dell'audizione del procuratore Domenico Fiordalisi alla Commissione di inchiesta dell'8 Maggio 2012)

Il dottor FIORDALISI ricorda preliminarmente che nel corso dell’inchiesta intrapresa dalla Procura della Repubblica di Lanusei sul Poligono interforze di Salto di Quirra (PISQ) sono stati rinvenuti rifiuti militari sia nell’area del Poligono di terra sia nell’area del Poligono a mare, presso Capo San Lorenzo. In particolare, per quello che riguarda le aree di attività del Poligono di terra, la zona denominata Cardiga è stata interessata da numerose esercitazioni, mentre nella zona denominata Torri – di settantacinque chilometri quadrati – sono stati effettuati numerosi brillamenti per la distruzione di materiale militare obsoleto, che hanno prodotto nelle aree circostanti un effetto di vera e propria desertificazione. Tali brillamenti, ad avviso della Procura, sono stati svolti illecitamente per un periodo compreso tra il 1984 ed il 2008, data nella quale sono cessati. Sempre nell’ambito dell’inchiesta, è stata rinvenuta, nella zona di Is Pibiris, una discarica della superficie di circa un ettaro, profonda da tre a cinque metri e piena di relitti militari inquinanti. Questa discarica è collocata nei pressi del fiume Flumendosa e rappresenta una sicura fonte di pericolo per la salute di chi abita a valle.

L’indagine della Procura – prosegue il dottor Fiordalisi – si è conclusa con la richiesta di rinvio a giudizio di venti imputati. Poiché la decisione spetta al Giudice delle indagini preliminari, è possibile che, nel prosieguo del procedimento giudiziario, la valutazione di alcune circostanze riferite nella seduta odierna possa variare.

Tra tali circostanze, occorre ricordare che nelle vicinanze della già citata zona Torri il Centro sviluppo materiali (CSM), un’azienda privata, ha sottoposto a verifiche alcune tubazioni per il trasporto di gas, anche con esplosioni periodiche che, tra l’altro, hanno avuto l’effetto di interferire con le polveri disperse in relazione all’attività di brillamento, svolta in aree contigue. In particolare, lo spostamento d’aria determinata da esplosioni di notevole violenza può far tornare in risospensione le particelle tossiche depositate a terra e derivanti dal brillamento dei cosiddetti fornelli. Per la peculiare conformazione del terreno e per la direzione dei venti, lo spostamento di polveri e particelle tossiche così prodotto può arrivare ad interferire con l’area di Sa Maista, dove è situato il bacino di presa delle sorgenti che alimentano l’acquedotto di Perdasdefogu. Una consulenza tecnica ha ricostruito il possibile percorso, che è stato confermato anche da ulteriori perizie. I venti soffiano anche in direzione Ovest, trasportando le polveri verso l’abitato di Escalaplano, da dove le esplosioni realizzate dal CSM erano sentite e le colonne di fumo erano visibili. Occorre altresì ricordare che in quel comune alla fine degli anni ’80 si è registrato un certo numero di nascite di bambini malformati. Sempre nella zona di Escalaplano, lo studio dell’orientamento dei venti in relazione all’attività di brillamento fa ritenere che anche la sorgente dell’acquedotto possa essere interessata da fenomeni di inquinamento.

Nell’illustrare alcune foto delle esplosioni provocate dal CSM, il dottor Fiordalisi fa inoltre notare che, secondo l’Agenzia regionale per l’ambiente (ARPAS), nelle zone ad alta intensità di attività militare la concentrazione di metalli pesanti è tale da superare tutti i valori soglia previsti dalla normativa vigente. Ciò vale in particolare per la zona Carri, per l’area destinata agli elicotteri, per quella dove si effettuano i brillamenti e per quella utilizzata dal CSM: qui infatti si sono registrati i valori più elevati.


Occorre altresì considerare che i fattori di inquinamento superano i confini del Poligono e si estendono in direzione dei centri abitati e degli allevamenti dei pastori, alcuni dei quali hanno denunciato un aumento dei tumori e la nascita di animali malformati. Nel commentare la foto di un agnello nato con un solo occhio, il dottor Fiordalisi fa presente che nel cervello e nei linfonodi dell’animale sono state riscontrate nanoparticelle metalliche che hanno probabilmente origine dalle esplosioni. Dal materiale documentario in possesso della Procura di Lanusei risulta altresì che lo smaltimento illecito di rifiuti militari è stato camuffato con prove tecniche e sperimentazione di esplosivi, come si può desumere anche dagli atti del Comitato di indirizzo territoriale. Il materiale fotografico documenta altresì la notevole quantità degli esplosivi utilizzati e la mancanza di dispositivi individuali di protezione per quanti hanno operato nella zona dei brillamenti. Si è sempre lavorato a mani nude o con guanti in pelle, senza tute monouso o mascherine per il filtraggio dell’area, in situazioni dove, in alcuni casi, sono stati fatti brillare due fornelli contemporaneamente. Tale attività, insieme alle altre, è suscettibile di produrre nanoparticelle tossiche che possono essere inalate e, superando le normali barriere biologiche, possono penetrare nel sangue e negli organi bersaglio.Nel corso dell’inchiesta – prosegue il dottor Fiordalisi – l’Aeronautica militare ha dato prova di un grande spirito di collaborazione, fornendo numerosi dati alla Procura. Tra le consulenze, quella del professor Lodi Rizzini ha evidenziato come il torio contenuto nel sistema di guida dei missili MILAN si sia nebulizzato durante l’uso, disperdendosi nell’ambiente e sul terreno. Il torio è una sostanza radioattiva che emette particelle alfa con una intensità molto superiore rispetto alle emissioni dell’uranio impoverito. Esso raggiunge il massimo di tossicità nei venti-venticinque anni successivi alla fabbricazione, per cui armamenti utilizzati negli anni ’80, contenenti tale materiale, potrebbero aver prodotto i danni più gravi negli ultimi anni.

Il missile MILAN – precisa il dottor Fiordalisi – è stato prodotto da una società europea, la MBDA, partecipata al 25 per cento da Finmeccanica. Sono stati prodotti circa 350 mila esemplari, di cui oltre 1000 sono stati utilizzati nel Poligono di Salto di Quirra dal 1986 al 2000. Successivamente, tale armamento è stato ritirato e dismesso, in quanto l’amministrazione della difesa francese aveva segnalato la presenza del torio e la sua tossicità. L’analisi del danno ambientale e le relative verifiche sono stati però affidati, in Italia, alla SGS, una società collegata a Finmeccanica, per cui si è verificato un conflitto di interessi, stante la contiguità tra controllore e controllato. L’inchiesta condotta dalla Procura di Lanusei ha verificato la scarsa attendibilità di alcuni accertamenti effettuati dalla SGS, e anche l’ARPAS, che ha supervisionato quei dati, ha evidenziato che nelle aree interessate da un’intensa attività militare, si registra una concentrazione di sostanze tossiche che va oltre i valori soglia e supera i valori base naturalmente presenti nel suolo. In particolare, sempre per quel che riguarda la presenza di torio, nelle zone ad alta intensità militare e a Capo San Lorenzo, sono state registrate anomalie non rilevate dalla SGS, malgrado l’esplosione di 1.187 missili MILAN prima del 1999, con una presenza sul territorio superiore ai valori soglia, già individuata nel 2004, in base ai prelievi analizzati dall’Istituto di scienze ambientali dell’Università di Siena. Una presenza significativa di torio è stata rilevata anche in campioni di miele, in una forma di formaggio – fatto piuttosto raro – in molti campioni di funghi e di lombrichi, importanti accumulatori biologici.

Proseguendo nella sua esposizione, il dottor Fiordalisi ricorda che dopo il sequestro giudiziario di tutta l’area del Poligono di terra, i successivi provvedimenti di dissequestro sono intervenuti a seguito dell’impegno assunto dall’Amministrazione militare di mettere in sicurezza la zona, con la recinzione di aree contaminate, con la bonifica e con la decisione di non rinnovare le convenzioni che, in passato, avevano consentito il pascolo sul territorio inquinato. Anche da ciò, è derivata la richiesta di incentivi economici da parte dei pastori, la cui convivenza con il Poligono è entrata in crisi intorno al 2000, a causa delle malattie contratte e della nascita di animali malformati. Altri fattori di inquinamento, con rilevanti danni alla salute umana, sono derivati dall’utilizzazione di armi al fosforo bianco, e vi sono documenti dell’Amministrazione militare che indicano nel Poligono un luogo di smaltimento sotterraneo per fusti contenenti napalm. Non è provato, peraltro, che tale smaltimento sia stato effettivamente effettuato. Grazie alla testimonianza di alcuni militari che si sono ammalati ed a coloro che hanno risposto all’appello rivolto attraverso i media dalla Procura, è stato possibile fare luce sui brillamenti, per i quali non è stata effettuata alcuna valutazione di impatto ambientale, peraltro non prevista per legge. Occorre altresì rilevare che dopo l’esplosione dei fornelli, residuava la balistite, materiale cancerogeno, utilizzato dai pastori per accendere il fuoco.Risulta poi dai documenti del CISAM che il sistema di guida dei missili NIKE – numerosi esemplari dei quali sono stati lanciati nel Poligono di Salto di Quirra – utilizzava valvole radioattive. Lo stesso CISAM aveva dato indicazioni sulla rimozione ed il trasporto di tali valvole, che sono rimaste invece abbandonate per dieci anni in locali dove mancava qualsiasi segnalazione di pericolo di radioattività. La rimozione di detti componenti, contenenti trizio, una sostanza molto pericolosa se liberata nell’ambiente, non è stata mai effettuata.

Le consulenze acquisite dalla Procura hanno altresì appurato che la presenza di oltre 35 radar e sorgenti di radiazioni non ionizzanti, oltre una certa soglia di esposizione, può determinare danni significativi per la salute. Questo accertamento, peraltro, non si è concretizzato in capi di imputazione.


Come è noto, la Procura ha disposto la riesumazione di 18 salme di pastori deceduti per patologie tumorali. L’area dove tali pastori hanno tenuto i loro allevamenti non è lontana dalla discarica di Is Pibiris. I prelievi effettuati sulle tibie di quindici salme hanno consentito di scoprire che dodici pastori avevano accumulato nelle ossa sostanze derivanti dal torio. Il professor Lodi Rizzini, che ha effettuato gli esami, ha fatto riferimento ad un accumulo significativo di torio per inalazione, e il dato è accompagnato dalla presenza di cerio, utilizzato nella lavorazione di manufatti contenenti torio, per cui è certo che quest’ultima sostanza è derivata da oggetti artificiali. Non si tratta ovviamente di stabilire un rapporto di causalità diretta tra l’esposizione a una sostanza radioattiva e l’insorgere della patologia tumorale, ma non vi è dubbio che queste persone sono state esposte ad un pericolo e che nell’intera area vi sia stato un pericolo per la pubblica incolumità.

Se si confrontano le ricerche condotte nell’area del PISQ dall’Università di Siena nel periodo 2002-2004 con quella condotta dagli stessi ricercatori nel Kossovo, emerge con chiarezza l’adozione di metodiche diverse
. Nei Balcani, un primo campionamento in aree bombardate con uranio impoverito ha dato risultati negativi, perchè il campionamento stesso era stato condotto “a maglie larghe”. Un successivo campionamento “a maglie strette” ha portato all’individuazione delle tracce di uranio. Nella stessa area si è constatato che alcuni bioaccumulatori concentravano l’uranio impoverito in maniera superiore ad altri. A Quirra i campionamenti sono stati effettuati solo “a maglie larghe” e sono stati presi in considerazione solo licheni ed altri accumulatori biologici che concentrano meno uranio impoverito di altri, e le misurazioni effettuate sono risultate inidonee ad individuare tale sostanza.

Diverse circostanze, tra cui anche l’assenza di riferimenti alla letteratura essenziale, sono oggetto della vicenda processuale in corso. In generale, si può parlare di situazioni di pericolo per la pubblica incolumità che non sono state rilevate e in alcuni casi sono state occultate.Il dottor FIORDALISI precisa in primo luogo che i reati configurati nella richiesta di rinvio a giudizio si muovono su una linea di pericolo e non sulla base di un nesso di causalità. Guardando al tipo di inquinamento stratificato negli anni, con condotte plurime di vari soggetti, e guardando in particolare all’inquinamento radioattivo, nessuno attualmente può affermare con certezza che un tumore sia causato dalla esposizione a sostanze tossiche ovvero ad altri fattori. Anche per questa ragione, i risultati delle indagini epidemiologiche non risultano funzionali alle esigenze delle indagini. Il tipo di reati contestati riguarda l’omissione dolosa aggravata di cautele contro infortuni e disastri. Il disastro, infatti, si è verificato perché non è stato impedito l’accesso in zone altamente inquinate alla popolazione civile e agli animali.


A tale proposito, il dottor Fiordalisi ricorda che quando fu adottato il provvedimento di sequestro, nell’area erano presenti pastori abusivi e l’amministrazione militare locale aveva autorizzato in modo irregolare la presenza in zone altamente inquinate di persone prive di concessione comunale.

In linea generale, occorre notare che il Pubblico Ministero propone provvedimenti cautelari, come il sequestro, al fine di tutelare beni costituzionalmente protetti. Nel momento in cui l’Autorità militare ha preso consapevolezza della situazione, decidendo di non rinnovare le concessioni e di recintare aree ad alta intensità militare, il pericolo si è chiaramente ridimensionato. Inoltre, è in corso di approvazione un capitolato tecnico per la bonifica dell’area di Is Pibiris e altri piani di bonifica sono in corso di predisposizione.

Rispondendo ai quesiti posti dalla senatrice SBARBATI e dalla senatrice GRANAIOLA, il dottor Fiordalisi fa presente che i militari accedono alle aree inquinate previa adozione delle cautele indicate. D’altra parte, il Pubblico Ministero che non ha un potere di commissariamento, ed ha il dovere di prendere atto dell’esistenza di un nuovo corso, e dell’adozione di misure serie e non meramente formali.

La senatrice GRANAIOLA (PD) osserva che le polveri tossiche non sono fermate dalle recinzioni e che permane altresì il rischio di inquinamento delle falde acquifere.

Il dottor FIORDALISI fa presente che dall’inizio dell’indagine della Procura di Lanusei, nel gennaio 2011, l’attività militare si è notevolmente rarefatta. D’altra parte, il compito del Pubblico Ministero è quello di adottare misure urgenti al fine di impedire l’accesso in aree palesemente inquinate. La condotta della Procura di Lanusei ha trovato riscontro in una sentenza del Tar di Sassari, che, nel respingere il ricorso del Comune di Villaputzu, che impugnava il diniego dell’amministrazione militare a rilasciare nuove concessioni, ha descritto puntualmente il principio di precauzione precisando che non si può dare luogo a nuove concessioni finché non vi è un piano di caratterizzazione del terreno. Attualmente l’area del PISQ vive una situazione transitoria e non si devono sottovalutare le difficoltà tecniche della bonifica, alla quale dovrà seguire una nuova regolazione degli accessi. Questi – precisa il dottor Fiordalisi – sono compiti che esulano dalla competenza della Procura, che si limita a proporre l’adozione di provvedimenti cautelari per tutelare la salute, e ha il compito di celebrare i processi.

Rispondendo ad un quesito del senatore SCANU, il dottor Fiordalisi conferma che la recinzione riguarda circa mille ettari e che per gli altri dodicimila, tale essendo l’estensione complessiva del Poligono, occorreranno interventi dell’autorità amministrativa, che oggi è edotta dei rischi e può adottare le necessarie misure, tenuto conto anche che alcune attività, come i brillamenti dei fornelli, si sono azzerate.

Per quanto riguarda il problema della pesca, sollevato dalla senatrice Granaiola, occorre tenere presente che la bonifica in corso ha consentito la rimozione di molti relitti dai fondali. La valutazione sull’adeguatezza di tali interventi spetta all’autorità amministrativa, ma il piano di bonifica adottato appare serio e conforme alle esigenze di tutela dell’ambiente.