venerdì 26 giugno 2009

Muore reduce dal Kosovo. La moglie: "Sono disperata, voglio verità e giustizia"

Ancora un militare italiano morto per presenta contaminazione da uranio impoverito. Si tratta di un uomo di Roma, deceduto l'11 novembre scorso all'età di 49 anni.

A rivolgersi al nostro blog, dopo mesi di dolore e silenzio, è stata L. P., 46 anni, moglie dell'uomo, morto in seguito ad un adenocarcinoma, presumibilmente di origine polmonare. Il militare era stato in missione in Kosovo a Pec dal 2000 al 2001, faceva il radiologo. Ha lasciato, oltre alla moglie, tre figli, di dieci, sette e un anno e mezzo. In una lettera la donna di dice "disperata" e chiede agli organi competenti che sia fatta luce e giustizia sulla morte del marito. Solo alcuni giorni fa avevamo denunciato un altro caso di morte e due di malattia.

Secondo un recente bilancio del Goi (Gruppo Operativo Interforze della Sanità Militare), sarebbero 158 i militari morti e 1991 quelli malati a partire dagli anni novanrta fino ad oggi. In molti si stanno rivolgendo alle strutture preposte per ottenere i risarcimenti previsti dal Governo, che ha stanziato per questo 30 milioni di euro, ma l'iter sembra più difficoltoso del previsto."

venerdì 19 giugno 2009

Un morto sospetto a Messina e altri due casi di malattia. Asportato l'arto inferiore ad un ragazzo di Roma

Un dipendente dell'Agenzia delle Dogane di Messina è morto nei mesi scorsi a causa di una leucemia. L'uomo aveva prestato servizio più volte in paesi esteri e soprattutto in Kosovo. I suoi colleghi raccontano che una volta è stato allontanato dalla sua sede, a causa dello scoppio di una bomba.

Non si tratta del primo caso di personale italiano non militare vitima di possibile contaminazione da uranio impoverito. Mentre per i militari, anche se con ritardo e non sempre in maniera efficace, furono adottate delle misure di protezione, non si hanno notizie sulle precauzioni che i ministeri diversi da quello della Difesa (in questo caso quello delle Finanze) avevano adottato per il proprio personale, impegnato negli stessi teatri e quindi esposto agli stessi rischi delle nostre truppe.

Ma non solo, un ragazzo di 32 anni, che nel 95-96 ha prestato servizio a Decimo (Ca), combatte da due anni con un linfoma di non hodgkin. E poi c'è Stefano, 36 anni di Roma, che denuncia il fatto che gli è stato diagnosticato un osteosarcoma osteoblastico all'emibacino lato destro dopo una permanenza di sei mesi, tra il 94 e il 95, al 116° Deposito Sussidiario di Serrenti sito a circa 35 km da Cagliari. Si trattava di un deposito di armi. In seguito alla malattia il ragazzo ha subito l'asportazione totale dell'arto inferiore destro e dell'emibacino.

Infine Angelo, un altro ragazzo della provincia di Roma, precisamente di Allumiere, reduce dal Kosovo, lamenta, in una lettera al blog, il fatto che la Asl di Civitavecchia non rispetta la legge 27 del 28 Febbraio 2001 (art. 4-bis comma 1) sull'esenzione dal pagamento per gli accertamenti sanitari (analisi del sangue ecc.) che spetta di diritto ai militari che hanno operato all'Estero.

giovedì 23 aprile 2009

ALTRI CASI DI MORTE E MALATTIA

Dopo i casi resi noti il 3 marzo 2009 (un caso di morte, 5 di gravi infortuni) si è avuto notizia di altri 2 casi di morte e 4 di malattia.

Tra i casi di morte quello di un militare di Milano deceduto per leucemia nel 2007, il militare era stato impiegato in Somalia nella Operazione Ibis nel 93. Altro caso quello di un carabiniere di Cattolica che aveva operato nel poligono di Fossano (Cuneo) morto per un tumore ai polmoni. Tra i casi di malattia quello di un militare di Napoli, paracadutista e bonificatore NBC, ammalatosi di un linfoma di Hodgkin, che aveva operato in Somalia nella missione Ibis nel 93. E ancora un caso di un militare che aveva operato anch’egli in Somalia nel 93, ammalatosi di linfoma (10 linfomi su una gamba e uno sul dorso).

Altri due militari, uno che ha operato in Sardegna nel poligono di Decimomannu ammalatosi di un tumore e ancora un Sottocapo di Marina, di Palermo, che ha partecipato alla operazione Enduring Freedom ammalatosi di un linfoma di Hodgkin.

Da osservare che se il numero di casi di malattia era nel 2007 di 1991, come rese noto il GOI (Gruppo Operativo Interforze della Sanità Militare) alla Commissione di Inchiesta Senatoriale sull’uranio impoverito, ora il numero ha superato quello dei 2.000, una cifra veramente preoccupante. E’ da mettere in rilievo il numero dei casi che sono stati resi noti circa le operazioni condotte in Somalia. Ciò avviene dopo la sentenza del Tribunale di Firenze del 17 dicembre 2008, relativo appunto ad un caso verificatosi in Somalia. Finora ufficialmente la Somalia era stata esclusa dalle zone operative da considerarsi a rischio di uranio impoverito, tanto che i casi della Somalia erano stati esclusi dalle analisi delle Commissioni Mandelli.

C’è anche da notare, in relazione a questi casi, che si verifica, a più di 10 anni di distanza, che per alcuni di questi non si ha ancora una decisione circa la “causa di servizio” per la quale dovrebbero probabilmente essere sufficienti 3 mesi di tempo. Inoltre viene richiesta la sussistenza della “causa di servizio” quando la Legge 308/81, che regola gli infortuni anche per le missioni all’estero, prevede che sia sufficiente la molto più ampia condizione di “in continuità di servizio”.

Falco Accame

La Class Action per le vittime di possibile contaminazione da uranio

Vorrei portare l'attenzione su un elemento sul quale non si pone abbastanza l'accento, a mio avviso. Tutti coloro che hanno perseguito le vie legali hanno ottenuto sentenze favorevoli. Il vero problema è che possiamo parlare dei nostri morti per settimane, mesi, anni, sensibilizzsre l'opinione pubblica, rendere sempre più consapevoli coloro che fino ad oggi hanno vissuto ignorando questi fatti terribili.

In ultima analisi però, le Istituzioni ci impongono di ricorrere agli studi legali, agli avvocati. Ci impongono di affrontare cause lunghissime, sempre con l'incertezza di una sentenza avversa. In caso poi di sentenze favorevoli, gli enti che hanno rilasciato i provvedimenti da noi impugnati ricorrono al grado successivo di giudizio. Questo significa affrontare spese enormi, che la maggior parte degli ammalati di cancro e dei loro familiari non sono in grado di affrontare. Il caso di Marica è emblematico.

Chiediamo allora al governo di sbloccare la legge sulla "class action", ossia la causa comune, che consentirebbe ad un gruppo di persone con lo stesso problema di farsi rappresentare, da un unico legale, con un evidente vantaggio e risparmio per i ricorrenti.

Chiediamo al governo perchè la legge è bloccata alle camere da mesi, perchè è stato presentato un emendamento che consentirebbe solo a chi ha un' istanza "identica" di ricorrere allo stesso legale? Questo significa annullare totalmente il significato della legge. Infatti, quanti di coloro che sono morti, come mio marito, sono deceduti al luglio del 1999 per un tumore cerebrale?

L'alternativa alle cause civili, ai ricorsi, alla legge insomma, qual è? Stare qui a parlare tra di noi? Incatenarci ai cancelli del Ministero della Difesa?

Daniela Volpi

martedì 21 aprile 2009

"La verità sulla morte di Atonino Caruso". Scrive la moglie da undici anni senza risposte

Le Istituzioni, delle quali fino ad oggi ho avuto profondo rispetto, stanno danno risposte contradditorie e prive di logica, nonostante la grancassa della propaganda dica che tutti hanno ottenuto, o otterranno a breve, ciò che competeva loro.

Mio marito è deceduto nel 1999, ufficilale dgli incursori paracadutisti, uno stato di servizio costituito da continue missioni all'estero, a partire dal Libano nell'anno 83-84, giovane tenente, e continuare in tutti i teatri di guerra intenazionali Somalia, Ruanda, Bosnia, per finire nel reparto rianimazione dell'ospedale del Celio, ridotto ad una larva.

Nel 1998, già provato dalla malattia, egli stesso inoltrò una domanda per il riconoscimento della causa di servizio. Il mese scorso, dopo undici anni di attesa, ho avuto la risposta, NEGATIVA.
Per la medesima patologia della quale è morto mio marito, glioblastoma multiforme, i familiari di un altro militare deceduto hanno ottenuto il riconoscimento della causa di servizio.

Una vita dedicata allo Stato, per il quale gli uomini come mio marito, che compiono questa scelta, non esitano a sacrificare tutto, a partire dagli affetti. Undici anni di attesa, mio figlio, che ha visto morire suo padre, nel frattempo è diventato un uomo. Sono furiosa, date eco per favore ad un fatto come questo che non esiterei a definire SCANDALOSO.

Il Sig. Garofalo ha tutto il mio affetto e la mia comprensione.

Daniela Volpi

domenica 19 aprile 2009

"16 anni di silenzi sulla morte di mio figlio"

Volevo segnalarvi per l'ennesima volta il silenzio assordante che si è creato attorno alla vicenda di mio figlio Alessandro in relazione all'utilizzo di munizionamento all'Uranio impoverito.
Sulla sua vicenda ci sono TRE INTERROGAZIONI PARLAMENTARI: la prima, datata
febbraio 2001, presentata dall'attuale presidente del consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia on.BALLAMAN, la seconda del sen. MALABARBA, la terza interrogazione è a doppia firma degli on.RUGGERI e BURCHIELLARO (tutto visibile su internet).

Sulla vicenda di mio figlio vi è anche un servizio di denuncia della RAI andato in onda
nell'Aprile 2002. Sulla questione Uranio impoverito sono state istituite una commissione scientifica presieduta dal prof.MANDELLI che ha chiuso i lavori con un "eccesso statisticamente significativo di Linfomi di Hodgkin". Sono state istituite due commissioni parlamentari
di indagine che hanno chiuso i lavori con il "nesso di probabilità " cioè nel dubbio si riconsce.

Sono 16 anni che sono in attesa di giustizia e di un riconoscimento per mio figlio ma ad
oggi non ho saputo ancora nulla,voglio sapere se mio figlio è morto per la patria..!
Nereo Garofalo