venerdì 15 giugno 2007

Ecco l'esposto alla Procura di Bari sulle mancate protezioni dei militari

Publichiamo, in anteprima, l'esposto che sarà presentato dall'Ana-Vafaf alla Procura della Repubblica di Bari che indaga sulla presunta violazione da parte degli organismi della Difesa delle norme anti infortunistica in relazione ai casi di militari italiani deceduti o ammalati in seguito alle missioni nei teatri di guerra dove è stato utilizzato l'uranio impoverito.



1) Premessa

I pericoli dell’uranio impoverito possono essere, praticamente, azzerati attraverso l’adozione di semplici misure di prevenzione consistenti nell’uso di maschere per proteggere il naso e la bocca, occhiali, guanti, e tute molto fitte. Queste misure vennero comunicate dalla NATO all’Italia fin dal 1984 (almeno a quanto è dato conoscere allo scrivente).

2) La normativa italiana antinfortunistica esistente ed applicabile in campo militare

a) la Legge 626 del 1994

La legge 626 è valida sia in campo civile che in campo militare. Il regolamento di disciplina impone ai comandanti di adottare tutte le misure di protezione possibili per i propri dipendenti. Si tratta di un incarico che, come tutti gli incarichi affidati ai comandanti, deve essere eseguito pena l’incorrere nell’art. 117 del Codice Penale Militare di Pace che prevede, per la non esecuzione di un incarico, anche pene detentive.

b) La legge 230 del 1995 sulla radioprotezione

La legge 230 stabilisce quali misure protettive occorre adottare in presenza di radiazioni. L’uranio impoverito ha un livello molto basso di intensità radioattiva (soprattutto radiazioni Alfa). Tuttavia, in dosi rilevanti può essere pericoloso alla salute sia sotto l’aspetto fisico che chimico (vedi allegato).

3) La normativa NATO per le basse radiazioni del 2 agosto 1996

La normativa emanata da SACEUR il 2 agosto 1996, che deve essere rispettata da tutti i Paesi della NATO e quindi anche dall’Italia, stabilisce le disposizioni di sicurezza da adottare per le basse radiazioni.

4) Informazioni sulla pericolosità dell’uranio impoverito

Informazioni sulla pericolosità dell’uranio impoverito sono state prodotte non solo nella letteratura scientifica, ma, quanto meno, a partire dai primi anni ’90, e cioè dopo la Prima Guerra del Golfo del 1991, anche dai mass media. Sì che non si può negare che esistesse già una conoscenza prima delle operazioni Restore Hope in Somalia nel 1993, e certamente si aveva una conoscenza dei rischi relativi all’impiego dell’uranio impoverito ben prima della emanazione di norme da parte della Kfor, la Forza Multilaterale nei Balcani (novembre 1999), ed ancor prima che fossero emanate da comandi italiani norme di protezione (Folgore 8 maggio 2000).

Nel novembre 1995 i pericoli dell’uranio impoverito vennero descritti, ad esempio, dalla rivista a diffusione mondiale ‘Life’ che ne fece il servizio di copertina con una fotografia di un bambino nato con gravi malformazioni.

A parte ciò, i Servizi Segreti italiani erano certamente al corrente di notizie più dettagliate relative all’impiego di queste armi e ai loro effetti. E’ dovere, infatti, dei Servizi Segreti Militari raccogliere ogni informazione sugli armamenti che vengono impiegati.

5) Norme emanate dai Reparti USA nel 1993 in occasione dell’operazione Restore Hope in Somalia

Il 14 ottobre 1993 gli Stati Uniti emanarono norme di protezione (con applicazione immediata) in Somalia durante la operazione Restore Hope, operazione a cui ha partecipato anche reparti italiani.

I reparti USA hanno operato anche con 40 gradi all’ombra, con le tute protettive e tutte le altre misure. Ma i nostri reparti, che pure sono stati impegnati in alcune missioni fianco a fianco ai reparti USA, non hanno adottato queste norme di protezione. E ovviamente, non è concepibile che i nostri comandi non si siano chiesti del perchè i reparti USA adottavano le norme (tra l’altro particolarmente impegnative nelle specifiche condizioni del teatro).

6) Mancata localizzazione dell’uranio impoverito in Bosnia

In Bosnia, l’uranio impoverito avrebbe potuto (e avrebbe dovuto) essere localizzato dagli apparati di rilevazione delle squadre NBC (Nucleare, batteriologico, chimico). Tra l’altro, oltre 10.000 proiettili erano stati lanciati dalla NATO in quel teatro.

Purtroppo, data la insufficiente capacità di detezione degli strumenti adottati, le squadre NBC non si accorsero della presenza dell’uranio, come del resto è stato ammesso anche da un rappresentante del CISAM, l’organo militare competente in questa materia, in una audizione presso la Commissione Senatoriale d’Inchiesta del 1° giugno 2005. Dunque si verificò una grave carenza nelle possibilità di protezione dei nostri reparti dovuta, non solo a non esistenza di norme di protezione, ma anche alla mancanza di informazioni sulla situazione in zona operativa.

Quanto alla carenza informativa, è anche da notare che gli aerei che hanno effettuato i bombardamenti con armi all’uranio impoverito in Bosnia, sono decollati per lo più dalla base di Aviano, base al comando di un colonnello dell’Aeronautica Italiana. Dunque la sistemazione degli armamenti all’uranio impoverito sugli aerei non poteva sfuggire all’attenzione del comando e dell’apparato di sicurezza (Carabinieri e SIOS, cioè Servizio Informazioni e Operazioni Segrete e Militari). Inoltre, l’impiego delle armi all’uranio impoverito, era certamente precisato negli ordini di operazione impartiti agli aerei e altresì figurava nei rapporti di operazioni compilati dopo il volo. Non poteva, dunque, sfuggire che negli spazi in cui operava il nostro personale a terra si trovavano, tra l’altro, obiettivi colpiti, che sono fonte concentrata di emanazione di pulviscolo sottile all’uranio impoverito.

7) Conclusioni
Appare chiaro da quanto sopra che misure di protezione avrebbero dovuto essere state adottate ben prima della loro emanazione da parte del comando italiano della Folgore l’8 maggio 2000, ed anche prima della emanazione, il 22 novembre 1999, di norme per i reparti operanti nei Balcani.