martedì 26 giugno 2007

L'analisi dei dati del "Libro Nero". Un primo bilancio

(Vittimeuranio.com) Il dossier include un elenco di 50 casi di militari morti per possibile contaminazione da uranio impoverito e include anche due casi di malformazioni alla nascita.

E’ da tener presente che si tratta di dati “grossolani” per l’ impossibilità di recepire, per la maggioranza dei casi, informazioni più precise. I dati vanno quindi presi come una semplice indicazione che non può servire come base per uno studio statistico scientificamente basato e ancor meno per uno studio epidemiologico. E ciò anche, ovviamente, per l’estrema limitatezza numerica dei dati stessi.

Per ragioni soprattutto di privacy il dossier non menziona casi di malattia, ma si limita a indicare solo i casi di morte. Ed anche per due di questi, in base a specifiche richieste dei genitori, non è riportato il cognome dei deceduti (e i dati che potrebbero portare a identificarli). Questo vale anche per i casi di malformazione alla nascita citati. Il problema della privacy rende difficile un approfondimento della ricerca e solo nel caso di una modifica legislativa rispetto alle norme esistenti, in cui si stabilisca il prevalere dell’interesse collettivo sul singolo, si potrà superare del tutto l’ostacolo.

Entrando nel merito, dallo specchio risultano 19 casi di patologie tumorali, delle quali 6 non definite, 5 casi di tumore celebrale (una forma patologica che finora non era emersa come rilevante) 2 tumori ai polmoni, 2 allo stomaco, uno alla laringe, al pancreas, al cavo orale e ai reni. Sono invece 11 i casi di leucemia di vario tipo, 8 casi di linfoma di Hodgkin, 4 casi di melanomi, 4 casi di linfomi non meglio precisati, 3 casi di linfomi non Hodgkin.

Un’altra indicazione finora non emersa con questa evidenza è quella che riguarda gli 11 casi di tumore che si sono verificati nei nostri poligoni, quindi in Italia e non all’estero né in missione. Da notare che nei poligoni, purtroppo, una larga parte dei nostri militari ha raccolto a mani nude proiettili e residuati bellici nelle operazioni di pulizia del terreno.

Alla situazione nei poligoni fanno fronte i 12 casi attribuibili, con le necessarie riserve, a militari che hanno operato in Bosnia e ai 30 complessivi attribuibili alla permanenza nei Balcani. Rispetto a indagini condotte nel passato emergono 2 casi di morte attribuibili alla permanenza nel teatro della Guerra del Golfo del 91 e 5 casi attribuibili alla permanenza in Somalia nel 93.

Va ricordato che la Commissione Mandelli ha preso in considerazione solo casi di tumore verificatisi in Bosnia e Kosovo e non casi di malformazioni alla nascita. Va tenuto presente che, specie per coloro che hanno operato in più teatri, è praticamente impossibile attribuire la patologia alla presenza in un teatro piuttosto che in un altro. Può anche essersi verificato che l’insorgere delle patologie sia stato determinato da vari step successivi.

Occorre quindi che vengano resi disponibili dal Ministero della Difesa i documenti caratteristici dei singoli con le relative destinazioni e le cartelle cliniche ove possibile.

Dalla tabella emergono 32 casi al Sud, 10 al Centro e 5 al Nord. Tenendo presente che non si conoscono i luoghi di nascita di tutto il personale, questa valutazione rispecchia la provenienza geografica degli arruolati nelle Forze armate italiane.

Alcune riflessioni conclusive. Bisogna in primis considerare che i casi da esaminare sono presumibilmente in numero maggiore rispetto a quelli di cui dispone l’Ana-Vafaf.

La grandissima maggioranza del personale deceduto, poi, non ha potuto disporre di protezioni come quelle che invece erano state applicate rigorosamente dagli Usa già dall’ottobre del 93 in occasione della missione Restore Hope in Somalia.

Bisogna inoltre tener presente che se non si può affermare con certezza che il killer sia l’uranio impoverito allo stesso tempo non si può escludere con la stessa certezza che non lo sia (naturalmente possono esserci delle concause).

Occorre infine ricordare che se il personale militare e civile che è stato destinato ad operare in zone contaminate può proteggersi con adeguate misure, questo non è possibile per le popolazioni che vivono in quelle zone, per cui si impongono azioni volte a promuovere l’abolizione delle armi all’uranio impoverito.

Falco Accame
Presidente Ana-Vafaf